A pensarci bene non c’è periodo migliore, se paragonato ad altri momenti storici, per godersi a pieno il proprio territorio, quello che comunemente chiamiamo “provincia”: tutto o quasi rimane a Km0, gli spostamenti sono mirati, con mete faraoniche/esotiche/cosmpolite che restano sempre più fuori budget. La posizione geografica delimita i confini di appartenenza, e poco importa se sia la salsedine nostrana o il trekking ad alta quota a riempiere le nostre giornate. Il gusto di rifugiarsi in luoghi limitrofi completamente dimenticati è la vera rivoluzione silenziosa che ha gettato le basi per una completa rivalutazione del suolo di residenza. E se di provincia e riscoperta si parla, perché non osare una gita fuori porta e digitare sul GPS la parola magica: Chieti ? Qui siamo negli Abruzzi, nel centro Italia, quel limbo di terra che in venti minuti ci vede protagonisti sull’Adriatico e, con lo stesso chilometraggio, il parco nazionale della Majella è a portata di strada. Un giorno però succede che il proprio “mondo” arrivi lontano, lì dove un certo circuito underground può arricchire un bagaglio artistico personale sempre in continua evoluzione: parliamo di Berlino. Si piantano le tende, ed un progetto nato qualche anno prima diventa realtà con Slow Motion, pronta a sventolare il tricolore ed una serie sempre più nutrita di follower interessati alle ultime release. Con più di dieci anni di storia alle spalle, l’etichetta proveniente dalla “provincia” ha conquistato proprio tutti diventando un’eccellenza italiana, un modello unico nel suo genere che in tanti apprezzano invidiandoci anche un po’. Le acute menti di Franz Scala e Fabrizio Mammarella dirigono i lavori da dietro le quinte, dove lo scouting è diventato nel tempo la vera arma segreta tra nuove leve che si aggiungono ad un catalogo sempre più ricco, oltre a tanta vecchia guardia a difendere gli onori di casa. Con la compilation “Italian Synth Planetarium” ed una valanga di nuovi lavori in uscita pronti ad ingolosire il palato dei più fini, i ragazzi di Slow Motion ci aprono le porte di casa raccontandoci qualche vecchio aneddoto dal sapore abruzzese ma con una visione sempre più berlinese. E occhio: fatevi un bel giro sul sito ufficiale della label – merita, ed è giusto andare alla fonte se siete di acquisto.
Prima parte dedicata a Fabrizio Mammarella, segue Franz Scala.
In “Un bacio non uccide”, pellicola del ’94 in cui anche Dj Ralf compare in un rapido cameo, si ha quella sensazione di provincia a tratti ribelle a tratti surreale, ragazzi che insomma vogliono altro dalla loro città. Per un momento ho avuto come la sensazione che qualcosa di simile è accaduto durante la nascita di Slow Motion. Un paragone che regge secondo te guardando a ritroso nel tempo ?
Credo che né io né Franz avessimo mai avuto un’attitudine di ribellione nel senso di negazione della nostra vita di provincia, vita che tutt’ora amiamo e rispettiamo profondamente. Semplicemente, non volevamo limitarci alla dimensione “camomilla” della nostra città (Chieti). Abbiamo sempre avuto una certa ambizione e una visione internazionale di quello che facevamo e continuiamo a fare, avendo semplicemente voglia di portare sul nostro territorio qualcosa che non ci fosse ancora. Io e Franz ci conosciamo da almeno venti anni e dopo le mie prime release del 2005 mi ha proposto di organizzare insieme dei party. I primi furono in un golf club vicino Chieti: la musica era quella che suoniamo ancora oggi (electro, italo, disco, techno, protohouse), abbastanza sconvolgente per un pubblico di provincia di 15 anni fa, così come lo erano videoproiezioni e installazioni mai viste prima in città. Mentre eravamo dal grafico a progettare il flyer della prima serata Franz mi fa: “Come chiamiamo la festa, serve un nome? Ce l’ho: Slow Motion”.
