Sapreste descrivere il Paradiso? Riuscireste ad associarlo a qualcosa di tangibile o a collocarlo nel tempo e nello spazio? Per quelli che assumono musica 24/7, che vivono d’istinto e di sensazioni e che dopo anni di battaglie sanno ancora stupirsi ed emozionarsi come la prima volta, la cosa in Terra che più si avvicina al concetto di Paradiso è quella sensazione di assoluta empatia tra le persone, la musica e la venue in cui di tanto in tanto capita ancora di imbattersi in giro per serate e festival. Se ciò oggi è possibile è anche grazie a chi ha tracciato la strada della club culture, cambiando per sempre il mondo dell’intrattenimento notturno offrendo ai suoi visitatori la propria visione del Paradiso. Persone come Larry Levan.
Larry è stato più di un semplice dj. E’ stato un sognatore, un predicatore, un padrone di casa, un amico, un amante, un punto di riferimento, un bagliore di luce abbagliante e meravigliosa spentosi troppo, troppo in fretta per colpa di un modo di vivere esaltante quanto esacerbante. Il Paradise Garage è stata la sua creatura: un inestimabile valore aggiunto per il mondo della musica, ma soprattutto un viatico per trasmettere ai fortunati testimoni parte della sua straordinaria energia vitale. Una personalissima visione del Paradiso creata, coccolata e resa mitica fino al giorno in cui il sogno si è infranto contro il muro del cambiamento e dell’AIDS, che si è portata via il suo socio Michael Brody e molti di coloro che hanno reso il Garage una vera e propria famiglia.
Per celebrare la giornata mondiale contro l’AIDS lo scorso 30 Novembre il celeberrimo Ministry Of Sound di Londra, il cui proprietario Justin Berkmann ha deliberatamente dichiarato di aver tratto ispirazione per l’apertura del club proprio grazie alle lunghe notti passate al Paradise Garage, ha organizzato una reunion invitando alcuni dei migliori artisti che sono passati dalle mura dell’84 di King Street (tra cui Danny Krivit, Kenny Carpenter, Jocelyn Brown, David DePino, Joey Llanos e Victor Rosado) per una raccolta di fondi e un’occasione preziosa di ricordare i tanti amici che sono mancati nel corso degli anni, provando a riportare in vita (almeno per qualche ora) l’atmosfera di festa e spensieratezza che pervadeva il Garage durante la sua decade dorata.
Appena saputo della festa, non ci abbiamo pensato nemmeno mezzo secondo e siamo andati a prenotarci i voli per la perfida Albione. Per chi, come noi, vive nel mito di ciò che è stata la New York di quegli anni, esserci contava più di ogni altra cosa. Vi lasciamo immaginare la nostra espressione quando ci è stato proposto di fare anche due chiacchiere con alcuni degli artisti. Ci siamo resi conto di cosa ci stesse accadendo solo quando era tutto finito ed ora che questa intervista multipla è nero su bianco non possiamo più nascondervelo, siamo emozionati come bambini e molto fieri nel proporvela.
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[tab title=”Italiano”]Come e quando sei venuto in contatto per la prima volta con il Paradise Garage?
