C’è un cantiere, ci sono gli architetti e si prova ad elaborare lasciando su carta una bozza su quello che sarà il progetto finale. Un concetto facilmente applicabile alla musica, dove una buona preparazione arriva a realizzare un’idea ben strutturata. È un pò quel vicolo cieco dove pazzia e concentrazione sono doti inscindibili per una buona riuscita di un album, per esempio. Succede che i brani sono tanti, le richieste alttrettanto e la voglia di continuare a spingere sull’acceleratore è la quella spina nel fianco che non tutti avvertono come scossa positiva. Se a volte un certo chiacchiericcio piuttosto diffuso prende piede inneggiando a giovani talenti che o mancano o sono oppressi da una classe dirigente che non dà più loro tanto spazio, questa è la perfetta occasione per intercettare qualcuno che c’è, è presente e lavora duro. Lui è ItalOscillazioni, amante dei synth con una passione piuttosto viscerale per l’Italo-disco ed una spiccata dose di curiosità verso sonorità limitrofe, vedi la dark, la new wave e deviazioni space. Il talento va ovviamente curato e limato ogni singolo istante, specialmente in età giovanile, quando poi dietro ci sono studi e una completa abnegazione per un genere il discorso prende tutta un’altra piega. Nel cantiere fervono lavori con produzioni belle e impacchettate, pronte per decollare verso lidi molto prestigiosi. L’impegno c’è e siamo sicuri che qualcosa di molto speciale accadrà a breve.
Passo numero uno: qual è il disco o la traccia che ti ha cambiato la vita? La primissima. Quella che ti ha fatto capire che la musica era veramente un’emozione particolare, più intensa di altre.
Ho un’immagine stampata dentro la mia mente, ero molto molto giovane, e a casa era accesa la TV sintonizzata (credo) su MTV (che all’epoca trasmetteva solo musica) e stavano passando il video ufficiale del 1977 di “From Here To Eternity” di Giorgio Moroder. Alle prime note sentite di spalle mi sono girato velocemente verso lo schermo e sono rimasto assolutamente estasiato e ipnotizzato da tutto, quel sound alieno, quelle immagini, i colori, sfondo nero, quegli strani macchinari elettronici (di cui all’epoca non conoscevo ancora il nome)… è stata una cosa assurda, ho sentito per la prima volta dentro di me di appartenere a qualcosa che rispecchiasse il mio gusto. In quei tempi non era una cosa molto frequente per me: ero il classico ragazzino al quale non piace il calcio, non piacciono gli sport, e non piaceva andare al mare, non mi sentivo in sintonia con i gusti dei miei amici. Non che non ne avessi, anzi, sono da sempre una persona molto socievole e scherzosa, ma non condividevo molto i loro interessi. Quello fu un momento pazzesco per me, anche se poi, per un pò di tempo, restò solamente un momento. Perché non cambiò effettivamente nulla in senso pratico nella mia vita, ero veramente piccolo. Devo inevitabilmente dire però, che nei miei primissimi ascolti musicali, quelli quindi vincolati dalla radio – tv o genitori, in quanto a emozioni nessuno me ne faceva provare di forti come Freddie Mercury. Brani come “I Want To Break Free”, “Another One Bites The Dust” e “Living On My Own” furono una vera calamita verso la strada musicale.
Passo numero due: quando hai capito che la musica, produrla o suonarla, sarebbe stata una parte fondamentale della tua vita?
