Pare proprio che da qualche tempo, tra dj e produttori uplifting si stia facendo largo una nuova corrente di influenze, che partendo da mostri sacri come Simon Patterson e John O’Callaghan, ha contagiato gran parte del lato più euforico della trance dei giorni nostri, da Jordan Suckley a Mark Sherry, passando per i “soliti noti” Aly & Fila, Sean Tyas, John Askew e Indecent Noise. Perfino Armin van Buuren, nella sua ecletticità, non sembra rimasto immune al virus, e la puntata numero 666 dell’A State of Trance ne è la prova più eclatante. È una tendenza scura, assolutamente in contrasto con l’euforia dei synth supersaw a cui questa gente ci aveva abituato. Arriva dalla techno, dalla psy, dalla tech trance, a volte perfino dall’hard trance, tutte cose che mischiate insieme sono peggio di Coca e Mentos. Fa aumentare i bpm (quasi a voler dire “Paura dei 138? Noi???”), e con loro il battito cardiaco. Luce contro tenebre, bianco contro nero, melodia contro ritmiche ossessive. Universi apparentemente inavvicinabili, ma che nella trance, in questa trance, si sfiorano, si intrecciano, si fondono insieme, creano ibridi sensazionali. Sentiamone qualcuno!
[title subtitle=”Simon Patterson feat. Sara Howells – Dissolve (Armind)”][/title]
Lo amiamo, e non potrebbe essere altrimenti. Precursore estremo, Simon, si era già fatto portabandiera di contaminazioni techno minimali in tempi assolutamente non sospetti (un anno fa, mentre in molti celebravano il ritorno di una uplifting data per morta, lui bombardava il mainstage dell’ASOT600 di Den Bosch con tracce di Sasha Carassi, Renato Cohen, Neelix, Astrix e altri personaggi del genere). È una specie di Re Mida della trance, e lo dimostra questa “Dissolve”, che gli è già valsa il gradino più alto della Trance Chart su Beatport, per la 16° (sedicesima, si!) volta consecutiva. Una traccia in cui, ancora una volta, riesce a combinare alla perfezione un vocal magico, incastrato tra un pad e un pianoforte delicatissimi, con la furia di un basso rotolante che più psy non si può, e un groove minimale che ricorda vagamente lo stile del nostro Alex Di Stefano, di cui Psymon (un soprannome che è tutto un programma) è fan dichiarato. Il risultato è che “Dissolve” sembra essere il follow up non dichiarato di un altro capolavoro Pattersoniano, “The One”. Se poi, una cosa del genere, la dai in mano a Freedom Fighters per un remix.
[title subtitle=”John Askew – Returns to the Dark Again (Discover Dark)”][/title]
Un grande mago circondato dai suoi apprendisti stregoni. E’ questa l’idea che nasce al primo approccio con l’album “Returns to the Dark Again”: quattro grandi chicche dell’inglese John Askew, remixate da talentuosi dj emergenti, fra i quali spiccano anche i due vincitori dell’ultima Australian Remix Competition voluta dallo stesso Askew. Ognuno con caratteristiche e “poteri” differenti gli stregoni che compongono questa setta capace di dare alla luce un EP che pare essere stato forgiato nell’oscurità degli inferi. Harmonic Rush è “l’Alchimista”: la sua versione psy-trance di “Giving You Acid” conferma che tutto ciò che passa sotto le sue mani diventa oro. La sua produzione fa fede al titolo del brano, regalandoci una pioggia di synth distorti, acidissimi. Il suo stile si può riassumere in tre aggettivi: esplosivo, martellante e inarrestabile. Sarà capace di raggiungere rapidamente la cima dei più grandi e di tener loro testa. Vlind è “lo Sciamano”: il suo è un vero e proprio viaggio a metà tra l’inferno e il paradiso. La sua “Fade To Black” unisce l’uplifting ad un groove potente. Nel suo paiolo mescola synth psy e toni acidi alle delicate voci femminili che si levano nello stacco melodico. Amir Hussain è “l’Escapologo”: capace di liberarsi dalle costrizioni ritmiche proprie del genere, per “Z List Uber Star” prende in prestito le tipiche cadenze del breakbeat, rendendoci impossibile tenere i piedi incollati a terra. Sensualise è “il Nero”: si muove nel buio ed è avvolto da un alone di mistero. I sample di voce sono il fulcro di “The Witch”; il vocal principale sembra essere frutto del classico trucchetto alla Askew: ripescare dialoghi di vecchi film e contestualizzarli per inserirli in una produzione. Quelli secondari, invece, assumono una connotazione quasi grottesca. Serjan è “il Bianco”: nettamente opposta alla versione di Sensualise, questa “The Witch” si avvicina ad una dreaming dimension soprattutto per il dolce suono del sonaglio a vento. L’atmosfera magica va però in frantumi, rotta da un prepotente snare che si scaglia come lanciato direttamente dalla punta di una bacchetta magica.