Danny Krivit: Nel bel mezzo degli anni Settanta, come dj, facevo più volte a settimana un salto dai principali produttori di dischi della città. E al tempo ce n’erano parecchi. Conoscevo bene Mel Cheren della Shyrlden Records, che avrebbe poi aperto la West End. Al tempo aveva un ufficio gigantesco, come quello di un produttore cinematografico, con la scrivania rialzata sul fondo della stanza. Mi parlava sempre di quante idee aveva per le release future, di quanti grandi artisti avrebbe avuto alla sua corte e che avrebbe voluto investire in un nuovo club (di cui non mi disse il nome), creato alla perfezione, con un dj favoloso (non mi disse nemmeno quello ovviamente), con il miglior impianto audio possibile e che facesse da vetrina per tutte le loro nuove produzioni. Inutile dire che il club era il Paradise Garage. Dopo di che passò del tempo e la cosa mi scivolò via di mente, ma mesi dopo un amico di nome Jose Bonilla (con cui suonavo da Trude Heller) mi chiese se volevo unirmi a lui ed andare ad uno dei party organizzati al Garage durante la sua costruzione. Risposi che sarei andato volentieri, ma che avevo sentito in giro che si trattasse di feste private e chiesi come avrei fatto ad entrare. Lui mi rispose che la mia membership card di “For The Record” (un pool di distribuzione di dischi per dj, metodo molto utilizzato nella NY degli anni d’oro per far girare i promo, ndr) sarebbe stata sufficiente, in quanto anche Larry Levan era nello stesso pool. E io non ne sapevo nulla? Allora andiamo! Prima di recarci alla festa ci mangiammo un bel brownie all’hashish e via! In occasione dei primi party veniva utilizzata una sala minore invece che quella principale e quando entrammo era tutto completamente imballato di gente e faceva un caldo infernale. C’erano solo quattro pile di casse che, vi assicuro, al tempo sembravano una cosa pazzesca e poi c’erano una palla stroboscopica e qualche luce colorata appese sul soffitto. La sensazione era di un ambiente molto essenziale, senza troppi fronzoli. Ricordo che le prime tre tracce che suonarono furono “Master Booty” dei The Fatback Band, l’intermezzo di “Love Express” della Michael Zager Band e “Galaxy” dei WAR. Suonavano in una maniera incredibile! Adoravo quei pezzi, ma non credevo che sarei mai riuscito ad uscire di casa a e sentirli dentro ad un club in quel modo. Ricordo che eravamo in piedi contro il muro vicino alla consolle e dissi a Jose “Spostiamoci un attimo che mi sta gocciolando il condizionatore dell’aria addosso.” Lui mi guardò, scoppiò a ridere e rispose “Quale condizionatore??? E’ semplicemente il sudore condensato che cade dal soffitto per il caldo! Mi sa che ti è salito il brownie!”.
Jocelyn Brown: La prima volta che sono stata al Garage è stato nel 1980 quando mi sono esibita con gli Inner Life.
David DePino: A dire la verità fui quello che trovò lo spazio dove nacque poi il locale. Al tempo io e Larry eravamo diventati amici tramite un mio amico di nome Mario, che era un dj innamorato del suo stile. Gli parlai di questo club chiamato Chamaeleon in King Street che era stato chiuso tempo prima, così Larry e Michael (Brody, il fondatore del club, ndr) andarono a vederlo e ne rimasero colpiti. Il resto, come si dice, è storia.
Victor Rosado: La prima volta che andai al Paradise Garage avevo circa 16-17 anni. Andai giù a King Street per i fatti miei, era inverno ma non faceva troppo freddo. Bazzicai in giro salutando a caso un po’ di gente che entrava e usciva, sperando che qualcuno mi chiedesse se volevo unirmi come ospite, ma non successe nulla, finché un ragazzo di nome Rodney attaccò bottone chiedendomi come mai ero lì tutto solo. Restammo per tre lunghe ore a parlare del più e del meno alla stazione dei treni che c’era alla fine dell’isolato. Dopo di che mi chiese se volessi entrare nel locale come suo ospite e io ovviamente non ebbi nessuna intenzione di rifiutare. Perciò entrai e quello fu come l’inizio di una nuova vita per me.
Qual è stata la tua primissima impressione riguardo al club e alla sua atmosfera?
Danny Krivit: La mia prima impressione è stata, come ti dicevo prima, quella che il tutto fosse molto spoglio, senza troppi ghingheri. L’atmosfera non proveniva da distrazioni esterne ma era tutto concentrato sulla musica.
Jocelyn Brown: Era semplicemente uno dei locali più grandi e magnifici in cui mi fossi esibita fino a quel momento.
David DePino: Be’, come detto, l’ho visto durante la sua creazione partendo da zero, quindi ne ho amato ogni aspetto dall’inizio alla fine.
