Jeff McIlwain è uno che da sempre naviga nella zona di confine tra il pop elettronico e la musica elettronica sperimentale, quella che una volta si chiamava “Leftfield”: potete considerarlo una specie di Royksopp più intellettuale, o di M83 più danzabile. La sua musica parla sia alla mente che al cuore (e in versione live, anche ai piedi), e in pochi sono in grado di creare musica così coinvolgente sia sul piano intellettuale che su quello emotivo; il suo album del 2009, “A certain distance”, è una delle migliori uscite del catalogo ricchissimo di un’etichetta come la Ghostly, e ora, a tre anni di distanza, ha pronto un nuovo album, intitolato “The waiting room”, che si preannuncia bello almeno tanto quanto il precedente.
Sono passati 3 anni dal tuo ultimo album. Cos’hai fatto in questi 3 anni, e cosa c’è di diverso e cosa di uguale tra il Lusine del 2012 e quello di “A certain distance”?
Alcuni remix e un tour, ma ho anche composto la colonna sonora per un film e ho lavorato ad alcuni altri progetti. Mi sono anche sposato all’inizio di quest’anno, per cui sono successe un sacco di cose tra i due album.
Il tuo nuovo album, “The waiting room” si chiama così perchè è da ascoltare nelle sale d’aspetto? Esiste un contesto particolare per cui è pensato l’album o un concept unico che lega tutte le tracce?
E’ più che altro basato sul concetto di riuscire a trovare della bellezza in posti e situazioni relativamente freddi e poco invitanti. Sono sempre stato in qualche modo affascinato dagli spazi temporanei e ho sempre cercato di trovare elementi di di calore al loro interno. Può capitare di essere bloccati in una situazione davvero spiacevole, ma a volte proprio quelli sono i momenti migliori per meditare sullo spazio in cui ti trovi.
Anche se sono molto diverse tra loro l’album nella sua interezza dà una grande sensazione di coerenza. Parlaci del processo attraverso il quale nascono le tue tracce e in generale i tuoi album e degli strumenti che usi, me li immagino un po’ diverso da quelli tipici dei produttori di musica ‘da club’ di cui siamo abituati a parlare su Soundwall.
Per me, credo, parte sempre da qualche tipo di ispirazione musicale o visuale. Quindi, può capitare che senta qualcosa di un altro artista che vorrei provare a fare io e una traccia potrebbe partire da lì, ma poi uso la mia tecnica personale per trasformarla in qualcos’altro. Uso un mix di software e hardware, anche se in quest’album avevo davvero una sorta di fissazione per l’hardware. Ero interessato alla potenza degli arpeggi analogici sincopati, quindi credo che quest’album sia un po’ più analogico del precedente.
Una costante delle tue produzioni è l’uso della voce di tua moglie Sarah. Lei prende parte al processo produttivo e di stesura della parte vocale? Com’è collaborare con qualcuno con cui condividi anche altro oltre alla musica?
“Get the message” è una cover, ma lei mi ha aiutato a ricavare il concept e alcune idee di testo dietro alla traccia che ho scritto appositamente per lei in quest’album, “By this sound”. Parla specificatamente della nostra vita e della nostra situazione, quindi è un lavoro piuttosto personale. E’ stato bello lavorare con lei perchè non si è approcciata con particolari aspettative. Anzi, è di mentalità molto aperta e disponibile a provare qualunque cosa ci venga in mente.
In rete non si trova molto materiale delle tue esibizioni live, ma la sensazione è che siano molto più dancefloor-oriented rispetto ai tuoi album. Hai mai pensato a un live set più “da ascolto”?
L’ho fatto molto di più in passato. E’ solo che è difficile trovare il posto giusto in cui proporlo. E anche quando lo faccio, significa preparare un live set completamente diverso per quel posto, e poi riuscire a mantenere entrambi i live set aggiornati e freschi. Credo che il mio live set ora come ora sia piuttosto vario, ma è effettivamente orientato a un pubblico più riflessivo, anche se su un dancefloor.
E hai già in mente qualcosa per quanto riguarda la versione live dell’album nuovo, o magari dei remix più “da club” come l'”Elliptical mix” di “Twilight”?
Ho una versione più dance-oriented di “Stratus” che ho suonato al Decibel festival qui a Seattle, e conto di suonarla in giro più spesso nei prossimi mesi. Sto cercando di capire come inserire anche alcune delle altre tracce. Non sono ancora sicuro di cosa ne farò, ma l'”Elliptical mix” è una possibile strada che potrei percorrere con un paio di queste tracce.
