Amsterdam (ed i Paesi Bassi in generale) sono una della più grandi focene di feste e festival che il nord dell’Europa possa offrire. Ogni weekend sui siti locali ed internazionali sono pubblicati una moltitudine di eventi di ogni genere. Tutto ciò che dovete fare è scegliere ed incrociare tutte le dita che avete in corpo. Come mai cotanta scaramanzia? Già di suo in Olanda il tempo è quello che è, fa costantemente freddo e, cosa ancora peggiore, piove davvero sempre. Quando, come quest’anno, anche nei nostri lidi a metà maggio si gira ancora con giaccone ed ombrello in mano, si rischia davvero di rischiare un travaso di bile. La stagione su di là non fa differenza, nel corso degli anni mi è capitato di prendere 12 ore consecutive di secchiate in testa immerso nel fango anche a Ferragosto. Con i festival nordici è sempre un terno al lotto, ed anche i tanto decantati siti di meteo, che dovrebbero capirci qualcosa più dei comuni mortali, risultano essere imprevedibilmente smentiti e ri-smentiti dagli eventi anche a pochissime ore di distanza. Insomma, credo di aver reso l’idea: quando ci si appresta a compiere un viaggio del genere si ha sempre quell’ansia di beccare il tempaccio che non abbandona l’animo fino a che non arriva il momento di andare alla festa. Questo weekend – ovviamente – non ha fatto eccezione.
Ero ad Amsterdam fin da giovedì e mi ero già quasi rassegnato, dopo due giorni quasi continui di intemperie varie, a fare l’ennesimo festival annacquato. La mattina della festa però, nonostante il freddo cane, il cielo sembra avaro di lacrime ed una tenue speranza comincia ad insinuarsi in me. Considerata la posizione apparentemente centrale e favorevole della Java Eiland, piccolo isolotto situato vicino alla Stazione Centrale, io e il mio compagno di viaggio decidiamo di farcela a piedi dal nostro appartamento. Le distanze non proprio così brevi e il ventaccio che tira ci fanno un pò pentire della scelta ma nel giro di una mezz’oretta siamo sul ponte che porta all’ingresso del festival.
Il primo impatto è molto positivo: il Main Stage è decisamente imponente (ricorda vagamente quello del Tomorrowland di qualche anno fa) e la tech house di Riva Starr considerato tutto non è neanche malaccio. Dopo aver ballicchiato un pò all’aperto, complice anche il freddo, decidiamo di fare un giro alla ricerca dei climi più miti che i tendoni deep e techno (già belli pieni) potranno offrirci. Essenzialmente le due strutture sono situate una accanto all’altra, col risultato che stando fuori non si capisce niente e quindi si è obbligati ad affollare l’interno di una delle due per sentire qualcosa di sensato. Optiamo per la tenda deep dove Tensnake prima e Dyed Soundorom poi, snocciolano un groove lento ma accogliente che ci fa sentire da subito coccolati come in un grembo materno. La presenza quasi imbarazzante di belle signorine e un impianto audio degno di questo nome fanno il resto.
Ci lasciamo trasportare fino a che l’orologio non scandisce le 17.45, ora in cui le lancette torneranno indietro di 25 anni e ci riporteranno nella Detroit rivoluzionaria (c’è da dire che come freddo sembrava già di esserci) grazie al sublime live degli Inner City. All’anagrafe Kevin Saunderson, sua moglie Ann e Shanna Jackson, il trio si presenta accolto in maniera un pò freddina dal pubblico, che non è esattamente quello del Sònar (del resto li hanno incastrati tra Riva Starr e Sander Kleinenberg, non proprio ciò che ti aspetteresti in un palco dove suonano certi nomi). Fortunatamente una delle qualità che rendono la musica qualcosa di straordinario è che essa riesce ad essere democratica e quindi alla portata di tutti. Bastano un paio di tracce e la folla è conquistata, al punto tale che quando arrivano “Big Fun” e “Good Life” a chiudere la mezz’oretta di show, vengono addirittura accolte con boati degni di uno stadio. Direi che il titolo di queste due tracce possa descrivere al meglio ciò che è stato questo live. Presa a bene e tanto tanto divertimento. Una volta concluso lo show, è direttamente The Elevator of Techno in solitaria a condurre il gioco per i restanti 60 minuti. Niente compromessi, solo tanta buona Detroit techno a sancire un legame ormai indissolubile con la pista del festival.