Victor Rosado: Appena ho varcato quella che era nell’effettivo la serranda di un garage, che dava a sua volta su un portone ancora più grande di fronte alla facciata di un palazzo, sono arrivato in questo grosso spiazzo che sembrava un’area di parcheggio per camion. Nel mentre però avevo iniziato a sentire echeggiare la musica in lontananza, perciò mi è venuto istintivamente da sorridere. Ci siamo fatti strada fino ad una cabina in fondo a sinistra dove c’era seduta una persona che si occupava di ritirare i soldi del biglietto e ovviamente si premuniva di chiederci le card o di dirgli chi eravamo ospiti. Una volta girato l’angolo c’era da salire una rampa, illuminata ai lati come una pista dell’aeroporto, con i bassi che nel mentre facevano vibrare le pareti e lungo la quale c’era un sacco di gente che usciva a turno per prendere una boccata d’aria. Una volta arrivati in cima ad attenderci c’erano due porte, dove ci hanno preso il biglietto e ci hanno timbrato la mano. L’adrenalina mi scorreva a cento all’ora nelle vene, non riuscivo più a resistere all’idea di arrivare in pista in presenza della musica e del suo maestro Larry Levan.
Che ruoli hai ricoperto al Garage nel corso degli anni?
Danny Krivit: Sono stato un frequentatore assiduo per oltre dieci anni e mi sento davvero privilegiato ad aver potuto anche suonarci parecchie volte. Ero amico intimo di Larry e membro integrante di una comunità molto unita.
Jocelyn Brown: Mi ci sono esibita come artista parecchie volte nel corso degli anni.
David DePino: All’inizio ho lavorato all’ingresso della consolle come addetto alla sicurezza, dopo di che ho fatto il portaborse di Larry e mi sono occupato anche dei video. Infine ho iniziato ad aprire i suoi set come resident. Mi sono occupato di tutto negli anni, persino di decorare il club durante le feste.
Victor Rosado: Il mio unico compito al Garage era quello di essere amico di Larry e di ballare senza sosta. Tutto quello che sono diventato in seguito è accaduto dopo la fine del ciclo di vita del locale. Ma essere suo amico era la cosa che più contava per me. Riusciva a comunicare con gli altri tramite la sua musica, come se sapesse rivolgersi individualmente ad ognuno dei presenti sul dancefloor.
Quali sono i ricordi più piacevoli associati alla tua esperienza là dentro?
Danny Krivit: Dieci anni, sarebbero davvero troppi! Molto spesso, Larry proponeva alcune delle migliori tracce ben prima che fossero rilasciate. Quando “I hear music in the street” degli Unlimited Touch e “Let’s do it” dei Conversion furono sul mercato, Larry le aveva già suonate dai sei agli otto mesi prima. Al tempo pezzi come quelli ci sembravano così clamorosamente speciali. Ricordo che al tempo pensavo quanto fosse importante per me frequentare il Garage, proprio per la possibilità di ascoltare cose di quel genere. E mi è successo con tantissime tracce simili. Un altro ricordo meraviglioso è che mi capitava di pattinare per il locale in pieno giorno mentre Larry metteva i dischi esclusivamente per me. Ovviamente non posso tralasciare i ricordi legati a quando ci ho suonato. Davvero, porto con me un sacco di reminiscenze incredibili.
Jocelyn Brown: Il ricordo migliore erano i dj che mixavano. Oggi sembra scontato, ma al tempo era una delle cose più dinamiche ed incredibili a cui si potesse assistere!
David DePino: Ogni singolo giorno, dal primissimo all’ultimissimo.
Victor Rosado: Di momenti indimenticabili ce ne sarebbero tantissimi, ma posso dirti (così ti rispondo in anticipo anche alla prossima domanda, ndr) che non ho mai avuto un ricordo negativo o una serata storta al Garage. Certo, qualche volta la situazione era meno “carica” rispetto ad altre, ma c’era sempre qualcosa che andava a compensare la mancanza. In fin dei conti è stata davvero una grande esperienza.
E invece non c’è per caso qualche brutto ricordo che vorreste condividere?
Danny Krivit: Ricordo di una volta in cui ero di sotto a farmi controllare la tessera e ho sentito degli spari provenire da sopra e ho scoperto che il cassiere era stato derubato.