Tornando ai giorni nostri quali sono le linee guida dell’etichetta tra progetti e ruoli chiave vista la continua espansione della label ?
L’etichetta è nata dopo qualche anno, precisamente nel 2009. L’idea era di creare una piattaforma per artisti italiani di cui amassimo la musica, e fare dischi in vinile ci sembrava un ottimo modo per esportarla in tutto il mondo grazie ad una distribuzione capillare anche se in piccola tiratura. Franz ed io curiamo la direzione artistica dell’etichetta; Federico Scala ed Emilia Gaglione si occupano della veste grafica; Giulia Gutterer è la nostra booker, dj e party manager; Andrea Tempo, infine, oltre ad essere anche lui dj coordina i nostri social. Con il passare del tempo ed il consolidamento della label abbiamo iniziato a ricevere sempre più demo da artisti anche internazionali. La musica in questione ci piaceva, ma all’inizio eravamo costretti a rifiutarla perché Slow Motion è per soli artisti italiani. Così abbiamo deciso di creare una sub label per accogliere i musicisti internazionali chiamata Wrong Era: siamo ad undici uscite all’attivo, e le prossime tre sono già in produzione. Le copertine sono realizzate in collaborazione con l’ artista canadese Guillaume Jolicoeur.
Il catalogo Slow Motion da sempre cattura l’attenzione di tutti e di sicuro la compilation “Italian Synth Planetarium” è fra queste, una sorta di grande rimpatriata tra nuove e vecchie conoscenze artistiche. Dietro le quinte immagino un lavoraccio, com’è stato cimentarsi in questo lavoro ?
“Italian Synth Planetarium” è una compilation divisa in tre volumi chiamati “Sistema”. Il formato è digitale, oltre ad una cassetta mixata da me e Franz contenente tutti i 36 pezzi in 90 minuti che sarà uscita i primi di ottobre. È stato un lavoro enorme, che è iniziato a marzo in concomitanza con la chiusura dei club e la conseguente crisi che ha coinvolto chi come noi vive per lo più di serate. L’idea è stata quella di sostenere gli artisti dividendo equamente tra loro l’intero ricavato delle vendite. La scelta delle tracce è stata molto fluida, avevamo una base di pezzi che avevamo già in programma di far uscire – tra cui dei demo fantastici di artisti alla loro prima release – per il resto abbiamo chiesto agli artisti del nostro roster di contribuire con un brano ed il risultato ci rende davvero orgogliosi.
Ci saranno altre uscite nel breve termine ?
Una valanga! Da poco sono usciti due album: uno di Filippo Diana “Musica Per Commenti Sonori” (vinile e digitale), l’altro di Daniel Monaco “Summer Twilight” (digitale e cassetta): entrambi hanno ricevuto degli ottimi feedback. La prossima grande uscita è “Mondo Della Notte”, l’album di esordio di Franz in doppio vinile e digitale, un disco che ascolto sempre con grande emozione e che è già suonato da alcuni fortunati che hanno ricevuto il disco in anteprima. Le prossime release avranno i nomi di System Olympia, Ma Spaventi, Tulioxi, Armonics, Italoscillazioni e un album di Marcello Giordani. Con Wrong Era, dopo la recente uscita dello statunitense Aphonia (“Inhalt”) abbiamo in programma un disco del russo Rambal Cochet, uno del lituano Ton Globiter e una compilation di cui annunceremo presto il titolo. A condire il tutto stiamo per lanciare una nuova linea di merchandising. Insomma di lavoro con le label ce n’è tantissimo.
Dopo tutto questo girovagare sicuramente la nostalgia della provincia è tanta. La traccia “Majella” con Rodion racchiude al meglio i profumi di casa, stai portando avanti altre produzioni nel frattempo?