Dopo un pò decidiamo che è ora di tornare (definitivamente) a fare back-to-back fra i due tendoni per il resto della serata. La prima tappa è dedicata a Deetron, che troviamo però alla presa con qualche problemino con il suo setup e perciò un pò stizzito, cosa che si riversa di conseguenza nel suo set offrendo una prestazione che, abituati alla sua tecnica e selezione molto dinamiche, lascia un pò di amaro in bocca. Non ci lasciamo scoraggiare e, dopo l’ennesimo giretto al bar e al bagno (gestiti entrambi da dio, come sempre da queste parti) ci lanciamo nel tendone techno a sentire Technasia. Ce ne sarebbero di cose da dire su di lui, molti dei suoi fan più accaniti ancora non hanno digerito il suo ingresso nel roster Cadenza ed in effetti il suo suono negli ultimi tempi si è in parte adagiato su bpm più contenuti e sonorità meno asettiche rispetto al passato. Ma ragazzi, di fronte all’ora e mezza sentita sabato, io alzo le mani. Ci ha fatto semplicemente volare per tutto il tempo, una ripartenza dietro l’altra come se non ci fosse un domani. Sicuramente il set migliore della giornata e, per quanto mi riguarda, uno dei più interessanti sentiti nell’ultimo periodo. Niente di eccezionalmente pretenzioso o ricercato sia chiaro, ma se, come è giusto che sia, l’obbiettivo di un dj è quello di far ballare chi gli si para davanti, il francese ci è riuscito nel migliore dei modi senza mai perdere la pista manco per mezzo secondo.
L’ultimo spot della serata decidiamo di dedicarlo ad un dei miei americani preferiti: Dennis Ferrer. Dopo essere stato negli anni 2000 uno dei signori incontrastati della house music newyorkese, nell’ultimo periodo è salito alla ribalta mediatica per alcuni singoli un pò più commercialotti ma nella maggior parte dei casi dei veri spaccapista. Personalmente lo adoro anche e soprattutto per il suo atteggiamento scatenato, per il suo modo di ballare ed il grande coinvolgimento che riesce a trasmettere ad ogni sua esibizione. Nel 2009, in mezzo al caldo torrido del Club Home, proprio ad Amsterdam, mi regalò una notte memorabile e quindi gode di un discreto credito nei miei confronti quando suona in questi lidi. Ci fiondiamo sotto la consolle e il ragazzone non le manda a dire proprio per niente. Tanta buona musica e danze scatenate fino a che non è ora di tornare al freddo e alle nostre rispettive casette, mentre i fuochi d’artificio chiudono la serata nel Main Stage. Il fiume di gente che affolla il festival è ancora notevole e quindi ci mettiamo un pò a trovare un taxi che ci riporti in centro.
Devo dirlo, non avevo grandissime pretese da questo evento, un pò per il già citato clima e anche in parte per una situazione che non riuscivo bene ad inquadrare, sia a livello di gente che di proposta musicale. Le mie sensazioni postume sono invece più che positive, quasi sorprendenti. Certo, un pò di sole e 10 gradi in più avrebbero sicuramente reso il tutto più affascinante, ma considerato tutto non posso fare altro che consigliare questa festa, magari a quelle persone che ancora non sono totalmente innamorate del genere. Diciamo che potrebbe essere un buon compromesso fra un festival commerciale ed uno più ricercato, un buon connubio per attrarre magari qualche nuovo adepto nel giro, ovviamente dopo avergli insegnato ad incrociare le dita e a non fidarsi delle previsioni del tempo.