Jocelyn Brown: Senza dubbio il momento in cui molti frequentatori del Garage si sono ammalati di AIDS e la susseguente chiusura del locale.
David DePino: Per me non ci sono ricordi negativi, anzi se potessi tornare indietro nel tempo anche per un solo giorno lo farei seduta stante.
Quali sono state le tracce davvero indimenticabili che hai sentito là dentro?
Danny Krivit: Partendo dal presupposto che tutto suonava da dio fra quelle quattro mura, la lista sarebbe davvero sopra il migliaio. Sicuramente un sacco di remix di Larry farebbero parte di quell’elenco ed uno in particolare sarebbe quello di “Warm Leatheret” di Grance Jones, realizzato in collaborazione con Francois K. Davvero emozionante.
Jocelyn Brown: “Right on time” dei Black Box, “Found a cure” di Ashford & Simpson e “Love to love you baby” di Donna Summer sono quelli che ricordo con maggior piacere. Ovviamente parliamo dei remix.
David DePino: Ancora una volta mi tocca dirti che mi piaceva tutto. Larry ed io avevamo gusti musicali molto simili e lo stile con cui riusciva a far suonare i dischi in modo che raccontassero una storia che partiva dall’inizio della serata fino alla sua conclusione era qualcosa di davvero magico.
Victor Rosado: “Love is the message” degli MFSB, “Standing in the rain” di Don Ray, “I’m the one” delle Little Sisters, “Walking on sunshine” di Eddy Grant, “One day of peace” dei Love Committee, “Don’t make me wait” dei Peech Boys, “Nobody’s business” di Billie, “City country city” dei WAR, “Give it up turn it close” di James Brown e ancora tante altre.
Inutile ribadire quanto Larry Levan sia stata senza dubbio la figura di riferimento intorno a cui ha gravitato la storia del club e le sue diverse fasi. Qual è il tuo ricordo legato a lui?
Danny Krivit: Prima di tutto era un mio caro amico. Era una persona molto umorale e come dj, al di là delle chiare doti tecniche, era molto intuitivo e riusciva davvero a cogliere i desideri della gente. Viveva molto in balia del momento, non preparava granchè. Non dava l’idea di aver in mente come strutturare la scelta musicale per la serata, ma il risultato era sempre e comunque migliore di quanto probabilmente sarebbe stato anche se si fosse organizzato in anticipo. Poteva vantare una personalità molto spiccata, si poteva percepire la sua presenza quando entrava in sala e quando metteva il primo disco. Era come se gli trasmettesse la sua energia facendolo suonare in maniera differente ma allo stesso tempo migliore.
Jocelyn Brown: Quando Larry iniziava a suonare andavamo letteralmente fuori di testa. E poi guardarlo mixare era una cosa pazzesca!
David DePino: Era molto creativo. Era un po’ infantile, ma in modo positivo. E poi era innamorato di ciò che faceva e cavolo se lo faceva bene! Inoltre aveva una grande tecnica, infatti sapeva come far suonare i suoi dischi e come diffonderli a dovere per tutta la sala.
Victor Rosado: Era simpatico, era molto serio riguardo il suo mestiere, era affettuoso, era amabile e diamine se gli piaceva mangiare!
Durante quel fortunato periodo le droghe sono state un vettore universalmente riconosciuto all’interno della musica elettronica e non solo. Qual è la tua opinione a riguardo?
Danny Krivit: Le droghe sono state un fattore rilevante durante gli anni ’70, ovunque ma specialmente nell’industria musicale. Anche oggi sono ovviamente presenti, ma per chi segue la musica che si suonava al tempo al Paradise Garage la situazione si è molto attenuata.
Jocelyn Brown: Al tempo era semplicemente parte del percorso. Il flower power, l’amore libero, cose così! Ognuno sceglieva ciò che lo faceva stare bene e la vita faceva il suo corso. Per me la scelta è ricaduta sulla musica e va bene così.
David DePino: Quando sei giovane e sei parte della club scene le droghe diventano parte del tuo mondo, specialmente in un club dove non si possono servire alcolici e dove si fa quel che si può per sopravvivere alla notte.