Su questo potrei parlare per ore. Cerco di riassumere, andò così: ci fu un punto della mia giovanissima età, poco dopo essermi addentrato nel mondo della musica, in cui iniziai a scoprire (finalmente) gruppi come Visage, Depeche Mode, Ultravox, New Order, Tubeway Army, Tears For Fears, OMD, Soft Cell, Yazoo, ed in pochissimo tempo mi resi conto che c’era un motivo importantissimo per il quale tutti loro mi piacessero cosi tanto. Un filo conduttore che non sapevo ancora sarebbe diventato così fondamentale nella mia vita, e qual era? Erano tutte band che (oltre ad avere grande stile) facevano un grandissimo uso dei sintetizzatori. Nel preciso istante in cui la mia testa realizzò cosa fosse questo strumento, cosa rappresentasse e cosa ci si potesse fare, tutto cambiò radicalmente. Dentro di me nacque una devozione profonda, soprattutto (…e ad oggi esclusivamente) per quelli vintage, quelli veri, da cui nasceva tutto ciò che amavo ed ascoltavo. E fu cosi che iniziai a fare di tutto per poterne comprare alcuni, andai a lavorare d’estate quando non c’era la scuola, e iniziai a racimolare soldi il più possibile in ogni modo che avevo a quei tempi. La mia idea quindi di fare musica non fu spinta solo dall’ascolto, ma in definitiva dallo strumento in sé. Per far capire il concetto in maniera rapida, dico sempre che non uso i synth come mezzo per poter realizzare della musica ma faccio musica perché mi viene naturale usando i synth. Ecco perché non produrrò mai un disco con il mouse; lo steso motivo per il quale non dico di essere un DJ, cercando di portare sempre dal vivo le mie macchine.
Passo a margine: quali sono stati i momenti di maggior crisi, nel tuo rapporto con la musica?
Dal momento in cu ho deciso di intraprendere il cammino da musicista non sono mai stato veramente dubbioso verso la musica, ma ho avuto (e ho ancora) dei grandissimi momenti di crisi nei momenti in cui ho realizzato che non era facile vivere di quello, per niente, e che inevitabilmente per i primi tempi avrei dovuto fare altro. Accostare il lavoro alla musica mi ha sempre spaventato: non ho mai trovo nulla che mi appassioni veramente oltre ad essa, e tanto meno nel lavoro, quindi, essendo convinto che per fare musica (bene) bisogna dedicare tempo, questa cosa mi terrorizza e a questa paura sono sempre stati collegati i momenti di poca creatività e di poca fiducia in me stesso. Anche se per il momento devo ritenermi fortunato visto che lavoro comunque in un settore abbastanza vicino alla musica, anche quando non sono in studio.
Passi importanti: quali sono stati finora i momenti più importanti, nella tua carriera?
Parlando di formazione artistica, in ordine cronologico, sicuramente uno di essi è stato proprio quello sopra descritto: quando conobbi e capii cosa fosse il sintetizzatore, e subito dopo la conoscenza dei Kraftwerk e tutto quel mondo di musica sintetica, mi ha fatto capire finalmente a cosa appartenessi, e cosa volevo fare al 100%. Poi sicuramente il mio trasferimento e permanenza a Berlino a soli 18 anni è stato un periodo fondamentale, che mi ha dato la possibilità di scoprire nuove visioni di una popolazione che veramente si interessava a quel mondo in maniera molto attenta, e un contesto in cui il panorama era veramente grande. Lì ho sicuramente scoperto una cultura maggiore verso l’elettronica che in Italia non abbiamo. Di sicuro un punto fondamentale fu studiare Sintesi Avanzata a Roma con il grande Enrico Cosimi, che attualmente è ancora il più grande maestro di sintesi che possiamo trovare in Italia. Quello fu sicuramente il periodo di transizione in cui passai dall’essere un grande amante e dilettante del settore (“tastierista” se vogliamo) ad essere un professionista specializzato, capace di poter programmare e lavorare con qualsiasi tipo di sintesi e manipolazione sonora, questo mi ha permesso di definire ancora di più i miei gusti e di poter lavorare finalmente ai miei progetti in totale autonomia dall’inizio alla fine; anzi, iniziai ad essere io un punto di riferimento per qualche amico appassionato. Poi, ci fu un altro momento importantissimo di cambiamento interiore e artistico nella mia vita, uno dei più radicali forse: il momento in cui arrivò l’amore e ammirazione folle per il mio maestro di vita, il mio amatissimo e adorato Franco Battiato. Lui divenne il mio padre artistico e spirituale. Iniziai a leggere ed ascoltare qualsiasi cosa lo riguardasse, tutti i suoi insegnamenti, i libri di cui parlava, il suo pensiero musicale