Paul Woolford è una delle figure più prolifiche della scena House e Techno inglese e non solo. Il suo curriculum vanta remixes e performances di assoluto profilo. Esser stati resident dj di party seminali come il Back to Basics di Leeds o intrattenere per quasi ogni domenica d’estate da 5 anni a questa parte gli avventori della terrazza dello Space d’Ibiza son cose che forgiano indelebilmente la carriera di un dj. Come altrettanto è stato per il suo profilo di produttore quando ha avuto la possibilità di poter lavorare ad un EP per la Planet E di Carl Craig o ai remixes di artisti quali Depeche Mode o Amy Winehouse. Profili diversi ma legati da un denominatore comune: un’approccio eclettico e aperto mentalmente che nel corso degli anni ha sempre più affinato il suo ego artistico fino a diventare la chiave del suo successo.
Hai remixato pesi massimi come i Depeche Mode, Amy Winehouse, Morgan Geist e Underworld, pubblicato un album su 20:20 Vision, una compilation su Renaissance, Ep di grande profilo su etichette quali Cocoon, Phonica & NRK e sei appena stato firmato da Carl Craig per il suo leggendario imprint Planet E. Quale è stata la tua più grande sfida professionale e perchè?
Paul Woolford “Achilles”
Ogni progetto ha le sue barriere da esser oltrepassate o una serie di problemi da esser risolti, dipende dalle dimensioni del progetto. Di solito, cose come una compilation son la sfida più grande a causa delle scelte che la questione richiede. Il lavoro che esige la cernita di ogni traccia per un doppio CD e la successiva scelta di tracce sostitutive per permettano quando le etichette rifiutano di permettere qualcosa è un processo lungo ed estenuante sebbene come artista, essendo gran parte del lavoro svolto dall’etichetta, debba solo continuare a proporre ancora e il processo si ripete. Direi comunque che la sfida professionale principale della mia carriera sia stata produrre qualcosa per Planet E. Ho ascoltato il lavoro di Carl Craig sin da “Elements”, la sua prima traccia e successivamente qualsiasi cosa sia stata prodotta dall’etichetta dal suo principio. Registrare e stampare su Planet E mi è sempre stato in testa durante gli anni ma mi son premurato d’aspettare finchè arrivasse il momento giusto. All’incirca 5 anni fa ho incontrato Gamall Awad a New York. S’occupava delle PR per l’etichetta ed è stato un caro amico di Carl per anni. E’ di Sheffield ed io vivo solo a 30 miglia distante, a Leeds, cosi avendo molto in comune abbiam legato immediatamente. La cosa più semplice da fare in quel momento era di sommergere l’etichetta di tracce, considerato che avevo appena trovato un contatto diretto, ma sapevo che i tempi dovevano esser giusti, il materiale doveva esser giusto ed ho sempre saputo che il momento sarebbe arrivato. Credo che gli artisti facciano sempre le cose in fretta e spesso per ragioni sbagliate, specialmente nella cultura dance contemporanea, caratterizzata da un’approccio quick-fix (rapido-rattoppo ndr) e dove il corso della vita di un disco è più breve che mai. Non si può forzare la creatività. Credo che se qualcosa è degno del giusto merito, allora il momento arriverà. Ed è arrivato. 2 anni fa ho registrato “Achilles” (il lato A del mio primo Planet E 12″) durante una domenica notte. Ho mandato la traccia a Carl alle 3 di mattina e 6 ore più tardi mi scrisse dicendo che amava il pezzo e voleva sentirne altri. Dovetti proporgli altre 15 tracce prima di trovare “Razor Burn” per il retro. Il periodo di mezzo durò all’incirca 18 mesi. Durante quel periodo, composi all’incirca 4 o 5 stili differenti di tracce, dalle cose techno veramente paurose fino a cose Jazz oriented, a la Saint Germain… e tutte le volte, non persi di vista l’oggettività dalla mia mente. Nel corso degli anni precedenti avevo perso un pò di speranza per la strada e qualcosa che io trovai molto incoraggiante fu che Carl non provò una volta a dirmi quello che avrei dovuto fare, mi lasciò semplicemente continuare la mia strada, attraversando i generi senza alcuna interferenza. La cosa più forte che qualsiasi A&R possa fare è di credere veramente nei suo artisti e ciò è quanto fece Carl con me.