Victor Rosado: Credo che il problema non sia la droga in se, ma il fatto che storicamente ci sia sempre stata una diversa considerazione fra le persone “normali” che ne facevano uso (e che venivano viste come reietti) e le star dello spettacolo che al massimo prendevano uno schiaffetto sulle mani dai loro amici e continuavano sulla loro strada come se niente fosse. Credo semplicemente che certe forme d’arte siano anche complementari ad alcuni lati oscuri che possono prendere il controllo delle nostre esistenze ed aprirci nuove porte. E ci sono delle persone che se ne fregano dei rischi e queste porte decidono di aprirle ed altre che invece preferiscono non farlo senza sapere che non potranno mai raggiungere quegli angoli della loro mente che solo certe cose riescono a spalancare. Ovviamente tutto ciò ha però delle conseguenze a lungo termine con cui bisognerà poi fare i conti.
Anche l’AIDS (purtroppo) ha avuto un ruolo da protagonista nella club scene di quegli anni. E’ qualcosa che, anche solo marginalmente, ha sfiorato la vostra pelle? Ci sono state delle persone a voi care che hanno dovuto fare i conti con questo male terribile?
Danny Krivit: Fortunatamente nessuno della mia famiglia è stato coinvolto, ma ho perso un sacco di amici strettissimi durante gli anni ’80 a causa sua.
Jocelyn Brown: Si, ho perso un sacco di persone meravigliose.
David DePino: L’AIDS ha colpito New York alla fine dell’epopea del Garage, ma inizialmente si è sviluppata maggiormente sulla costa Ovest, a Los Angeles e San Francisco in particolare. E purtroppo si, mi ha toccato in maniera determinante e, ad oggi, ho perso praticamente ogni singolo amico che avevo all’epoca. Parliamo di circa quarantacinque persone negli ultimi trent’anni. Ed è proprio per questo motivo che ho deciso di partecipare a questa festa in collaborazione col Ministry Of Sound.
Victor Rosado: Già, mi ha colpito da molto vicino. La malattia si è portata via il mio migliore amico e questa cosa mi tormenta ancora oggi. Ho perso anche uno zio ed alcuni cugini e ancora oggi alcuni amici che erano sopravvissuti all’epoca stanno pian piano morendo. La mia vita è stata ed è ancora toccata da questa terribile malattia.
Credi che l’atmosfera che si era creata dentro al Garage durante quel fortunato lasso di tempo sia qualcosa di idealmente irripetibile ai giorni nostri?
Danny Krivit: Non è qualcosa di totalmente impossibile, ma mi sembra davvero dura. Il mercato immobiliare è in continuo mutamento ed è molto più difficile avviare un club. Poi ci sono i social media, i telefoni cellulari e l’incredibilmente breve attenzione da parte della gente. Al tempo l’industria musicale recitava un ruolo fondamentale nel tenere tutti al passo coi tempi. Oggi il tutto risulta molto più frammentato e mutabile.
Jocelyn Brown: L’unico modo in cui tutto ciò si potrebbe ripetere è se la grande famiglia del Garage di quel tempo decidesse di rimettersi insieme. Sfortunatamente troppe persone che ne facevano davvero parte sono passate a miglior vita.
David DePino: Si, oggi mi fa tutto schifo. Ecco perché mi sono ritirato. Ora è tutto legato ai soldi, ai tavoli con bottiglia, agli alcolici e alla fama del club. Il concetto di party è diventato qualcosa di secondario. E’ per questo che mi piace il Ministry Of Sound, perché mantiene ancora viva l’importanza della festa prima di tutto.
Victor Rosado: C’è stato un tempo e un luogo, c’è stata la musica e ci sono state le persone. E questo è un fatto. Ma prima di Larry ci sono stati altri che hanno asfaltato la strada per far si che lui potesse trasformare la sua visione in musica. Perciò credo che sia qualcosa di ottenibile, il problema è che oggi non ci sono più gli stessi gruppi di persone focalizzate sullo stesso obbiettivo come allora. E poi al tempo era tutto nuovo e stimolante, era uno stile di vita. Oggi ai club interessa solo fare buoni incassi al bar e spesso i dj non fanno neanche più la differenza per loro. Credo che tutto potrebbe cambiare solo se la gente tornasse a fare questo mestiere per ragioni etiche e legate alla passione e non semplicemente in nome dell’onnipotente dollaro.