[title subtitle=”Sander van Doorn – Get Enough (Doorn)”][/title]
Questa è esattamente una di quelle cose che non ti aspetti. Non stai neanche a sprecarci delle fantasie, tanto appare remota la possibilità. Ti metti il cuore in pace: Sander van Doorn è uno dei tanti bravi produttori risucchiato, senza opporre più di tanta resistenza, nel vortice della pro-gressive big room, quella talmente tutta uguale, che dopo averci stomacato per un breve periodo iniziale, ora ci lascia del tutto indifferenti, noncuranti della sua esistenza. Indifferenti a tal punto che quando appare su Soundcloud la preview del nuovo singolo, in uscita il 28 Luglio sulla sua Doorn (che ovviamente si è trascinato nel vortice di cui sopra), siamo indecisi se premere play o continuare a scorrere l’homepage. Ma alla fine la curiosità vince sull’istinto di conservazione, ed è a quel punto che arrivano la sorprese migliori… Niente a che vedere con il Sander van Doorn a cui ci siamo abituati negli ultimi tre, quattro anni, ma soprattutto niente a che vedere con la cosiddetta EDM. “Get Enough” è un techno-ibrido con un groove trainante, un vocal ipnotico, un build up strepitoso e suoni decisamente originali. Con una manciata di bpm in più, sarebbe una bomba tech trance, ma va (molto) bene anche così, è già più che sufficiente per far gridare al miracolo e sperare nel “ritorno” (leggere i commenti su SoundCloud per credere!). I tempi di “Riff” e “The Bass”, ora, sembrano un po’ meno lontani.
https://soundcloud.com/sandervandoorn/sander-van-doorn-get-enough-available-july-28
[title subtitle=”Sneijder & Bryan Kearney – Next Level (Subculture)”][/title]
John O’ Callaghan, ce l’ha confidato lui stesso, è nato artisticamente con la BXR, storica etichetta italiana, che a cavallo tra i ’90 e i primi 2000 ha portato il Bel Paese ad essere una delle avanguardie più apprezzate a livello mondiale nel campo della musica elettronica. Conoscendo questo suo, chiamiamolo “primo amore”, ma anche la sua pressoché totale incapacità di esternare le emozioni, possiamo tranquillamente ammettere che avremmo pagato, pur di vedere la sua reazione nel momento in cui ha ricevuto la demo di “Next Level” dalla premiata ditta Kearney – Sneijder. Un riff acido, un parlato perso nel ri-verbero, e fin lì sembrerebbe un disco tech trance come altri. Ma poi quel basso in levare e quel break, che sembrano usciti da un vinile di Mauro Picotto o di Mario Più, ti rapiscono e ti portano indietro di quindici anni. Ai più nostalgici, scommettiamo, sarà scesa una lacrima, ed è molto probabile che John sia tra questi. Un passato che non è mai passato del tutto, si propone, ancora una volta come chiave di innovazione per il suono del futuro: in casa Subculture sembrano non aver dimenticato da dove veniamo.
[title subtitle=”Indecent Noise – The Darker The Better (Unreleased)”][/title]
Non poteva scegliere nome d’arte più appropriato Aleksander Stawierej, quando ha deciso che tutti l’avrebbero conosciuto come Indecent Noise ci ha messo la firma: le sue produzioni sono infatti degne dello pseudonimo che porta. Anche la sua ultima “The Darker The Better” non è da meno, all’ascolto vi consigliamo di indossare scarpe comode perché non si riesce a non ballare. Suoni in continuo levare accompagnano la cassa, disponendosi tutti intorno ad essa e miscelandosi tra loro in maniera impeccabile. Nonostante la grande densità di sonorità, nulla si maschera, ma a turno ogni elemento trova il suo spazio, arrivando dritto all’orecchio dell’ascoltatore. Tutto ciò denota importanti skill del produttore polacco nella fase di missaggio. E’ un continuo aprirsi e chiudersi di cutoff, uno sviluppo di suoni rimbalzanti, quasi spastici, capaci di mandarti fuori di testa. Alla comparsa del break l’atmosfera non cambia: i sample di voce irrompono vorticosamente in questa bufera sonora, arricchendola di solennità faraonica. La piccola pausa dopo il drop è un presagio, tutto si fa ancora più cupo, il kick conquista la scena uscendo dritto … drittissimo.
https://www.youtube.com/watch?v=kJMleFFlTTk