Back to Basics Leeds, Space Ibiza, Matter London: quanto una residenza forgia la carriera di un Dj e cosa significa rispetto ad un singolo show?
Una residenza può essere la cosa singola che definisce maggiormente la carriera di un Dj o può esser quasi immateriale. Dipende tutto da quanto metti di tuo in ogni show e dopo di ciò, quanto il locale spinge il tuo show. Ho imparato dall’esperienza al Basics come iniziare una serata e come mantenerne il mood e poi, col passare del tempo, passai dal fare il warm up a chiudere il locale. Feci poi lo stesso iter allo Space per We Love e poi ovviamente, da quel momento in poi, stai lavorando in una tale istituzione e brand globalmente riconosciuto che le regole per cui stai suonando e la politica di ogni evento sono su enorme scala. Queste politiche di background stanno incrementando complessivamente il grande show e devi esser consapevole di queste da diverse angolature se vuoi tenere la tua posizione. Non puoi arrivare là e suonare quello che vuoi, anche se ciò è esattamente quello che dovresti fare. Ci sono molte persone in competizione per il tuo lavoro, più individuale tu sei come Dj, più rendi unica la tua posizione.
Ho sempre suonato solo dischi che amo, non importa di che genere, anche quando era leggermente meno “accettabile” dai trainspotter di suonare materiale più vecchio. Io credo che se tu sei veramente te stesso, si vede, la gente può dire se tu sei completamente al 100% in quello che stai facendo ed una delle cose piu importanti è estraniarsi dalla rottura di tutta la gente con le macchine fotografiche e telefoni, ignorare quelle stronzate e suonare con il cuore. Ci son 2 tipi di persone in consolle, la gente che è là per una ragione, la gente che vuole esser vista e la gente genuina, che fa veramente la differenza artisticamente parlando, non è di certo là per essere famosa.
Le mie residenze le ho sempre preparate ed approcciate ognuna in un modo diverso. Devi rispettare le singole persone nella sala prima ancora di suonare il tuo primo disco, non arrivi là strafatto con 20 persone che fanno casino e comportandosi in modo maleducato col promoter. Conosci il club, conosci la tua musica e sappi che puoi fare la differenza.
Nel 2006 hai pubblicato “Erotic Discourse”, probabilmente il disco più conosciuto di Paul Woolford. E’ un lavoro che ha indubbiamente spinto l’agenda dei tuoi bookings sebbene… non abbiamo trovato altro materiale che suoni come quello nel tuo catalogo d’uscite. Per caso “Erotic Discourse” ha creato delle aspettative sbagliate in merito ai tuoi successivi lavori in studio?
Paul Woolford “Erotic Discourse”
Io credo che sia veramente ottusa questa questione delle aspettative, come se gli artisti dovessero seguire costantemente sempre le stesse vecchie formule… Quando quel disco fu pubblicato avevo cosi tanta gente che mi chiedeva “fanne un’altro identico” e saresti sorpreso dal sapere chi queste persone sono. Gente che è vista come leaders e che sono apparentemente molto critici erano spesso le persone che me lo ripetevano più forte ed io rifiutai di fare altri dischi che suonassero nello stesso modo. Registrai dei remixes usando simili effetti di suono ma oltre a quello, non c’era molto seguito usando la stessa idea. Al tempo, molti dei miei amici stavano avendo molto successo ripetendo le loro hits iniziali con altri dischi fatti dalla stessa tavolozza di suoni, ma questo non è mai stato qualcosa d’interessante ai miei occhi. La cosa strana di quel disco fu quante persone cambiarono il loro atteggiamento nei miei confronti alla luce del suo successo. Praticamente ogni notte incontravo gente che mai prima m’aveva preso in considerazione che improvvisamente decideva che gli piacevano le mie cose e successivamente videro le loro aspettative svanire perchè la mia mossa successiva fu di registrare 3 EPs di house più deep o electro tipo Drexcyia per NRK. A quel tempo, queste non erano cose alla moda. Nemmeno il mio agente a quel tempo approvò quelle releases. Mi ricordo d’aver ricevuto una chiamata in cui mi chiesero: “Che hai fatto dopo Erotic?”. Ed io gli dissi che avevo stampato 3 EPs su NRK in 3 mesi. NRK a quel tempo era un’etichetta leggermente più grande di 2020 Vision e fu quasi divertente per me vedere come le aspettative al mio riguardo fossero che dovevo andare immediatamente da delle Majors, comportarsi differentemente, fondamentalmente, approcciare tutto ciò che considero sbagliato. Ci son un sacco di cose nel mio back catalogue che odio ma son ben contento di non aver fatto una serie di dischi tutti basati su reinterpretazioni del souno di Erotic Discourse. Il disco ha ancora la sua forza e ora sta iniziando a connettersi con nuovi audience con gente come Bok Bok di Nightslugs e Sebo K che lo han entrambi suonato al Sonar… Ha ancora vita.