L’amicizia con Edoardo (Rodion) ci lega ormai da tanti anni, sia sul piano culinario che musicale. “Majella” è stato il primo disco fatto insieme ed è stato dedicato proprio alle montagne abruzzesi che ci separano: lui è da poco tornato a Roma, io a Chieti. Tra le prossime uscite imminenti di Slow Motion c’è il follow up di quel disco, questa volta dedicato alle montagne messicane. Si chiamerà “Sierra Madre”, è stato registrato a Città Del Messico, una traccia contiene un featuring di Mijo, il disco sarà condito da un remix dei Front De Cadeaux e la copertina sarà illustrata da Simone TSO, come per il precedente “Appennini”. Con Bottin invece è pronto un EP registrato a Venezia durante le giornate di docenza al CIMM della Biennale, saranno due pezzi originali e un remix di Alexander Robotnick. Oltre a questi due dischi sono in uscita alcuni miei remix e altre collaborazioni che non voglio ancora svelare. I mesi passati sono stato praticamente ogni giorno in studio, così come la maggior parte dei miei colleghi: quindi aspettatevi tante release nei prossimi mesi.
Franz Scala
Ormai berlinese da anni, sei entrato nel circuito alla grande con le residenze fisse al Sameheads e al Griessmühle ed i party mensili “Italian Dance Wave” al Renate, “Wrong Era” al Diskothek Melancholie o “Italorama” al Panorama Bar. L’idea di puntare su Berlino è stata una scelta che secondo te andava fatta per esprimersi al meglio?
Parliamo di ormai dodici anni fa ed é stata una fortunata coincidenza. Classica storia di fidanzamento a distanza con la mia attuale compagna: finita l’università volevamo finalmente provare a vivere insieme e spostarci in una grande città, e Berlino era l’unica opzione dove avere qualche chance di sopravvivere e aver un buon tenore di vita anche senza troppi soldi in tasca. Inizialmente pensavo di cercare un lavoro relativo ai miei studi universitari in economia e nel frattempo fare qualche suonata per sbarcare il lunario, ma di set in set la musica ha preso il sopravvento. I primi con cui sono entrato in contatto sono stati i ragazzi del Sameheads con i quali collaboro ancora oggi. Nei primi giorni in cui sono arrivato loro celebravano il primo anno in città con un party in un asilo abbandonato: da li non ci siamo più lasciati. Il Sameheads come lo conosciamo oggi allora non c’era: i party erano itineranti, visto che inizialmente non avevano una location fissa, e sono subito diventato resident delle loro one night che si svolgevano ogni 2/3 mesi in off-location. Il primo club in cui sono stato resident invece era ai tempi al Mitte e per un gioco del destino si chiamava Scala. In quel periodo a parte alcune one night era l’unico club in città che aveva un programma interamente alternativo, nel senso “no house e no techno classica“. Aveva due o tre dancefloor a seconda del tipo di serata e li abbiamo organizzato le prime serate Slow Motion portando per la prima volta a Berlino artisti come Tony Carrasco, Beppe Loda, Hardrock Strikers, Skatebard, Toby Tobias.
Tra le amicizie importanti di sicuro non può essere tralasciata la cara Bordello a Parigi che nel tempo è stata per voi come una seconda famiglia, tra collaborazioni, distribuzione e party ovunque. Si può dire che ha dato quella marcia in più che forse mancava all’etichetta per affacciarsi ad un mercato sempre più vasto e di qualità?
