Quando a New York la contestazione si gridava solo a colpi di scratch, ai tempi dei block parties, di Grandmaster Flash e di molti altri rappers che hanno contribuito ad alimentare il fervore creativo della cultura hip hop nella Grande Mela, un ragazzino si divertiva a giocare col sampler e fuggiva in Europa per scoprire l’House, diventandone così l’icona per eccellenza e guadagnandosi appellativi degni di una divinità. In breve tempo la sua musica si afferma come il più riuscito ed efficace esempio di contaminazione tra hip hop, Chicago house e influenze latine, riuscendo a conciliare in modo impeccabile successo di pubblico e qualità indiscussa, e dando vita ad un sound che è più di un semplice marchio di fabbrica. Definirlo un pioniere è piuttosto riduttivo, dal momento che forse non ha mai voluto esserlo. Ha sempre e solo fatto quello che gli piaceva, con il gusto e la classe innati di chi ha nel sangue l’istintiva sfrontatezza del genio, e se ciò ha cambiato radicalmente il corso degli eventi e posto le basi ad un nuovo movimento, sembra non essere mai stato fin troppo problema suo. Risponde come una sibilla, ma dietro alle sue parole schiette e dogmatiche ci svela verità scomode sul mondo della musica che difficilmente ad oggi si sentono pronunciare, soprattutto da star di questo calibro. Signori, ecco a voi allora qualche perla di vita musicale scritta per noi da Mr. Todd “The God” Terry. Un Bignami imperdibile sull’house, ma anche una summa di preziosi consigli per prendere con la giusta filosofia le intemperanze del sistema che ci gira attorno. Prendete appunti.
Crescere a Brooklyn in pieni anni ’80, non dev’essere stato cosa da poco. All’epoca in cui i conti si regolavano col fuoco e a dettar legge era il block, hai fin da subito dimostrato di non volerti macchiare le mani con le armi, quanto piuttosto con mixer e sampler. L’avvicinamento alla musica è stato davvero per reale vocazione o piuttosto per necessità e spirito di sopravvivenza?
Per nessuno dei due motivi in realtà, molto più semplice. Una coppia di miei amici lavoravano nella musica e mi hanno iniziato loro. Sono stato introdotto alla musica house da un amico in particolare e mi sono subito lasciato prendere, è stato amore a prima vista.
Forse non tutti sanno che dietro al leggendario pseudonimo dei “Masters At Work”, Kenny Dope e Louie Vega, c’eri tu. O meglio, si trattava proprio del nome che usavi insieme a Mike Delgado, tuo grande amico e compagno di avventure musicali, che in seguito hai ceduto a Kenny dopo avergli presentato Louie ad un party. Come mai questo passaggio di testimone?
Kenny ha lavorato con me, Mike Delgado e Franklin Martinez fin dall’inizio, così ho pensato che fosse una buona idea per lui e Louie prendere il nome che utilizzavo quando decisi di intraprendere la carriera da solo.
La tua innata capacità nel maneggiare sampler e drum machine ha spesso attirato i dubbi dei più tendenziosi circa l’effettiva credibilità di questo modo di fare musica. Credo che ci sia un confine sottile tra lecito e non lecito in questa forma d’arte e che tu sia in grado di distinguerne la differenza in modo a dir poco machiavellico. Cosa ti senti di rispondere a chi sostiene che campionare un pezzo equivalga a rubarlo? Se non sbaglio ho letto che in passato sei stato il primo a non apprezzare quando Armando ti copiò quasi interamente le basi per “100% of Disin You”.
All’inizio la presi come un’offesa, perchè si chiamava proprio “100% Disin You”, esattamente come il mio pezzo. Ma poi ho capito che si trattava solo di un affettuoso omaggio. Riguardo al sampling, l’ho sempre pensato e visto come un modo di fare musica piuttosto che di rubarla, a dispetto di quanto gli altri possano ritenere.
“Ready For A New Day”, album di gran successo del 1997, vede la partecipazione di vere e proprie dive del canto, da Jocelyn Brown a Marta Wash, tanto per citarne alcune, ed in generale la tua musica fa spesso ricorso alle donne come vocalist. Quanto è importante la presenza di una voce femminile ai fini della buona riuscita di un pezzo house? Secondo te conta ancora oggi?
I vocals femminili funzionano meglio su pezzi di house più cupa e introspettiva, mentre quelli maschili in pezzi più fluidi e leggeri, dipende tutto dalla resa che gli si vuole dare.