La gente ama la comodità del familiare e quando tu non provvedi a ciò, loro quasi non posson reggerlo. Ciò è quanto ho imparato. Ho sempre fatto esattamente come volevo ed anche con il nuovo Planet E 12″, non rientra in generi definiti e non credo potrò suonarlo senza rischi molto presto.
Negli ultimi mesi hai girato il mondo assieme a Carl Craig per celebrare il compleanno dei 20 anni di Planet E. Puoi per cortesia passare in rassegna i momenti piu importanti del tour e dirci qualcosa di più al riguardo dell’uomo e dj Carl Craig?
I momenti più importanti, dal mio punto di vista, son stati la serata solo vinile al Berghain e probabilmente un momento anche più grande, la gig di debutto a Detroit in Febbraio con Carl e Derrick May. Abbiamo suonato a New York la sera precedente al District 36 e ovviamente io feci l’apertura. A Detroit suonammo al The Works e Carl aprì assieme a Niko Marks degli Underground Resistance, che suonava le tastiere, seguito da me nel mezzo del set e poi Derrick in chiusura. Per qualsiasi dj coinvolto nella scena techno, suonare con Carl e Derrick è un onore ma fare la tua prima gig a Detroit con loro, con Carl che ti fa l’apertura, è quasi un sogno. Fu una grande serata, ma non solo quello, quando esci dal retro della consolle e realizzi che hai appena suonato per Kevin Saunderson, Stacey Pullen, Kenny Dixon Jr, Kyle Hall, Anthony Shakir, Sherard Ingram, il figlio di Naomi Daniel era li, come potrei dimenticare Juan Atkins! Fondamentalmente, 3 generazioni di persone dietro questa musica sul loro tappeto di casa. Realizzi che probabilmente non puoi far di meglio. L’accettazione che ebbi da queste persone fu umiliante e tutto perchè Carl e Hagi (che dirige Detroit Premiere Artists, la mia agente americana e moglie di Carl) han entrambi creduto in me e dato una piattaforma. Ci son stati molti altri momenti magici durante questo tour, che sta comunque continuando: saremo infatti all’Extrema Outdoors Festival di Eindhoven, quindi, si va avanti.
Qualcosa che direi di Carl è che ha un grande senso dello Humour ed è un qualcosa che, dal punto di vista creativo, unisce la maggior parte dei miei amici. Devi esser in grado di vedere il lato divertente e non prender troppo seriamente le cose anche quando siamo tutti dannatamente convinti delle nostre ambizioni.
Qual’è la tua impressione sulla scena UK del momento? Sembra che l’ondata Bass/Dubstep stia invadendo la scena. Credi che questo movimento sia qui per restare o è solo un fuoco di paglia?
T.Williams “Heartbeat (Paul Woolford Rewurk)”
Non è propriamente corretto dire che la bass stia prendendo la scena, ma ciò che sta accadendo è che la gente coinvolta in questa scena sta suonando dischi odierni come dischi di 20-25 anni fa in nuovi modi, senza rispetto per le invisibili regole che molte persone nella dance music son preoccupate di proteggere. Questa ondata d’energia m’ha mandato via di testa. Ritorna ad essere possibile esser conosciuti solo perche si suonano dischi, solo guarda al successo di Ben UFO e Jackmaster. Entrambi questi ragazzi non son mai stati in uno studio ma entrambi son djs incredibilmente dotati ed istintivi. Io passo ogni secondo giovedi sera del mese religiosamente sintonizzato allo show di Ben UFO su Rinse FM a Londra e regolarmente, mi manda via di testa cosi tanto che nessun numero di persone che suonino con 4 piatti con Traktor abbia mai fatto! Il fatto è che lui cerca più approfonditamente e trova dischi che molti semplicemente non si curano di ricercare. E non solo quello. Attraverso il modo in cui giustappone il vecchio con il nuovo sta creando un qualcosa di veramente nuovo. Molte persone suonano vecchi dischi assieme ai nuovi, tutti i migliori djs hanno sempre fatto questo, ma le scelte che Ben fa dimostrano chiaramente che la sua mente è su un altro livello. La grezza energia che crea mi rammenta le sensazioni che provai quando lessi delle descrizioni sullo stile di mixing di Ron Hardy. Veramente rapido, qualche volta frenetico, tenta con successo mixes senza averli mai provati prima eppure c’è sempre un arco narrativo. L’ultima volta che l’ho beccato in un club ha suonato un set di dischi Classic Jungle, molti dei quali io ricordo esser stati i primi in giro, ma fu impeccabile. Non me lo sarei mai aspettato. Aggiungi a cio che è un terzo di Hessle Audio, una delle label più forti che ci siano in giro, e puoi facilmente capire quanto influente stia diventando la sua voce.