e spirituale, la sua maniera di composizione e formazione / mutamento artistico, la sua musica così assurda, i suoi maestri. Davvero: tutto. Divenne per me un vero e proprio padre artistico e spirituale, e lo è tuttora. Moltissimi dei pensieri e delle teorie che tuttora sostengo sono frutto dei suoi insegnamenti, per non parlare dei suoi dischi ormai consumati dalla puntina del mio Technics, un genio e basta. Franco Battiato per me è la cosa più vicino a Dio che esista, dopo Beethoven. Infine, nella mia carriera musicale che (per mia scelta) deve effettivamente ancora iniziare del tutto, senza ombra di dubbio un punto fondamentale fu scoprire quanto mi piacesse l’Italo Disco (e New Italo): scoprii che questo genere racchiude una grande semplicità costruttiva ma mette a risalto moltissimo i suoni sintetici in una maniera povera, cruda – ed è proprio quello che mi piace, è una musica in cui risalta più il tipo di suono che l’effettiva costruzione musicale e armonica. Rende proprio giustizia a queste macchine stupende senza troppe maschere. E poi ovviamente viene dai miei amatissimi anni ’80, che sono ancora il simbolo del’ultima vera rivoluzione musicale parlando di suoni. Perché il sintetizzatore, ancora oggi, è lo strumento musicale più nuovo che esista. Devo dire che anche il mio trasferimento e stazionamento a Milano per il momento è servito molto, qui ho trovato una grande pace interiore in termini artistici e musicali, dandomi una grandissima quantità di contatti nel settore italo e nel settore strumentistico-tecnico, ho avuto la fortuna di conoscere alcuni collezionisti e amanti di synth con cui tutt’ora sono i buonissimi rapporti e che mi sono serviti moltissimo.
Passi per prendere un po’ d’aria e trovare ispirazione ed energia: quali sono le tue altre passioni? Come le sviluppi? Quanto tempo riesci a dedicare loro?
Le mie “altre” passioni, non riguardanti la musica non sono moltissime. Sono affascinato dall’astrologia, il cosmo, e l’arte classica; mi interessa molto il motivo per il quale siamo al mondo, la famosa ricerca del “senso della vita”, ma ho in programma di dedicarmi allo studio di queste in un età più avanzata, ora devo fare musica. Ah, adoro i gatti. Quelli grassi soprattutto. Per i miei brani, invece, non prendo ispirazione da qualcosa di esterno alla musica, tutt’altro: parto dai ricordi dei suoni che ho in testa o che immagino. Ho passato diversi anni a comprare, testare, e conoscere synth, soprattutto vintage, chi mi conosce bene lo sa, cercando di capire quali e perché mi piacessero di più, quali fossero meglio per un suono o per un’altro, o per un determinato genere. Questa lunga sperimentazione mi ha portato ad avere in testa un’ampio panorama sonoro, tipologie di suoni e di manipolazioni che vado a richiamare il momento in cui mi trovo a produrre un brano; inizio semplicemente partendo da un giro di basso, un singolo suono o un semplice accordo, e da li inizio ad elaborare cosa aggiungere. Infatti non mi definisco un bravo arrangiatore, ho in mente i suoni da utilizzare e come mescolarli ma non la struttura della traccia. Per questo motivo preferisco realizzare un live set, in cui sono libero di strutturare la sequenza come voglio, piuttosto che finalizzare una traccia, che poi dovrà essere comoda da suonare per i DJ.
Passi perduti: quali sono finora i tuoi più grandi rimpianti, musicalmente parlando?
Di sicuro non essermi iscritto a pianoforte quando ero piccolo, (ho frequentato in seguito un corso da tastierista, ma di certo meno utile), questa è una cosa che da quando ho iniziato a fare musica rimpiango, anche perché mi è costato molto più tempo nello studio musicale negli anni a seguire. Inoltre avrei voluto dedicarmi di più allo studio dell’organo, sia quello vero da chiesa che quello elettronico. Ho posseduto diversi organi elettronici contemporaneamente ai synth, soprattutto verso i 16 anni (non a caso in quel periodo ero un fan sfegatato dei Doors e di Ray Manzarek) e all’occorrenza lo suono ancora, ma saperli suonare bene è tutta un’altra storia… questo è un grandissimo rimpianto. È anche vero che faccio sempre in tempo, sì, ma per ora ho già poco tempo cosi. L’ultimo rimpianto che ho è quello di non essermi proposto in diverse occasioni: oggi inizio a rendermi conto che in molti casi, se fossi stato un pò più sfacciato nella “auto-promozione”, ad oggi probabilmente avrei già accumulato qualche soddisfazione in più. Ma va bene cosi: tempo al tempo, ho avuto più tempo per studiare.
