Si chiamano Egyptian Hip Hop. Ora qualcuno mi dirà che sono solo canzonette, che il suono non è maturo. Ma io dentro ci sento tante cose, e mi piacciono tutte. L’impianto generale è una gabbia di elettro-pop che un pò si rifà alla micromusic 8-bit che va tanto adesso, sapete, le vecchie console Nintendo, Pac Man, Super Mario, e tante belle cose. Ma non vi aspettate la solita rimeneggiatura, il ri-impasto che copincolla musichette anni ottanta. Che degli hipster ne abbiamo le tasche piene, per non dire altro. Su questa base che mi fa venire in mente pure le sigle di certe serie della fanciullezza, che ne so Magnum PI per dire, o l’A-Team (a proposito, con recrudescenza sta per tornare la mania visto che in estate esce il film) si innestano, e cito a casaccio NME, i rumori delle strade di Luxor, i clacson, gli autoctoni che cercano di rifilarti orribili souvenir di Tutankhamon, i ninnoli delle egiziane che tintinnano. Eppure, bando agli esotismi, questi quattro tipetti ipertricotici sono manchestieriani doc. Per ora giovani, carini e (dis)occupati (hanno all’attivo solo singoli), ma sono certa non lo resteranno a lungo. Basta sentire Rad Pitt (un nome un programma) per credere. C’è una confusione dentro, loro bianchicci in costume sulla spiaggia a fare i cazzoni, a canticchiare in falsetto e in coro le strofe, dietro l’amichetto che usa la pianola come un giocattolo. Si divertono un mondo, questo si avverte. Ed hanno un immediato effetto contagio. Certo, di strada devono farne, sofisticarsi un po’, magari limare qualche ingenuità con la professionalità. Ma io spero non crescano poi troppo, che i Peter Pan diventati adulti sono estremamente tristi. Intanto è da gennaio che si girano il Regno Unito in lungo e in largo, deliziando gli avventori con le loro sembianze vagamente emo e i loro pezzi ludici. Per chi volesse assistere alla fase pre-adolescenziale degli Egyptian Hip Hop, voci di corridoio li danno in concerto nella capitale, all’Init il 15 aprile. Potrebbe essere un’ottima occasione per divertirsi.
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