Nel corso degli anni qual è stato il pensiero più bello riguardo il Paradise Garage che hai sentito esprimere da qualcun altro?
Danny Krivit: Ricordo di qualcuno che diceva che Larry a volte ritardava l’apertura delle porte per tirare giù la palla stroboscopica e lucidarla a dovere. Ma credo che i migliori pensieri a riguardo siano quelli che porto dentro di me.
Jocelyn Brown: Dicevano che quando arrivavi lì era semplicemente ora di ballarti via di dosso tutte le preoccupazioni e di vivere in un’atmosfera libertina e stupenda, cercando semplicemente di divertirti il più possibile.
David DePino: Una volta ho sentito alcune persone dire che andare al Garage ogni weekend era il loro lavoro. Erano praticamente obbligati a farlo!
Victor Rosado: Era la felicità fatta posto. Tutti lasciavano i loro problemi a casa e venivano a ricevere l’amore dei loro amici, della musica e di Larry. Eravamo davvero una famiglia.[/tab]
[tab title=”English”]How and when did you come in contact with Paradise Garage for the first time?
Danny Krivit: In the mid 70’s as a DJ, several times a week I made my rounds to all the relevant record companies in the city… at that time there was a lot. I had known Mel Cheren from Shyrlden records, but now he had his own new label called West End. When I went up to visit him, he had a big office, like a movie producer, his office was large, & when you entered, his desk was at the far end & elevated. He was telling me of plans for a lot of future releases, & how he was going to have so many great artists, & that he was investing in a new club (no name), a club of perfection, with this fabulous DJ (again no name), the very best sound system, & they were gonna play & push all of these new West End records… the club was Paradise Garage. A little time went by & I had forgotten… then a friend of mine (who I DJ’d with @ Trude Heller’s) Jose Bonilla, asked me if I wanted to go to one of these Garage construction parties. I said sure… but I heard it’s private, how do I get in? He said “your membership card to ‘For The Record’ record pool gets you in. Since Larry Levan is in our pool… we all get in free… you didn’t know?” I said no I didn’t, but yes, I would love to go. We dad eaten a hash brownie before we went. For the construction parties they were using a smaller room as the main room, & when we walked in it was completely packed & incredibly hot. There were just 4 large stacks of speakers then, & at the time, seemed gigantic. There was a mirror ball & just a few colored lights in the ceiling, felt extremely basic, no frills. I remember the 1st 3 songs I heard were “Master Booty” The Fatback Band, The break from “Love Express” Michael Zager Band, & “Galaxy” WAR. They sounded incredible! I loved these songs, but it was rare to never that I could actually go out & hear them in a happening club. I remembered we were standing near the DJ booth near the wall & I said to Jose “ Let’s move a little, the air conditioner seems to be dripping on me over here “He said WHAT AIR CONDITIONER!” then he broke out laughing & said “that’s sweat dripping from the ceiling, I think maybe your feeling that brownie”
Jocelyn Brown: 1980 is when I came in contact with the Garage performing Inner Life.
David DePino: I was the one who discovered the space. I was friends with Larry through my friend Mario. He was also a DJ who was Larry’s lover at the time. I told him about a club named Chamaeleon that was closed on King Street and Larry and Michael went to see it liked it and the rest is history
Victor Rosado: The first time I went to Paradise Garage was when I was about 16-17 years old. I went down to king street on my own, it was winter but not very cold. I stood around for a while saying hello to people as they came and went to club , hoping that someone would ask me if I wanted to come in as there guest, but it didn’t happen until I met a guy named Rodney and he started to talk to me and sake me why I was there alone. We hit it off and hung out for about 3 hours talking outside and in the train station which was at the corner end of the block king street. Then he said do you want to come in as my guest? And I surely wasn’t going to say no so I went and that was the beginning of a new life for me.