Passi che consiglieresti: quali sono secondo te i cinque album (o brani) che consiglieresti e che non dovrebbero mancare nella discografia di tutte le persone a cui vuoi bene o che stimi?
Siete molto molto cattivi con questa domanda, per selezionare cinque album o brani sicuramente dovrei escludere tantissima roba indispensabile e valida. Dovrei almeno sapere se rispondervi in base ad un mio gusto personale, o alla genialità/bravura dell’artista o dell’album in questione. Posso provare a fare 2 liste separate, ma non ne sarò soddisfatto: riguardante la genialità in questo momento mi viene da citare:
Almeno un’opera di Beethoven (sono tutte fantastiche, come faccio a scegliere?)
Capriccio 5 di Paganini
Mondi Lontanissimi di Battito
Radioactivity dei Kraftwerk (album)
De andrè – Non al denaro non all’amore ne al cielo
Ma dovrei inserire anche i geni indiscussi come Stockhausen, Stravinsky ecc. Andando solo a gusto/piacere d’ascolto invece direi roba come:
Ultravox – Vienna (album)
Visage – Fade to gray (brano stupendo)
Soft Cell – electric cafe (album)
Maria bazar e Mauro sabbione – Elettrochoc (brano geniale)
Jean Michael jarre – équinoxe (album)
Ma questa lista è veramente povera, anche perché sono un grande amante del cantautorato italiano (passato maggiormente) artisti come De André, Tenco, Endrigo, Modugno e molti altri andrebbero sempre citati in queste liste. Ed ovviamente anche grandissimi stranieri come Lou Reed, Bowie, Dylan, il mitico Elvis ecc, potremmo parlare per ore.
Passi in biblioteca o videoteca: quali libri o film consiglieresti?
Ho una forte adorazione per Kubrick, soprattuto per la fotografia, quando vedo film come “Arancia meccanica” e “2001 Odissea nello spazio” rimango letteralmente estasiato visivamente, oltre che dalla storia. Guardandoli mi sembra di vedere dei quadri che prendono vita, alcune riprese di “Arancia meccanica” sono da estasi totale a mio parere: era un vero esteta quell’uomo, oltre al genio. Mi piace moltissimo anche Tim Burton, più o meno per gli stessi motivi. Sulla lettura sono abbastanza monotematico, ho sempre letto libri musicali, o sulla storia di musicisti o sulla musica in generale, mi è piaciuto molto quello su Lou Reed, “Trasformer”, lo consiglio a tutti. A quelli che vanno un pò oltre la lettura leggera invece, consiglio “Frammenti di un insegnamento sconosciuto”: si parla di spiritualità, lo consiglio perché a fine lettura anche se chi legge non dovesse essere d’accordo con quella filosofia inizierà per lo meno a comprendere la metà dei testi di Battiato, già solo questo dovrebbe mettere voglia.
Passi fondamentali: qual è il risultato artistico di cui finora vai più orgoglioso?
Sono molto contento della conoscenza accurata che sono riuscito ad avere sui sintetizzatori e il mondo della sintesi in generale. Grazie ai lunghi studi e alla forte passione, oggi posso dire di essere particolarmente preparato a riguardo. Poi, ora che mi deciderò a rendere pubblici i miei vari progetti una soddisfazione sarà sicuramente l’eventuale reazione positiva del pubblico che già nei rari live che ho intrapreso mi ha comunicato una forte approvazione e interesse. L’ho notata soprattutto da parte di altri artisti, oltre che dai semplici ascoltatori, e questo mi rende molto felice.