Mi son connesso con molti nella community Bass o come la si voglia chiamare, perchè sono aperti, non solo musicalmente, ma socialmente. Non fanno gli arrivati e non se la tirano per i molti anni di sgobbate per la strada. Questo di per sè è ispirante e per me, che son cresciuto ascoltando le radio – le radio pirata di Londra e dintorni han dato alla scena la sua linfa vitale, cosi l’audience se ne frega di chi è il promoter più in voga di questa parte del paese… beh, per me sta storia del promoter in voga è una stronzata, perchè un buon disco è un buon disco ed aprirà sempre una breccia tra le cazzate della vecchia scena. Un buon disco c’unisce tutti e l’approccio “open minded” di molti artisti della scena Bass fa di ciò una priorità.
Quindi, cosa c’è nella tua borsa dei dischi di questi tempi?
Underworld “Jal To Tokyo (Paul Woolford Rmx)”
Cose nuove e molto vecchie, house, techno, US & UK garage, i classici dischi electro strambi (Arpanet, Drexciya etc) e naturalmente un sacco di dischi di confine ri-editati per le più grosse gig dove hai bisogno d’unire l’audience e connettere oltre le teste. Per certi versi, le stesse cose che ho sempre avuto a disposizione, ma a seconda del clima musicale che c’è, puoi avere piu opportunità di propendere per una certa direzione. E penso che questo sia il momento più aperto a questo tipo d’approccio.
Nel 2007 hai lanciato il tuo imprint Intimacy. Qual’è l’idea dietro l’etichetta e che c’è di nuovo per i mesi a venire?
Intimacy fu fatta per permettermi di pubblicare dischi senza dover sottostare a nessuna politica di A&R o tabelle d’uscita. Fossero queste cose completamente fuori dagli schemi come la collaborazione con Paul Hession, che non fece alcuna concessione alla pista, o techno piu pragmatica come “False Prophet”. A proposito, c’è un killer remix di Altered Natives che uscirà a breve insieme ad un paio di altre cose, ma abbiam decisamente virato verso una politica di solo vinile per via dei problemi connessi al file sharing. Ci sono piani piu grandi in discussione per un nuovo approccio, una nuova label, le informazioni non tarderanno ad arrivare, a suo tempo saprete.
La tua città natale Leeds sembra essere una delle principali piattaforme per la musica emergente nel Regno Unito. Potresti parlarci un pò della sua scena e protagonisti?
Si, è stato una sorta di crogiolo per nuovi produttori nel corso degli ultimi anni, siano questi i ragazzini della legione della deep house che sembrano ripresentarsi anno dopo anno oppure Hessle Audio, che partì qui da Leeds, non c’è penuria di talenti. Penso che ciò che sia piu importante è il fatto che sia un scena veramente vibrante ed è anche più economica di Londra. Quindi hai facile disponibilità d’ispirazione e fondamentalemnte, di feste, ed affitti piu economici. Ci son quasi 30000 studenti a Leeds. David Kennedy (Pearson Sound/Ramadanman) gestisce la sua serata Acetate a Leeds, ci sono regolarmente eventi Cocoon, abbiamo Ricardo Villalobos che suona in locali della capacità di 500 persone al giovedi sera, più un sacco di altri eventi. E’ un città chiave per promoters e clubbers.
Il 2010 ha segnato 2 significativi quanto contradditori eventi per gli amanti dei vinili. Infatti, nello stesso anno, Technics cessa la produzione dei leggendari SL1210 e le vendite dei vinili raggiungono il loro apice dal 1991… E’ solo l’ultimo ruggito del leone o Technics dovrebbe assumere dei migliori predittori di mode?
