L’Ultra Music Festival si sa, è uno degli appuntamenti annuali più attesi da chiunque abbia a che fare con la musica elettronica: sarà l’aria di festa che si respira quasi costantemente a Miami, sarà la cornice della Winter Music Conference, che raduna addetti ai lavori e semplici appassionati da ogni parte del globo, sarà l’attenzione mediatica che il festival è riuscito ad attirare su di se nel corso degli anni, fatto sta che, al di là delle polemiche e dei problemi di sicurezza che ovviamente speriamo si risolvano al più presto e per il meglio, anche quest’anno la kermesse ha svolto in pieno la sua funzione di vetrina musicale, in cui artisti ed etichette hanno fatto bella mostra di ciò che, con buona probabilità, da qui ai prossimi mesi sentiremo passare in heavy rotation nei club e nei festival di mezzo mondo. Molti, tra i dj che si sono esibiti nell’arco dei tre giorni, si sono limitati al “compitino”, è vero: carrellate dei propri maggiori successi intervallate dalle hit del momento e poco altro in più di un’occasione, ma le cose interessanti non sono di certo mancate (vedi alle voci Eric Prydz, eccezionale anche come Cirez D, Deadmau5, Above & Beyond, Adventure Club, Steve Angello e via discorrendo). Tanti, tantissimi, gli “ID” suonati, ovvero tracce di cui non è ancora dato conoscere autore, titolo o remixer (nei casi più estremi anche tutti contemporaneamente): concentriamoci sui generi di nostra competenza e vediamone qualcuna.
[title subtitle=”Myon and Shane 54″][/title]
Progressive house, tanta electro, vocal più o meno trance, e tanti “Summer Of Love Remix”, loro marchio di fabbrica, compresi quelli di “One More Time” dei Daft Punk e di “Young and Beautiful” di Lana del Rey, entrambi decisamente houseggianti ma molto apprezzati dall’audience americana, meno fondamentalista di quella europea. Il set del duo ungherese si colloca perfettamente nel contesto della domenica pomeriggio dell’Ultra, quando i dancefloor del festival iniziano ad affollarsi e l’atmosfera si scalda sotto il sole della Florida e i colpi di cassa. Una sola ID suonata, una bella traccia cantata probabilmente frutto della collaborazione tra Norin&Rad, Juventa e una vocalist non identificata, che spezza il ritmo incalzante del talking bass tutto italiano della versione di Merk & Kremont di “Miami 82” di Syn Cole. A questa, si aggiungono i remix di autore ignoto di “If I Fall” degli stessi Myon & Shane 54, e di “Keep Your Secrets”, featuring tra Andrew Bayer e Molly Bancroft con cui i due, invocando gli applausi, salutano un pubblico entusiasta riscaldato a dovere per le ore successive.
https://soundcloud.com/ultra2014-livesets/myon-shane-54-live-at-asot-650-ultra-music-festival-miami-2014-30-03-2014
[title subtitle=”Cosmic Gate”][/title]
Davvero notevole l’esibizione del duo tedesco, cosa tutt’altro che scontata, visto il tenore delle ultime apparizioni. Il loro set è il perfetto cambio di marcia quando, dopo le prime fasi di warm up, la festa entra nel vivo: un energico concentrato di groove incalzanti, beat secchi e spigolosi, come piacciono su in Germania, synth e bassi corposi, ma i due non si fanno mancare frammenti emozionali, come quando suonano l’ottimo remix di Rafael Frost della loro bellissima “Crushed”, o vanno sul sicuro con “Be Your Sound”, che ogni volta come la prima è causa di brividi sulle braccia sia per i presenti che per chi, come noi, si deve accontentare dello streaming. Fatta eccezione per un momento in cui l’acapella di “Crossfire” di Brandon Flowers va un po per i fatti suoi, dunque, tanto di cappello agli inossidabili Nic e Bossi. Non poche, ben quattro, le tracce senza un titolo contenute nella tracklist: due di queste, in rete vengono attribuite agli stessi Cosmic Gate, una delle quali, parrebbe, in collaborazione con Orjan Nilsen, mentre sulla paternità delle altre due, dal
sound meno riconoscibile, non sono state formulate ipotesi. Sembra legittimo, dunque, attendersi dei movimenti interessanti su Wake Your Mind Records nei prossimi mesi!