Ha stupito tutti la coraggiosa strada in cui ti sei avventurato con il successivo album, “Resolutions”, del 1999. Il filo conduttore dell’intero lp è tutt’altro che house, e ascoltandolo il rischio di confonderlo con un disco dei migliori di Jack Frost o Bryan Gee è dietro l’angolo. Come mai la scelta della drum’n bass? Un scommessa per metterti in gioco o solo un tributo all’Inghilterra, che tanto ti ha ispirato fin dagli esordi?
Più che altro lo ritengo un tributo a me stesso e alla mia formazione, oltre che al desiderio di avventurarmi in differenti generi musicali che da sempre mi contraddistingue.
La tua carriera è stata già dagli albori piuttosto divisa geograficamente parlando, di riflesso a quelle che erano le tue fonti di ispirazione. Nato a Brooklyn, hai affermato più volte di essere stato sempre molto condizionato dalla cultura musicale europea, inglese in particolare, e che ne hai fin da subito colto la differenza in positivo rispetto a ciò che circolava ai tempi a New York. Pensi che fossero, e sono ancora oggi, in qualche modo più avanti?
Credo che il pubblico Europeo sia indubbiamente sempre stato più aperto verso tutti i generi di musica elettronica rispetto a quello Americano, e tutt’oggi è ancora così almeno a mio parere, non me ne vogliano gli americani.
Elemento chiave della particolare combinazione di generi che hai plasmato è senza dubbio la musica latina, a cui hai dedicato intere produzioni sotto lo pseudonimo di “Gypsymen” e “House of Gypsies”. Di preciso quanto e come ha contribuito questa parte della tua formazione artistica nelle tue produzioni?
Penso che la musica Latina sia la regina del dance floor fin dal 1940, per questo amo usare le percussioni in tutti i miei pezzi, li rendono più sexy e accattivanti.
Gli anni ’90 hanno visto il trionfo assoluto dei remix, spesso talmente lontani dall’originale da risultare pezzi a sè stanti, e le major facevano a gara nel commissionarne a iosa, pagandoli cifre astronomiche. Tu stesso ne sei fautore di due dei più ben riusciti della storia dell’house, “I’ll House You” dei Jungle Brothers e “Missing” degli “Everything But The Girl”, ma a quanto ne so non impazzi per farli. Come mai? Oggi che linea tieni quando ti viene chiesto un remix?
Non è proprio vero, in realtà mi piace ancora remixare ma se posso preferisco dedicarmi alla produzione, lo trovo più stimolante.
A proposito di “Everything But The Girl”, “Missing” li ha portati alla gloria, ma c’è da dire che la tua versione, fedele all’originale eppure molto più accattivante, l’ha superata di gran lunga, e immagino che sia stata una sorta di arma a doppio taglio per loro. C’è gente che in un caso simile si azzarderebbe a chiedere i diritti del pezzo. Che ne pensi di situazioni come queste?
Al tempo i remixers non erano conosciuti dal punto di vista della produzione, non divenne chiaro fino a molto più tardi quanto di produzione c’era in un remix. Dopo “Missing” iniziammo ad acquisire consensi e a pubblicare su produzioni di remix.
Dando vita nel 2000 alla “Inhouse Records”, etichetta di tua proprietà, hai dimostrato di fregartene delle major in nome di una concezione libera e democratica di fare musica, dando la possibilità a tutti di entrare in contatto con i tuoi pezzi tramite il web, senza intermediario alcuno. Da uno che per anni è stato legato a colossi come la “Mercury Records” o la “Strictly Rhythm”, suona ancora più coraggioso. Cosa non va nell’industria discografica e nel ruolo delle major? Pensi che si possa vivere ancora vendendo dischi? Forse il futuro sono le piccole etichette.
Ad un certo punto mi sono sentito di dover andare avanti per conto mio facendo quello che volevo davvero, PURTROPPO le Majors sono solo interessate a far uscire qualcosa di vendibile e basta, non un prodotto di effettiva e indubbia qualità. “InHouse Records” è invece prima di tutto un catalogo di ottima musica, non qualcosa che dovrebbe solo vendere a tutti i costi.
In merito alla “Strictly Rhythm”, si può tranquillamente affermare che tu e Kenny (Dope) siete stati i primi negli anni ’80 a battezzarne l’ascesa, fino a renderla l’etichetta house per eccellenza che tutti conosciamo. Così come siete stati i primi a consacrarne la rinascita nel 2007, a seguito dei precedenti problemi di fallimento, con due compilation, “All Stars”, e “Strictly Todd Terry”. Dopodichè però, più nulla. Come mai?
Vi siete dimenticati la Defected Records…?!