Beh, non son sicuro di quanto costi produrre un piatto SL1210 ma direi che è decisamente molto più alto di quanto era una volta. I prezzi dei metalli son incrementati notevolmente, quindi non son piu sicuro di quanto convenga produrli, comunque, sembra veramente strano che nessuna società abbia rilevato la licenza per produrli. Sto prendendo in considerazione di comprarne un pò prima che mi venga fatto lo scalpo su Ebay…
La tua prima gig italiana è datata 2004. Se ti fosse chiesto di menzionare le prime cose che raffigurano l’Italia ai tuoi occhi, che diresti? Dimenticati di pizza, pasta e grappa, oh, e anche Berlusconi…
Grappa, fantastica compagnia e consolle con 300 persone dentro. Amo l’Italia!
English version:
Paul Woolford – Know the club, know your music, and know that you can make a real difference.
You’ve been remixing heavy weights such as Depeche Mode, Amy Winehouse, Morgan Geist & Underworld, releasing an album on 20:20 Vision, a compilation on Renaissance, EPs on high profile labels such as Cocoon, Phonica & NRK and you just got signed up to Carl Craig’s legendary imprint Planet E. Which was the most challenging work to date and why?
Every project has it’s own barrier to break down, or a series of problems to be solved, and depending on the size of the project, usually something like a compilation will be the most challenging proposition due to the clearance issues. The work involved in clearing each track for a double CD mix, and then clearing substitute tracks to allow for the moment when labels refuse to allow something, is a long-winded process – although as the artist, most of this work is handled by the label, so you just submit more and the process repeats. I would say the most challenging work has been recording for Planet E. I have been listening to the work of Carl Craig since ‘Elements’ ( his first track ), and subsequently everything on the label since the beginning. Recording and releasing for Planet E has always been in mind over the years, and I’ve been careful to wait until the time is right. Around 5 years ago I met Gamall Awad in New York. He was handling the PR for the label and has been a close friend of Carl’s for years. He is originally from Sheffield, and I live only 30 miles away in Leeds, so we had a lot in common and bonded immediately. The easiest thing to do at that moment was swamp the label with tracks now that I had found a direct link, but I knew that the timing had to be right, the material had to be right, and I always knew the moment would come. I think artists rush things all the time, and often for the wrong reasons – especially in this quick-fix dance music culture where the life-span of a record is shorter than ever. You cannot force creativity. I believe that if something is the right fit, then the moment will come. And it did. 2 years ago I recorded ‘Achilles’ (the A side of my first Planet E 12″) in a sunday night. I sent the track to Carl at 3am, and 6 hours later he emailed me back saying he loved it and wanted to hear more. It then took me about 15 more track submissions until we found ‘Razor Burn’ to be the flipside. The interim period lasted over 18 months. In that time, I went through about 4 or 5 different style of tracks ranging from quite fearsome and paired-down techno through to almost St Germain-style jazz… and all the time, I didn’t once lose sight of the objective in my mind. I think in previous years I may have lost some self-belief along the way, and something that I found very encouraging was that Carl didn’t once try to define what I should do, he just let me get on with working my way through and crossing genres with no interference. The strongest thing any A&R person can do is to truly believe in their artist, and this is what Carl did.
Back to Basics Leeds, Space Ibiza, Matter London : how much does a residency shape the career of a DJ and what means respect to a single show?
A residency can be the single most defining thing in a DJ’s career or it can be almost immaterial, it all depends on how much you put into each show, and after that, how much the club put into pushing your show. I learnt from the experience of playing at Basics how to open a room and maintain a mood, and then went from warming up, to closing the club as time passed. I then did the same at Space for WeLove and then of course by this time, you are working in such a massive institution, and a globally recognised brand, so the rules by which you are playing, and the politics of each event, are on a huge scale. These background politics are increasingly complex the bigger the show, and you must be aware of them from many different angles in order to keep your position. You cannot just turn up and play even though that is exactly what you should be doing. There are many people all vying for your job, so the more individual you are as a DJ, the more you make your position completely unique.
