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Jean-Michel Jarre e Armin van Buuren: perché “Stardust” sarà, in ogni caso, una pietra miliare

Il mosaico del nuovo album del compositore francese (uscita prevista per metà ottobre), continua a prendere forma, teaser dopo teaser, alimentando l’attesa e le fantasie di tutto l’ambiente, come è naturale che sia quando c’è di mezzo un personaggio del suo calibro e spessore. Ciò che Jean-Michel Jarre rappresenta per la musica elettronica degli ultimi quarant’anni, non ha certo bisogno di essere ricordato, nè tantomeno la sua importanza nell’ispirare la nascita e lo sviluppo di un genere, la trance, definita da lui stesso come uno dei movimenti più massicci e longevi, all’interno dello scenario elettronico. Dopo “Zero Gravity”, la collaborazione con i Tangerine Dream remixata dagli Above & Beyond, JMJ si accosta nuovamente alla trance, nel modo più spettacolare possibile, insieme al più discusso, osannato, amato, controverso ed autorevole rappresentante del genere: Armin van Buuren.

Un progetto sensazionale, per l’importanza degli attori protagonisti, ma anche, se vogliamo, un naturale punto d’incontro tra ciò che è stato (ed è ancora), e ciò che è al momento (e sarà ancora). Il risultato è una gran bella traccia, piuttosto fresca e ricca di spunti, che combina un’energia tipicamente vanbuuriana alle atmosfere oniriche e ai tappeti sonori del francese, in una fusione in cui le rispettive parti rimangono comunque perfettamente riconoscibili. Ovviamente c’è da andare incontro ai dancefloor, non è quindi il caso di aspettarsi un nuovo “Equinoxe” o un “Oxygène”.

E Project” quasi sicuramente non sarà così, e non è niente del genere neppure “Stardust”, almeno nella versione da festival, ma sarà in grado, forse, di fornire un po’ di linfa nuova a quella trance che periodicamente entra in crisi di identità: quando le idee iniziano ad inaridirsi, è sempre buona cosa fare qualche passo indietro, soprattutto se poi si incontra Jean-Michel Jarre.