What was your first impression about the venue and the atmosphere?
Danny Krivit: My first impression was that I felt it was striking basic, no frills… the focus was on the music. The atmosphere… no distractions… all about the music.
Jocelyn Brown: It was one of the most exciting and hugest venues I had ever played in.
David DePino: Well, I saw it being built from scratch so I loved every step of it along the way.
Victor Rosado: As I stepped thru what was a garage door opening in a even bigger door at the front of the building I came to a vast open area in what looked like a parking space for trucks but in the distance i heard the thumping of music, so I smiled. Then we made our way to a booth at the left end of the space where the sat a man that took your money and also asked who you were with that night, past this corner was a ramp with airport lights flashing and the bass trembling the walls with the gigantic exhaust fans that would turn on periodically to exchange the air in the dance room. When you arrived at the top of the ramp there were 2 doors that opened and they took your tickets and stamped your hand. My adrenalin was rushing, i could wait till i could be on the floor in the presence of the music and the master Larry Levan.
Which roles have you had at the Paradise Garage?
Danny Krivit: I was a regular for it’s 10 year + run, I feel very fortunate to have DJ’d several times at the Garage. I was a close friend of Larry’s & part of a tight community.
Jocelyn Brown: I’ve been a performing artist in there.
David DePino: At first I worked the door to the DJ booth as security then I was Larry’s Record boy and did the videos then I became a DJ opening for Larry. I was involved with everything even decorating the club for the holidays
Victor Rosado: My only role at the garage was to be a friend to Larry and dance, everything else came afterwards towards the end of the clubs life span. But being his friend was the most important to me, he talked to me thru the music, as if he knew what would touch very individual person on his dancefloor.
What are your best memories in there?
Danny Krivit: 10 years… sooo many! Often, Larry would get some of the very best music exclusively way before it’s release. When “I Hear Music In The Street” Unlimited Touch & “Let’s Do It” Conversion came out, Larry was playing them 6 to 8 months before. At the time, these songs seemed so striking & special. I remember thinking at the time how important it was to go to the Garage… almost specifically to hear those songs. This really happened with many many songs. Important memories would also be roller skating there in the day time while Larry was playing music just for me, & also Djing there… A lot of incredible memories.
Jocelyn Brown: Hearing the DJs doing their mixing! Some of the most dynamic moments to witness.
David DePino: Each and every day from first to last.
Victor Rosado: My best moments, there are way too many to mention but i can say that I never had a bad time at the Garage or a bad experience, some nights it was more on that others with the music but there was always something to compensate the temporary short comings. So in the end tail a great experience.
And, perhaps, are there any bad memories too?
Danny Krivit: Once when I was on the street level waiting for them to check my membership, I heard shots fired, & the cashier at the top of the ramp was being robed.
Jocelyn Brown: When a lot of followers of the Garage had become victims of AIDS and the Garage closed.
David DePino: For me there were no worst, I would go back in time for just one day if I could.
What are the most unforgettable tunes you heard in there?
Danny Krivit: Everything sounded unforgettably incredible there, so the list would be in the 1000’s, a lot of Larry’s RMX’s would be in that group, one in particular would be Larry & Francois K unreleased RMX of Grace Jones’ “Warm Leatheret”. Very striking.
Jocelyn Brown: Right on time, Found a cure, Love to love u baby. All remixes of course.
David DePino: Again, I loved all the music. Larry and I had very similar taste and the way Larry made a record sound the way he told the story with the music from beginning of the night till the end of the night was magic.
Victor Rosado: Love is the message, Don Ray’s “Standing in the rain”, Little Sisters’ “I’m The One”, Eddy Grant’s “Walking on Sunshine”, Love Committee’s “One Day Of Peace”, Peech Boys’ “Don’t make me wait”, Billie’s “Nobody’s Business”, War’s “City Country City”, James Brown’s “Give It Up Turn It Close” and son on and so on!
Larry Levan has surely been the most iconic person down there. What is your memory about him?