Passi virtuali: come stai vivendo l’onnipresenza del web nelle nostre vite in questi anni? Visto tra l’altro che questa è un’intervista che stiamo facendo per un media online…
Devo dire la verità? Per alcuni aspetti molto male, in ambito artistico. Ho il grandissimo difetto, da sempre, di non essere uno bravo nell’auto-promozione, è una cosa che odio, scrivere a qualcuno per dirgli “Hey ciao, io faccio questo e quello, queste sono le mie cose, mi fai suonare?” non è proprio da me. Lo odio profondamente, anche se sfortunatamente va fortissimo oggi giorno nel mio settore, e per questo rimpiango i bei tempi in cui era la tua etichetta, casa discografica, manager o addirittura studio di registrazione a fare il “lavoro sporco”, e tu dovevi solo suonare, perché diamine, tu sei l’artista, non il commerciale. A me piace lavorare con la musica, farla, e suonarla, a tutto il resto vorrei ci pensasse qualcun altro, non mi piace andare su internet a spammare i miei lavori o contattare gente per questioni lavorative/musicali. Sicuramente tra un pò di tempo inizierò a lavorare con qualcuno che si occupi di questo per conto mio. Rimanendo in ambito artistico, del web odio anche la possibilità che tutti hanno ormai di rendere pubblici i propri lavori. Un tempo incontravi subito due pre-selezioni: una fatta dallo studio che doveva farti registrare il brano, e la seconda dalla casa discografica o etichetta che doveva arrivare a dire “Ok lui vale possiamo produrlo” e metterti in commercio. Già così all’epoca riusciva a girare parecchia “immondizia musicale” (per citare qualcuno), oggi non esistono più neanche questi filtri e ogni inesperto aspirante musicista con un computerino può pubblicare la sua roba. Il vero problema è che spesso trova anche orecchie inesperte a cui piace quello che fa, e questo crea un fenomeno che ormai fa girare tanta tanta tanta tanta schifezza purtroppo. Certo, è anche vero che questa libertà in alcuni casi ha dei vantaggi, perché al contrario, artisti validi, che casomai fanno qualcosa di diverso e lo fanno bene, oggi non devono rendere conto a dei discografici bigotti e conservatori che non publicano la loro roba, ok; ma purtroppo, questa cosa in media accade molto, molto, più raramente. Ed è proprio per questo fenomeno che, oggi, rispetto a qualche anno fa, si può affermare che in media, gira molta più schifezza. Tolti questi due aspetti orrendi però, il web è ovviamente fantastico… La possibilità di informazioni, studi, ascolti, e contatti che hai con il mondo del web rispetto ad una volta non ha prezzo è una fonte di sapere e conoscenza. Io stesso ho avuto la possibilità di conoscere molte cose grazie ad esso che prima non avrei mai potuto sapere, come tutti. Quindi dai, in fin dei conti non posso odiarlo del tutto.
Passi in compagnia: quali sono i dj e producer con cui senti più affinità, e con cui vorresti sempre e comunque condividere parole, progetti, obiettivi?
Da qualche anno ormai sono molto fissato con la scena elettronica Italo e New Italo, attualmente apprezzo diversi artisti usciti su etichette come Bordello a Parigi, Slow Motion, eccetera, con alcuni di loro ho già delle cose in programma. Poi ci sono gli immancabili maestri come Alexander Robotnick, o gli Italoconnection, con cui ho avuto persino il piacere di condividere il palco al Reverso Festival di quest’anno. Sarebbe interessante più in là collaborare anche con personaggi che mi hanno inizialmente avvicinato al genere molto, come Flemming Dalum. Ma ci sono anche diversi artisti che lavorano con un’Italo un pò più oscura e underground su label poco conosciute che considero molto affini al mio genere.
Passi incrociati: qual è la situazione, musicale e non, più assurda che ti è capitato di vivere?