I have always only played records I love, no matter what genre, even when it was slightly less “acceptable” to the trainspotters to play older material – I think if you are truly being yourself, it shows, people can tell if you are completely 100% into what you are doing and one of the most important things is to tune-out all the hassle and the people with cameras and phones and all the rest and ignore that bullshit, and play from the heart. There are two types of people in that booth – the people that are there for a reason, and the people there who want to be seen, and the genuine people that really make a difference artistically are not there to be famous. With every residency I have held I have always prepared and approached each one in a different way. You have to respect every single person in the room before you even play your first record, you don’t turn up on drugs with 20 people making a fuss and being rude to the promoter. Know the club, know your music, and know that you can make a real difference.
In 2006 you released ‘Erotic Discourse’, probably the most well-known Paul Woolford record. It’s a work which undoubtedly boosted your gig diary though… we haven’t found any other material sounding like it in your release catalogue. Did ‘Erotic Discourse’ create any wrong expectation on your following studio works?
I think there is a real dumb kind of expectation placed on many artists in dance music regarding the way they are expected to follow the same old formulas constantly. When that record was released I had so many people say “do another just the same” – and you would be surprised at who some of these people are as well. People who are seen as leaders and who are very outwardly critical were often the people saying it the loudest to me, and I refused to make a sound-alike record. I recorded some remixes using similar sound effects but beyond that, there was no big follow up using the same idea. Many of my peers who were having success at the time followed their initial hits with records made from the same palette of sounds, but this was never interesting to me. The strange thing about that record was how people changed their attitude towards me in the light of it’s success. Nearly overnight I saw people who paid no attention to me suddenly decide that they were into what I did, and then subsequently have their expectations dashed because my following move was to record 3 EPs of deeper house and almost Drexciyan-styled electro for NRK. At the time, this was not the in-vogue thing. Even my agent at the time didn’t even acknowledge these releases – I remember having a call and they asked me what I had done since ‘Erotic’ , and I told them I released 3 EPs over 3 months with NRK – at the time only a slightly bigger label than 2020 Vision – and it was almost funny to me how the expectation was that I should suddenly start to go to the majors, behave differently, basically step it up in what I deem to be all the wrong ways. There’s a lot of my back catalogue that I hate, but I’m glad I didn’t make a stack of records all based on rinsing out the sound of ‘Erotic Discourse’ in a formularised way. The record still has it’s power, and now it’s starting to connect to a new audience with people like Bok Bok from Nightslugs, and Sebo K at Sonar both playing it out recently… it still has a life.
People like the comfort of the familiar, and when you don’t provide this, they almost cannot handle it. This is what I learnt. I have always done exactly as I wanted, and even with the new Planet E 12″ – it doesn’t fit into safe categories, I don’t plan on playing it safe any time soon.
In the last month you’ve been touring the world alongside Carl Craig to celebrate the 20 years anniversary of his Planet E label. Can you please go through the highlights of the tour and tell us a bit more about the man and the DJ Carl Craig?
The highlights from my perspective have been the vinyl-only Berghain show in March, and probably an even bigger moment, my debut Detroit gig in February with Carl & Derrick. We had played New York the previous evening at District 36, and obviously I had opened up. In Detroit we played at The Works, and Carl opened up with Niko Marks from Underground Resistance on keys, followed by me playing the middle set and then Derrick May closing. For any DJ involved in techno, to play on a bill with Carl & Derrick is an honour, but to play your first Detroit show with them, and have Carl open is pretty much a dream gig. It was a great night, but not only that, when you step out from behind the booth and then you realise you have just played to Kevin Saunderson, Stacey Pullen, Kenny Dixon Jnr, Kyle Hall, Anthony Shakir, Sherard Ingram, Naomi Daniel’s son was there, how can I forget Juan Atkins – basically 3 generations of the people behind this music on their home-turf – you realise that you probably cannot better that. The acceptance I have had from these people has been humbling, and all because Carl and Hagi (who runs Detroit Premiere Artists, my US agent, and is married to Carl) have both believed in me and given me a platform. There have been many more magic moments during this tour and it’s on-going, we are heading to the Extrema Outdoors festival event in Eindhoven next, so it rolls onwards.
Something I will say about Carl is that he has a mean sense of humour, and that’s something that unites most of my close friends creatively, you need to be able to see the funny side and not take things too seriously, even though we are all deadly serious about our aims.
What’s your take on the current UK music panorama? Looks like the Bass / Dubstep wave is taking over the scene. Do you think this movement is here to stay or it’s just a flash in the pan?