Danny Krivit: He was a very good fiend to me. He was very moody. & as a DJ, besides being very skilled, he was very intuitive & really felt his audience. He was very spur of the moment, nothing really planed. It didn’t seem like he had any grand design of how to lay out the night, but afterwords it was better than if he had. He had a very strong personalty, you felt his presence when he walked into a room, & when he played a record… it sounded different because his energy really came through.
Jocelyn Brown: Hearing Larry start the evening out!!! Wooohooo!!! And watching him mix!!!
David DePino: He was very creative… He was very childish in a fun way… And he love what he did and he did it well… And very technical. He knew good sound and the way to make a room sound right
Victor Rosado: He was funny, serious about his craft, warm, loving and damn could he eat!
During that time drugs were a universally recognized vector. What is your thought about that?
Danny Krivit: Drugs were a big part of the 70’s, all over, & especially in the music industry. These days there are still drugs, but a lot less for people that follow music like the music played @ Paradise Garage.
Jocelyn Brown: It was a part of the journey then, flower power, sexual freedom! Folks chose what made them feel good and made their life happen,for me it was the music.
David DePino: When you’re young and you’re in the club scene drugs are a part of life especially in a club that had no liquor you did what you did and you survived.
Victor Rosado: I think the problem isn’t drugs. The problem is there’s a double standard that singles out the everyday people as bad and no good as opposed to the people of super stardom that get a slap on the wrist and well wishes from their peers when they do bad things. I think that certain arts and types of life come with the dark things that can have the ability to command our existence. And there are some people who choose not to pay attention to opening their doors and will never reach the ultimate understanding of something that can open up the one area of your mind that it can only tap in to. But that being said, everything comes with a price.
Even AIDS (unfortunately) had a starring role in the scene of that period. Is it something that, even up close, came close to you, too? Have you had some people near you facing this terrible desease?
Danny Krivit: No family members, but I lose a lot of close friends in the 80’s.
Jocelyn Brown: Yes, I lost some wonderful people.
David DePino: AIDS hit New York at the end of the Garage. It really started on the West Coast: L.A. and San Francisco. Yes, it touched me hard at this time I’ve lost almost every friend I had. 45 friends over 30 years, that’s why I’m doing this party.
Victor Rosado: I have had it hit close to home yes. I lost my best friend to it and it’s still devastating to me. I lost an uncle and some cousins to it as well. I continue to loose friends who have survived and still live with the desease. My life has been touched and continues to be touched by this horrific desease.
Do you think that the atmosphere that you experienced in that fortunate period in the club is something unrepeatable nowdays?
Danny Krivit: Not completely impossible… but just so unlikely… The real estate changes & what it’s done to opening up a club. Cell phones, social media, & peoples incredibly shorter & shorter attention spans. The healthy music industry used to play a big role in keeping everybody on the same page, now it’s so beyond fragmented.
Jocelyn Brown: It can only be repeated with the Garage family from that time comes together!! But unfortunately so many of the real garage folks have crossed over.
David DePino: Yes, I hate it now. That’s why I’m retired. It’s all about making money, bottle service at tables, liquor, the club being famous. The party is secondary… That’s why I like Ministry Of Sound, they care about the party.
Victor Rosado: There was a time, a place, music and people, but before Larry there were people who paved the way for him to experience his vision of what he turned into musically. So yes, I think it can be achieved, but the difference now is that we don’t have a large collective of minds that want the same thing for the same reasons, and back then it was fresh, new and a life style. Nowadays the clubs only want the bar to be successful, the dj often means nothing anymore. I think things can fall into the right place if people believe and do everything for the right reasons, not for the almighty dollar.
What is the best memory you ever heard from someone about Paradise Garage?
Danny Krivit: Maybe things like Larry delaying the opening of the club to take the mirror ball down & polish it, but really all my best memory are my own, first hand.
Jocelyn Brown: That when you got there it was time to dance all your cares away and just be in such a wonderful and free vibe to just enjoy yourself.
David DePino: I once heard someone say going to the garage every weekend was their job. They had to do it…
Victor Rosado: Happiness on the floor, they left all their problems home and came to release and be loved and touched by friends, the music and Larry. It was a family.[/tab]
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