Proprio il progetto “All Stars”, ti ha visto tornare a lavorare insieme a tuoi grandissimi colleghi e amici, Kenny Dope, Louie Vega, DJ Sneak, Terry Hunter, Armand Van Helden, tutti nomignoli direi. A chi senti di dovere di più musicalmente, chi ti ha influenzato di più?
Devo moltissimo a Kenny per avermi sempre fatto sapere quando qualcosa non era buono, sono stato influenzato da tutti i grandi dell’House, Chicago, NYC, Londra e la loro musica.
E’ sempre più difficile trovare figure nel panorama musicale che davvero si distinguano per una certa continuità di stile e produzioni, eccezion fatta per i grandi del passato come te. Molto spesso ciò che accade è che spuntino come funghi sempre nuovi e presunti talenti che arrivano al successo con una sola hit, e si mantengono poi su una linea che finisce inevitabilmente per seguire le orme del mercato. è colpa dell’industria che spinge in questa direzione o pensi che manchi qualcosa alla musica house di adesso?
Certo non posso scrivere un manuale su come migliorare le cose ma mi sento di dire che avremmo bisogno di maggiori “canzoni”, vere e proprie intendo.
A fronte della dilagante omologazione di stili dovuta al progresso e ai nuovi programmi sempre più intuitivi, in molti hanno reagito con un accanimento talmente sentito verso le nuove tecnologie da prediligere i supporti del passato, alla ricerca del suono vintage e old school, a volte con discutibile risultato. Quanto a te, gli strumenti che usi adesso sono gli stessi di un tempo? O hai modificato qualcosa nel tuo modo di produrre?
Uso Logic Pro, ritengo che sia lo strumento più adatto per gestire con creatività e fantasia una drum machine e una tastiera.
Sfruttare i miglioramenti tecnici messi a disposizione dal progresso, supporti e strumenti sempre più innovativi, mantenendo un suono quanto più autentico e personale possibile, sarebbe certo la via da perseguire. E se da una parte è molto più facile per chiunque avvicinarsi alla musica, il che la rende più democraticamente appetibile, dall’altra è piuttosto svilente agli occhi di chi la mastica da anni. Che ne pensi di Traktor? C’è chi si azzarda nel definirlo il sampler del 2012, con accezione negativa.
Non amo qualcosa che fa tutto al posto del produttore, esattamente come non amo il produttore in cerca di qualcosa che fa tutto al posto suo.
Parlando della “dura” vita del dj oggi, è di qualche mese fa la notizia del tuo collega Dennis Ferrer, cacciato dallo storico Mansion di Miami perchè suonava troppo poco commerciale. Amaro destino per chi sceglie di non assecondare il sistema. Pensi che ci sia modo per mentenersi sulla cresta dell’onda senza rinunciare alla qualità?
Sì, dipende molto da come ti presenti nell’industria discografica. Se voglio posso benissimo fare un disco alla David Guetta oggi, così come uno alla Dennis Ferrer domani, o qualcosa in stile Skrillex tra un pò, è una mia scelta.
Mi sembra che tu ci sia riuscito a pieno, svelaci qual’è il tuo segreto.
Grazie ci provo, ma mi esaurisco sempre; se sei in grado di fare differenti generi di musica, dovresti sempre e comunque provarci.
A proposito di Mansion, la tua epoca è stata letteralmente segnata dalla fama di clubs che sono diventati leggenda, luoghi di culto quasi, non solo ritrovi per ballare, ma specchi di una società in forte evoluzione e cambiamento. Come mai secondo te oggi si è persa questa dedizione incondizionata al locale? Una dispersione e omologazione degli spazi che forse va in parallelo con quella della musica?
Il problema è che i nuovi club non hanno più l’anima di quelli storici, c’è poco da fare è questione di tempi secondo me.
Ascoltando i tuoi lavori più recenti usciti su “InHouse”, in particolare “Like That Y’All”, o “Thief In The Night”, trascinanti e calde perle funky in perfetto stile Todd the God, è evidente quanto ancora tu abbia da dare alla musica, e non solo in termini di reverenza. Che hai in programma per il futuro, nuovi progetti in ponte?
Per quanto riguarda l’etichetta, il ventesimo anniversario di remix dell’House of Gypsies “Samba” in arrivo a Giugno e Luglio, mixato da ognuno. Per l’autunno invece l’album “Todd Terry vs Hip Hop”, di cui è già uscito il primo singolo “Bac 2 Da Old School” con Greg Nice. In più è in lavorazione un’altra futura collaborazione Todd Terry e All Stars.
Che ne pensi del panorama musicale italiano? C’è qualcuno che ammiri in particolar modo, di ieri e di oggi?