All’estero sicuramente ne vidi di tutti i colori, ma preferisco raccontare una successa qui a Milano che non dimenticherò mai. Nel secondo anno in cui vivevo a Milano, fui ingaggiato da uno dei miei migliori amici per fare il DJ con un mini-live set annesso, in una festa in casa che stava preparando per una particolare evenienza. Mi disse che avrebbe ingaggiato persino un barman per fare una cosa in grande stile, dato che ci sarebbero state un centinaio di persone. La casa era grande, e voleva organizzare qualcosa di indimenticabile. La follia di questo mio amico però lo spinse a prendere un 55enne che trovò su subito.it registrato come “barman per eventi privati belli”, l’unico ovviamente. Questo tizio era alquanto privo di capelli, ma aveva un codino lunghissimo realizzato con gli ultimi rimasti sulla parte posteriore del capo. La sera della festa si presentò, vestito in modo totalmente improponibile, ricco di gadget illuminati e quant’altro, e capimmo subito che la sua idea non era esattamente di fare solo cocktail. Come previsto infatti, dopo 2 ore dall’inizio era stra-ubriaco e l’idea di fare cocktail era sempre più lontana da lui: non ne fece neanche uno, se non per se stesso. Dopo tre ore (potrete immaginare come era ridotto) aveva provato a limonare qualsiasi ragazza presente in quella casa, compresa la fidanzata del mio amico organizzatore, ma per il momento io ero concentrato sui dischi che stavo mettendo e non mi resi conto di tutto quello che stava succedendo intorno a me. Ora, il vero momento indimenticabile arrivò dopo: per il mini live mi ero portato un Roland sh-101 e una drum machine, quindi ad un certo punto spensi i giradischi e accesi le macchine. Esattamente un minuto dopo aver iniziato a suonare, dalla mia destra vedo precipitare una delle 2 enormi casse su stativo che aveva affittato il mio amico, esattamente verso il tavolino-console che avevamo allestito, e insieme ad essa vidi cadere la mia (all’epoca) ragazza con avvinghiato lui, il nostro amico barman totalmente fuori, che la stava violentemente limonando in barbaro modo. Ora, la cosa assurda non fu quella bensì che finirono esattamente sopra il mio amato sh-101 di cui ruppero la plastica della scocca e una parte della tastiera. In quel preciso momento mi fermai un’attimo alzai lo sguardo e vidi tutti i 100 invitati che guardavano la scena (anche perché si era staccata la musica), e mi resi conto che era veramente un momento che non avrei dimenticato. Vi dico che infine per quanto ci avesse fatto divertire, nessuno di noi si arrabbiò con lui, anzi, quella sera dormì persino in quella casa (anche perché non era assolutamente in condizioni di poter rientrare da solo) e ci riservò ultima sorpresa per la mattina seguente: dopo essersi svegliato in mutande e calzini, pretendeva di ricevere “…almeno il doppio” del salario stabilito perché era rimasto “a lavoro” tutta la notte. Davvero un mito.
Passi sbagliati: quali sono le cose che più ti danno fastidio nella scena musicale italiana?
Di sicuro il clubbing italiano lo considero ridicolo. La maggior parte della gente in Italia (e a Milano questa cosa è amplificata) va a ballare per il posto in cui si fa la serata, per chi la organizza, per chi conosce che gli offre il cocktail, per quante femmine ci sono e per chi lo frequenta: una cosa veramente orrenda, squallida. Se una persona va ad una serata musicale, un party, un concerto o una qualsiasi festa che vede protagonista la musica, la gente dovrebbe andare solo ed esclusivamente per l’artista che suona, nessun’altra cosa dovrebbe interessarle, nessuna. Solo ed esclusivamente la musica che offre quella serata o quell’artista in particolare, ma questo in Italia avviene veramente di rado, al contrario di molte città del Nord Europa, (come Berlino appunto), dove la gente che va ad un party ci va veramente perché gli piace il genere di musica che offrono, non per bere il cocktail o rimorchiare. Poi purtroppo parlando sempre di Italia, non riesco veramente ad ascoltare per più di due secondi la maggior parte della musica contemporanea dei ragazzi italiani, e penso sia chiaro a che genere mi riferisco, ma è una questione di gusti. Casomai sono anche bravi, non saprei, ma le mie orecchie non ce la fanno.
Passi che stai per compiere: quali sono i tuoi prossimi progetti?
Di progetti in programma e possibili ne ho veramente tanti, anche diverse richieste di collaborazioni, ma mi sto dedicando a una cosa alla volta, altrimenti rischio di perdermi e non concludere in maniera buona veramente nulla. Quindi per il momento ho queste 2 uscite programmate per il 2020 con due album su etichette diverse e dei progetti collegati ad essi, forse anche un terzo lp. Naturalmente continuerà il progetto dei live set come italOscillazioni.
Passi sinestetici: salutaci non con delle parole, ma con una traccia, non importa se tua o di altri.
Tobias Bernstrup – Ventisette.
(Traccia classic Italo-disco di un’artista interessantissimo prodotta molto dopo il periodo Italo, ma riuscita alla perfezione, adorabile)