Dopo avervi parlato nella puntata della scorsa settimana degli EP che più ci sono piaciuti tra quelli in uscita nel mese di Maggio, vi segnaliamo oggi alcuni degli album che dovreste ascoltare per conoscere meglio degli artisti di cui si fa un gran parlare da tempo. Oltre alla meravigliosa raccolta di Inigo Kennedy su Token, vera e propria perla imperdibile per gli amanti della techno con la “T” maiuscola, è infatti giunto il momento per lo svedese Abdulla Rashim (sulla sua nuova label, Northern Electronics), per Psyk (su Mote Evolver) e per Answer Code Request (sulla prestigiosissima Ostgut Ton) di pubblicare i loro attesissimi album d’esordio.
Le settimane che ci separano dall’estate rappresentano storicamente un momento di grande fermento musicale e questa puntata di Suoni & Battiti prova a descriverne alcune delle ragioni.
[title subtitle=”Inigo Kennedy – Vaudeville (Token)”][/title]
Una carriera quasi ventennale e una discografia lunga oltre cento release fanno di Inigo Kennedy uno degli artisti più interessanti e ricchi di talento dell’intera Gran Bretagna, tanto da meritarsi un ruolo di prim’ordine all’interno di una delle label più importanti dell’odierna scena techno, la belga Token. Proprio sull’etichetta di Gand uscirà a fine mese “Vaudeville” (”voix de ville”, voce della città), la sua quinta raccolta, il lavoro pensato e scritto per rappresentare il manifesto dell’esperienza urbana dell’uomo moderno. Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, però, l’uscita numero quarantatré del catalogo Token non è un album claustrofobico dove a trionfare sono le atmosfere grigie e scure delle grandi metropoli – che qui comunque non mancano, sia chiaro – ma un concentrato di emozioni contrastanti dove, forse, l’unico stato d’animo veramente trionfante è l’inquietudine. Non la tristezza, non il dolore, ma l’inquietudine di un uomo che vive in costante contrapposizione con ciò che più lo ferisce, ma anche con ciò che più ama. Riverberi che soffiano come aria ghiacciata e drums crude e ruvide fanno da letto a melodie che sembrano voler distogliere la testa di chi ascolta dai problemi “terreni”, anestetizzando e ipnotizzando l’ascoltatore. Questo è un album completo e intenso, fisico e viscerale; “Vaudeville” è una delle cose più belle e vive che io abbia ascoltato da mesi e “Plaintive”, “Lullaby”, “Winter” e “Petrichor” sono le sue perle.
[title subtitle=”Psyk – Time Foundation (Mote Evolver)”][/title]
Dieci brani per un’ora scarsa di musica techno fatta e pensata focalizzandosi solo ed esclusivamente sul dancefloor; questo è “Time Foundation”, il nuovo album di Psyk in uscita sulla londinese Mote Evolver. Se da un lato Manuel Anos conferma di conoscere a menadito il verbo della techno funzionale che va suonata nelle ore centrali della notte, tenendo fede alle promesse fatte da “Distance” e “Arcade” (i suoi primi due out sulla label di Luke Slater), è anche vero che qui lo spagnolo non corre rischi, nemmeno uno. Psyk presenta un lavoro le cui tracce prese singolarmente sono tutte potenziali hit, ma che assemblate e lasciate suonare come da tracklist hanno la grave colpa di appiattire l’ascolto. Non c’è una storia o un filo conduttore che ci dica in quanti modi l’artista è in grado di esprimersi; l’emotività, infatti, resta schiacciata dalla foga e dalla forza di dischi incisivi come “Parade”, “Automatic” e “Avadon”. Per questo “Time Foundation” non può essere un album che riscriverà le regole del gioco, ma rappresenta comunque uno di quei lavori che una volta messi in borsa non ne uscirà tanto facilmente. La testa deve sì viaggiare, ma è anche vero che a guidare la danza sono spesso le gambe.
[title subtitle=”Answer Code Request – Code (Ostgut Ton)”][/title]
Al terzo ascolto e dopo un bel ripasso delle discografia ho finalmente colto la vera essenza di “Code”, l’album di esordio di Answer Code Request su Ostgut Ton. Non solo, grazie a un ascolto concentrato e più approfondito ho capito perché la musica di Patrick Gräser ha una marcia in più rispetto a quella di parecchi colleghi: il tedesco se ne frega delle aspettative, non ricerca ossessivamente la funzionalità e tratta il dancefloor come un interlocutore “alto”, e non come una semplice viso da prendere a schiaffi a suon di kick. Fa tutto questo senza la pretese di passare per il più bravo e cervellotico dei produttori, comunica cercando di mettere l’ascoltatore allo stesso livello della sua musica. La sua è una techno che sa tanto di Detroit quanto di Londra (per via dei beat frammentati di cui Gräser fa spesso uso) e della Berlino di metà/fine anni ’90; è musica estremamente sensibile che si fa avanti avvolta da una malinconia che dilata tempo ed emotività. Per questo “Code” è molto più, non solo in termini di quantità, di “Breathe EP” perché frutto di un lavoro lungo un anno che ha permesso a Answer Code Request di rimetter mano e tornare in modo più accurato e approfondito su temi già trattati in modo egregio con le sue uscite per MDR (“The Host” e “Main Mode”) e sulla sua piattaforma (“202” e “Subway Into”). Lasciato suonare, “Code” veste rapidamente i panni del compagno di viaggio perfetto: techno totale e compatta, techno col cuore.
[title subtitle=”Abdulla Rashim – Unanimity (Northern Electronics)”][/title]
“Unanimity”, l’album d’esordio di Abdulla Rashim, è uno di quei lavori che, dopo esser stato ascoltato più e più volte, lascia un po’ con l’amaro in bocca. Suona in modo impeccabile – questo è fuori discussione – e non potrebbe essere più coerente con il background dell’artista, ma fondamentalmente resta troppo ancorato allo stile, qui forzatamente retorico, che in passato ha fatto dello svedese un piccolo prodigio della techno. “Matteo, stai forse dicendo che avrebbe dovuto snaturare la sua musica?”. No, assolutamente, ma è innegabile che un lavoro così, per celebrare l’estetica della space/acid techno, non riesca a sviluppare a pieno l’enorme talento del giovane Abdulla Rashim. Una volta un mio amico mi disse che il bello di questo genere – all’epoca si parlava di “Weldiya”, l’EP firmato proprio da Mr. Rashim su Prologue – è che nel suo vorticoso incedere non si lascia sfiorare da nulla, fuggendo ogni minima variazione. Lui precisò che questo, in lavori lunghi come un album, avrebbe finito per annoiare rendendo vani anche i sussulti e i momenti più alti di una raccolta nel complesso validissima. A ben vedere è quello che succede qui: Abdulla Rashim ha tante belle cose da dirci (ricordate i suoi EP su AR Records?), solo che oggi lo ha fatto usando troppe parole.
https://www.youtube.com/watch?v=kBnQuHpUvP4