Amo l’Italia, suono e vendo più download lì che in ogni altro paese, di conseguenza anche gli Italiani mi amano, è una cosa reciproca.
English Version:
While in New York the basic cry of protest was still in the strains of Scratch, at the time of block parties, Grandmaster Flash, and many other rappers who contributed to spread hip hop culture’s creative fervor in the Big Apple, a young guy was having fun by playing with sampler and was escaping to europe to discover house music, then becoming it’s absolute icon and getting nicknames that could be given to a god. In a short time his music becomes the more successful and effective example of cross-breeding between hip hop, Chicago house and latin influences, being able to conciliate in a perfect way audience success and incontestable quality, and giving life to a sound that’s more than a simple brand. Defining him a pioneer is quite reductive, even cause he’s never wanted to be it. He’s just been doing what he liked all the time, with the class of who’s got instinctive audacity of a genius, and if that radically changed events’ course and put bases of a new movement, it seems not to have ever been a problem of his. He responds as a sibyl, but behind his dogmatic and direct words he reveals us unhappy characteristics about music’s world that are difficult to hear nowadays, expecially from these kind of stars. Ladies and gentleman, some musical anthem written by Mr Todd “The God” Terry, here you are. A short encyclo about House music, but also some good and useful advices to get with the right filosofy the insobriety of the sistem that turns around it. Take notes.
Growing up in Brooklyn in the thick of the 80’s must not have been easy. In an era when scores were settled with guns and the ‘hood was the law, you showed right off that you didn’t want to dirty your hands with guns, but with mixers and samplers. Was your approach to music an innate vocation or a need for survival?
Neither, a couple of my friends were into music and I got into because of them. I was turned on to House Music by a friend in particular and I embraced it.
Maybe it’s not generally known that you were behind the legendary pseudonym of the “Masters at Work”, Kenny Dope and Louie Vega. Or rather, it was the name you used together with Mike Delgado, your great friend and companion of musical adventures, which subsequently you gave to Kenny after introducing him to Louie at a party. Why did you pass it on to him?
Kenny was down with me Mike Delgado and Franklin Martinez from the start, so it was a good idea for Kenny and Louie to use the name when I was done with it.
Your innate capacity to manage Sampler and Drum machine, has often raised questionable doubts about the credibility of this mode of making music. I think there is a subtle boundary between what is proper and improper in this art form and whose differences you’re able to distinguish in a Machiavellian way. How do you feel about answering someone who maintains that sampling a piece is tantamount to stealing it? Unless I’m mistaken, I read that in the past you were the first to express disapproval when Armando copied almost entirely from you the basis for “100% of Disin you”.
I took it as disrespect because it was called “100% Disin You”, but after we met I realized it was all love. On sampling, I have always used sampling to make music not to steal it.
“Ready for the new day”, a smash hit album of 1997, included some real stars of song, form Jocelyn Brown to Martha Wash , to name just a couple. In general, your music often uses female vocalists. How important is a female voice for a successful House piece? Is it still so today?
Female vocals cut through a lot better on dark house music, and male vocals work better on floaty house.
There was general amazement about your courage in venturing upon your next album, “Resolutions” of 1999. The main feature of the LP is anything but House, and it’s easy to take it for a record of the best of Jack Frost or Brian Gee. Why the choice of Drum’n’Bass? A gamble or just a tribute to the England which so inspired you at the start of you career?
A tribute to myself and my desire to venture out into different genre of music.
Since the very beginning, your career has been split geographically, as a reflection of your sources of inspiration. You were born in Brooklyn but have often insisted on being conditioned by European musical culture, especially British, and you at once grasped the difference in a positive way in comparison to what was going on then in New York. Do you think they were and are still today somehow more advanced?
The European crowds have always been and are still more open to all types of electronic music than the American audiences.
One of the key elements of the particular combinations of genres which you’ve shaped is without doubt Latino music, which you have dedicated entire productions to under the pseudonym of “Gypsymen” and “House of Gypsies”. Exactly how much and in what way did this part of your artistic formation contribute to your productions?
Latin music is king of the dance floor since the 1940’s so I always like to use percussion in my tracks it makes the record a lot sexier.
The 90’s saw the absolute triumph of remix, often so remote from the originals as to be pieces unto themselves, and the majors competed to sign them up en masse, paying enormous sums of money. You yourself are the creator of two of the most successful pieces in the history of House, but as far as I know, you’re not crazy about doing them. How come? Today what is your attitude about being asked to do a remix?
No not true, I still like re-mixing, but I like productions better.