It’s not true to say that bass is taking over, but what is happening is that the people involved in this scene are playing records from today and from 20-25 years ago in new ways with no regard for the invisible “rules” that many people in dance music are keen to protect. This surge in energy has been blowing me away. It’s starting to be the case that you can be known from strictly playing records again-only – look at the success of Ben UFO and Jackmaster. Both of these guys have not been in the studio but both of them are incredibly gifted and instinctive DJs. I spend every second thursday evening religiously tuned into Ben UFO’s show on Rinse FM in London – and regularly he blows me away so much more than any number of people playing from 4 decks on Traktor – the fact is, he digs deeper and finds records that many just don’t bother to, and not only that, the way he juxtaposes the old with the new is in a way that he is creating something new. Many people play old records with new ones, all the best DJs haves always done this, but the choices Ben makes clearly show us his mind is on the next level. The raw energy he creates is what I feel when I have read descriptions of Ron Hardy’s style of mixing. Real rapid, sometimes manic, flying by the seat of the pants, but there is a narrative arc. The last time I caught him in a club he played a set of classic jungle records, many of which I remember the first time around, but he was impeccable. I did not expect that at all. Add to this that he is one third of Hessle Audio, one of the sharpest labels out there, and you can clearly see how influential a voice he is becoming.
I have connected to many in the bass community or whatever you want to call it because they are open, not only musically, but socially, they are not jaded and guarded through years of the grind on the road. This in itself is inspiring, and to me, I have grown up listening to the radio – pirate radio in London and inner cities has given the scene it’s lifeblood, so the audience doesn’t care about who is the go-to promoter in this part of the country – all this is bullshit, because a good record is a good record is a good record and will always cut through the old scene bullshit.
At it’s core, a good record unites us all, and the open-minded approach of many in the bass scene makes this a priority.
So, what’s in your record bag these days?
Brand new & very old house, techno, US & UK garage, the odd classic-style electro record (Arpanet, Drexciya etc), and of course a handful of re-edited border-line records for those bigger gigs where you need to unite the audience and connect beyond the heads. In many ways the same things I have always had at the ready, but depending on the way the musical climate is, you may have more opportunity to lean in a certain direction. I think we are now in the most open moment for this approach.
In 2007 you launched your own imprint Intimacy. What’s the idea behind the label and what’s next on it for the coming months?
Intimacy was set up as a way for me to release records without having to fit into anyone else’s A&R policy or release schedule – be it something completely off the wall like the collaboration with Paul Hession, which made no concession to the dancefloor, or be it a really lean, completely utilitarian techno track like ‘False Prophet’. There is a killer remix from Altered Natives which is coming on vinyl and a couple of other things, but we have pretty much gone vinyl-only due to the file-sharing mess. There are bigger plans in place for a new approach, a new label, the information is coming soon so you’ll be hearing more when the time is right.
Your hometown Leeds looks like being one of the main platforms for cutting edge music in the UK. Could you talk to us a bit about the scene and it’s features?
Yes it’s been somewhat of a hot-bed for producers over the years, and be that the legion of deep house kids that seem to pop up year after year or the likes of Hessle Audio which began in Leeds, there is no shortage of talent. I think what may be important is the fact that there is a really vibrant club scene, and also it’s cheaper than London, so you have the easy availability of inspiration and basically partying, plus cheaper rent. There are about 30,000 students in Leeds also. David Kennedy (Pearson Sound/Ramadanman)runs his Acetate night in Leeds, there are regular Cocoon events, we have had Ricardo Villalobos playing in a 500 capacity club on a thursday evening, plus a wealth of other events – it’s a key city for promoters and clubbers alike.
2010 marked out two significant and contradictory events for vinyl lovers. Indeed, in the same year, Technics ceased production of the legendary SL1210 and vinyl sales hit the top since 1991… it’s just the last lion’s roar or should Technics engage some better trend forecasters?
Well I’m not sure how much it costs to produce one SL1210 turntable, but I’d say it’s definitely a lot more than it used to be, the prices for metals are sky-high, so I’m not sure how cost effective they are, however it does seem a shame that no company has picked up the contract to keep producing them. I’m considering buying a spare whilst I still can before the ebay scalpers get involved…
Your first Italian gig dates back to 2004. If you be asked to mention the first things which depict Italy in your eyes, what would you say? Forget Pizza, pasta and grappa, oh, and Berlusconi as well…
Grappa, amazing company and and DJ booths with 300 people in them. I love Italy!