[title subtitle=”Aly & Fila vs. John O’Callaghan”][/title]
Ormai è più facile vederli insieme che da soli. Fianco a fianco all’ASOT650 di Utrecht, al Digital Society di Leeds e infine anche all’Ultra, solo per citarne alcune: un b2b consolidato che ad oggi possiamo considerare una vera e propria garanzia. Stiamo parlando di Aly & Fila e John O’Callaghan, la cui amicizia sembra giovare alle loro esibizioni, sempre più energiche e travolgenti. Ne è un esempio lampante il quinto brano nella tracklist selezionata per Miami: una produzione tutta uplifting come richiede la loro tradizione, con un break che sembra non finire mai, immenso come una pista di decollo, dalla quale il tema cardine prende il volo, librandosi nell’aria. Un sodalizio che sembra quindi essere nato su più fronti, in ambito professionale tanto quanto nella sfera più privata, che siamo certi durerà nel tempo se solo si pensa all’imminente due giorni di Subculture vs FSOE, prevista per il prossimo Giugno ad Amsterdam.
[title subtitle=”New World Punx”][/title]
Set massiccio e muscoloso, tirato fino all’ultimo respiro, e non potrebbe essere altrimenti, soprattutto se suoni dopo Aly & Fila e John O’Callaghan. L’intro con la voce di Luther de “I Guerrieri Della Notte” che scandisce la cantilena “Warriors?!? Come out to play!”, non potrebbe essere scelta più azzeccata: attacca un bootleg di “Pullover” di Speedy J, e da li in poi è una guerra. I vocal happy di “Safe And Sound” e “Many Ways” sono boccate d’ossigeno, squarci di luce in un’ora e mezza di oscurità, ritmo serrato e cambi velocissimi. Gli ID da segnalare sono tre, uno dei quali suonato già diverse volte da Markus nei suoi set più recenti, quindi probabile materiale di casa Coldharbour, oltre ad un remix, caratterizzato anch’esso da sonorità non lontane a quelle di Schulz, di uno degli inni Trance più apprezzati di sempre, “For An Angel” di Paul Van Dyk.
[title subtitle=”Gaia”][/title]
Buio. Un incedere di tamburi in sottofondo. Dodici rintocchi di campana. Due figure prendono posto dietro la consolle: non si vedono in volto, un cappuccio copre i loro occhi. Così, prevedibilmente avvolto dal mistero, si apre il primo set di Gaia di sempre. Il duo non svelerà mai la sua identità nel corso dell’esibizione, ma tutti sanno chi si nasconde sotto quei cappucci: Armin van Buuren e il compagno di Piet Bervoets nei Rank1, Benno de Goeij. La nostra ID ha il privilegio d’essere la traccia d’apertura del live: dopo un breve intro improvvisamente il suono s’interrompe e piano piano un synth arpeggiato si fa strada, abbozzando il tema del brano. Il synth, cavalcando, si fa sempre più pieno e, accompagnato da una serie di sferzanti rullate, esplode come un fiume in piena che rompe i suoi argini. In un istante, il groove catapulta in quegli anni ’90 che i trancer custodiscono dentro con tanta nostalgia. La vera magia che ha voluto creare il duo, restando immobile e privandosi della propria individualità, è quella di riuscire ad oscurare la figura del dj per dare risalto al valore intrinseco della musica condivisa col proprio pubblico, cosa sempre più rara in un epoca che vede primeggiare lo spettacolo visivo su quello musicale.
[title subtitle=”Above & Beyond”][/title]
Mentre una pioggia battente cade sulle teste del pubblico dell’Ultra Music Festival, sui ledwall un typewriting da molti riconoscibile svela che i prossimi a solcare il palco saranno Paavo Siljamäki e Tony McGuinness, a rappresentare il trio Above & Beyond. Il set si apre senza esitazioni con brani adatti a scaldare gli spettatori e quasi subito spunta la nostra ID, particolarmente adatta a far sollevare i piedi da terra: una bassline prepotente li guida, irrompe già dall’intro diventando poi protagonista indiscussa sulla ripartenza. All’arrivo del break, un synth arpeggiato carico di magnetismo cattura ogni orecchio, e finisce per fondersi poi dentro sonorità fluttuanti, evanescenti. La pioggia sembra non fermarli. Tutt’al più li fa girare di spalle. Già, perché è proprio questo che succede qualche minuto dopo: a causa del maltempo il duo è costretto a cambiare posizione sullo stage per mettersi al riparo. Non è di certo un ostacolo per la loro esibizione, ma un’occasione da sfruttare per cambiare rotta e conferire da qui in poi al set il mood da “mani al cielo e lacrime” tanto caro alla loro Group Teraphy.