About Everything but the Girl, the remix of “Missing” brought them glory, but it must be said that your version, faithful to the original yet much more intriguing, went way beyond it, and I imagine that it was a kind of double-edged sword for them. There are people who in similar circumstances would insist on demanding copyrights for the piece. What do you think about situations like these?
At the time re-mixers were not know for the production aspect, it didn’t become clear until latter how much production went into a remix, after “Missing” we started getting points and publishing on the production of remixes.
In founding your own “Inhouse Records” label in 2000 you showed that you didn’t care about the majors, and struck out for a free and democratic concept of making music by enabling anyone to access your pieces over the web without any middleman. As someone who for years was linked to big labels like “Mercury Records” or “Strictly Rhythm”, it sounds even more courageous. What’s wrong with the record industry and the role of the majors? Do you think it’s still possible to make a living by selling records? Does the future perhaps lie in small labels?
At a certain point I had to do what I had to do, Majors are only interested in putting out something that might sell not something that’s good UNFORTUNATELY. InHouse Records is a catalyst for good music not something that just might sell.
As for “Strictly Rhythm” we can safely say that you and Kenny (Dope) were the first in the 80’s to determine its success to the point of making it the top House label we all know, just as you were the first to consecrate its rebirth in 2007, after it went belly up, with two compilations, “All Stars” and “Strictly Todd Terry”. And since then nothing. How come?
Did you forget Defected Records…?!
In the “All Stars” project you went back to work with your old-time colleagues and friends Kenny Dope, Louie Vega, DJ Sneak, Terry Hunter and Armand Van Helden, all nicknames, I dare say. Who do you owe the most to musically? Who influenced you the most?
I owe a bunch to Kenny for letting me know when something sucked, I was influenced by all the house cats, Chicago, NYC, London and their music.
Except for the greats of the past like yourself, it’s increasingly difficult to find people in the music world who are truly outstanding for continuity of style and production. What seems to have happened is that new and presumed talents sprout up like mushrooms, make it with a single hit, and stay afloat with a line that inevitably ends up following market trends. Is it the fault of the industry which pressures people in this direction, or do you think that something is missing in present-day House music?
I can’t write a book on how to fix things but we need more songs.
Before the increasing stylistic sameness due to progress and new increasingly intuitive programs, many have reacted against the new technologies to such an extent as to favor the modes of the past, a search for vintage and old school sounds, at times with doubtful results. Are the instruments you use now the same as in the past? Or have you modified something in your production method?
I use Logic Pro, I feel it’s the closest thing to having a drum machine and a keyboard creatively.
Exploiting the latest technical improvements, in terms of innovative supports and instruments, while ever striving to preserve an authentic and personal sound, that would certainly be the road to take. And while it’s much easier and more “democratic” for anyone to make music nowadays, over the past several years it has proved disappointing for the listener. What do you think of Traktor? Some call it the Sampler of 2012, with a negative connotation.
I’m not in love with something that does everything for the composer, and I’m not in love with a composer that looks for something that does everything for him.
Concerning the “tough” life of today’s DJ’s, a news item of a few months ago spoke of your colleague Dennis Ferrer, who was kicked out of the historic “Mansion” of Miami because he didn’t sound “commercial enough ”. A bitter fate for those who choose not to pander the system. Do you think there’s a way to stay popular without giving up on quality?
Yes, it depends on how you set yourself up in this industry. If I want to do a David Guetta record today and a Dennis Ferrer record tomorrow, and something that sounds like Skrillex on the next day, I will.
I think you succeeded completely. What’s your secret?
Thanks I try, but I always sell out; if you can do different types of music credibly you should do it.
Concerning “Mansion”, your period was marked by the fame of clubs that became legends, almost cult places, not only as dance spots but as mirrors of a society undergoing profound change. Why, in your opinion, has this unconditional devotion to a club been lost today? Is it due to a growing standardization of the clubs that goes hand in hand with the music?
The new clubs don’t have the vibe or the soul of the classic clubs.
Listening to your most recent works published for “InHouse”, in particular “Like ThatY’All”, or “Thief In The Night”, swinging and hot funky gems in perfect Todd the God style, it’s obvious that you still have much to give to music, and not only in terms of reverence. What are your plans for the future, any new projects in the offing?
On the label side the 20th Anniversary Remixes of House of Gypsies “Samba” coming in June and July, mixes from everybody. For the fall it’s the Todd Terry vs Hip Hop album, the first single is already out “Bac 2 Da Old School” with Greg Nice. Another Todd Terry All Stars collaboration is in the works.
What do you think of the Italian musical scene?
I love Italy, I do more gigs and sell more downloads in Italy than any country, so the Italians love me back.