Otto e Bordello A Parigi sono stati il punto di riferimento per la scena italo e disco negli ultimi anni: sono riusciti a sdoganare questo tipo di sound e creare un contenitore per una scena che mancava. Etichette come Clone, Creme Organization, Radius e Flex, quelle insomma che portavano avanti quel tipo di sound, avevano virato su sonorità più house e techno (Clone e Creme funzionano ancora, mentre Radius e Flexx no) ed avevano smesso di operare. Come produttore Otto mi ha dato subito fiducia, stampando i miei primi EP. Con Slow Motion inizialmente eravamo distribuiti da Intergroove che peró è andata in bancarotta e dovendo cercare una nuova distribuzione ci è sembrato naturale andare con Bordello. Fare parte di una distribuzione anche se più piccola ma specifica per il tipo di sound che ci caratterizza è stato importante, perché si è riusciti ad arrivare anche ai piccoli negozi di nicchia e portare i nostri dischi più facilmente nelle mani dei collezionisti del genere.
Se non fosse stato per voi un certo sound “italo” sarebbe stato completamente dimenticato: una seconda linfa ad un tipo di musica che Slow Motion ha sempre voluto riportare in auge. È stata fin da subito questa la scelta su cui porre le basi dell’etichetta?
Diciamo che è un po’ il motivo per cui esiste Slow Motion: basarsi solo su artisti italiani per reinterpretare in chiave moderna il sound italo ma anche new wave, disco, proto-house e soundtrack, generi che negli anni ’80 hanno visto i produttori italiani ai vertici. In questi ultimi anni etichettarsi come disco e italo fa sempre più sexy e, come succede in questi casi, tanti altri dj, produttori e le stesse etichette si sono buttati a pesce sul genere, il che in effetti ha aperto molte porte di tanti club e festival, nei quali adesso abbiamo la possibilità di esibirci, cosi come di tante label che vogliono proporre musica a cui siamo ispirati.
Chiusure, locali che spariscono e tante persone ormai a spasso. Per porre rimedio a questo problema da attore principale dell’etichetta ed anche come dj qual è stata l’idea per portare avanti i vari progetti?
Periodo veramente difficile, ma le vendite dei dischi e sopratutto del digitale tengono ancora botta (per ora…), quindi oltre a portare avanti se pur a rilento le release in vinile abbiamo fatto uscire da poco la mega raccolta in supporto degli artisti coinvolti “Italian Dance Planetarium”. Per quanto riguarda le serate, i primi mesi è stata veramente dura: ho avuto la fortuna di suonare un ultimo weekend in Francia tra Rennes e Nantes i primi di marzo giusto due giorni prima che si entrasse in lock-down. Da allora sono stati mesi veramente difficili, negli ultimi dieci anni avevo sempre suonato almeno un paio di volte a settimana… avrò fatto qualche volta un fine settimana di pausa ma comunque la media era quella… e trovarsi di punto in bianco senza possibilità di mettere dischi, beh, è stato pesante. A luglio, quando abbiamo capito che i club non avrebbero riaperto e avendo la fortuna di avere una barca a disposizione il cui proprietario è lo stesso del club dove si svolge mensilmente la nostra serata Wrong Era, siamo riusciti a ripartire con dei piccoli eventi in barca: “Sailor Of Wrong Era”. Noi li chiamiamo music trip di 4/6 ore, comunque eventi privati a cui partecipano supporter storici, amici di amici o addetti ai lavori. Per noi é diventato il modo perfetto per riconnettersi con la musica e passare del tempo insieme.
In chiusura non puoi che congedarti con una traccia: in questo preciso momento storico si ascolta più musica si passa più tempo in studio, e qualcosa del passato in questi casi riaffora sempre. C’è stata una particolare riscoperta nell’ultimo periodo?
Ultimamente sia io che Fabrizio siamo in fissa con la new beat. Oltre a quella più orientata verso la techno, se ne trova tanta lenta e più se ne fa ricerca più ne esce fuori. La cosa che mi intriga è che in molti brani new beat si trovano nella stessa traccia elementi italo, house, electro, disco, freestyle, new wave, che sarebbe più o meno il ventaglio di generi tra cui surfiamo nei nostri dj set racchiusi in una sola traccia. Un buon esempio é T99 – “Invisible Sensuality”, in ripetizione nell’ultimo periodo.