Parlando di remix, i tuoi album hanno sempre avuto anche degli eccellenti remix, partendo da “Podgelism” fino ai remix più recenti di Jeff Samuel e Nic Fanciulli. Tu prendi parte al processo di scelta dei remixer? Puoi anticiparci qualcosa su prossimi remix (tuoi e di altri) dei singoli estratti da “The waiting room”?
A volte suggerisco io degli artisti, altre volte ricevo degli input dai ragazzi dell’etichetta. Jeff è un mio buon amico, così come Dave Pezzner. Nic Fanciulli invece ha fatto un remix spontaneamente e ce l’ha mandato, e alla fine ha funzionato piuttosto bene. Finora per l’album nuovo abbiamo già pronti un remix di Jon Convex e uno di un mio amico, Bob Hansen (aka Hanssen). Siamo in attesa di riceverne alcuni altri da alcuni artisti che abbiamo selezionato per i prossimi singoli.
Il tuo stile è abbastanza raro, non ci sono molti produttori che ti somiglino: puoi consigliarci tu qualcosa che potrebbe piacerci dopo aver apprezzato il tuo album?
Nel corso degli ultimi anni sono stato influenzato da artisti come Emeralds (Does it look like i’m here), Mountains (Choral), Four tet, Dosh e Dave Pezzner. Devo ammettere però che ascolto molta meno musica da quando ho iniziato a lavorare all’album nuovo, quindi ora sto effettivamente passando del tempo ad ascoltare musica di altri produttori.
E invece, consigliaci qualcosa di completamente diverso che ascolti quando hai voglia di cambiare completamente genere.
Mi piace abbastanza ascoltare colonne sonore di film. A volte metto su anche “Music for 18 musicians” di Steve Reich. Mi è anche sempre piaciuto un sacco l’indie rock, quindi gruppi come i Sea and Cake e i The National sono tra i miei preferiti. Io e mia moglie di recente abbiamo avuto una conversazione casuale piuttosto lunga con Sam Prekop (davvero simpatico) fuori da un club di Seattle dove suonavano, ed è stato un “fan moment” molto piacevole per me, anche se devastante per i miei nervi.
Ultima domanda: quali sono i tuoi piani per il prossimo futuro? Possiamo aspettarci di vederti in giro per il mondo (e magari anche in Italia) con il live del nuovo album?
Mi aspetto di sì. Ancora niente di confermato, ma sono sicuro che sarò in zona a un certo punto del 2013. Niente di sicuro per quanto riguarda l’Italia, vedremo.
English version
Jeff McIlwain has always been one to float on the twilight zone between electronic pop and experimental electronic music, the one that used to be called “Leftfield”: you can think of him as a more intellectual Royksopp, or as a dance-infected M83. His own music speaks both to the mind and the heart (and when he plays live, he speaks to the feet as well), and few artists are able to create music that is so involving both intellectually and emotionally; his 2009 album, “A certain distance”, is one of the best releases on a catalog as huge as Ghostly’s, and now, three years later, he has a new album, called, “The waiting room”, that seems at least as good as the previous one.
It’s been three years since your last LP. What have you been doing in these three years, and what remained the same, or changed, between Lusine in 2012 and the artist that produced “A certain distance”?
Some remixes, and touring, but also I worked on a film score and some other commercial projects. I also got married at the beginning of this year, so a lot of things have been going on in between albums.
Does the title of your new LP, “The waiting room”, mean that it’s supposed to be listened to in a waiting room, or in general while waiting for something? Did you think of a specific context in which your LP would have its ideal listening experience, or in general a concept that links together all the tracks?
It’s just mostly based on the concept of finding beauty in relatively cold and uninviting places and situations. I’ve always kind of been fascinated with temporary spaces and trying to find warm elements within them. You may be stuck in a really uncomfortable situation, but sometimes those are the best times to kind of meditate on the space you’re in.
Listening to the LP gives a strong feeling of coherence even if its tracks are very diverse. Tell us something about the thought process and the tools behind your music. I imagine they are quite different from the “typical” tools and processes that club-oriented electronic music producers use.
I think, for me, it always starts with some sort of musical or visual inspiration. So, I might hear something from another artist that I’d like to try out and a track might start there, but then I use my own techniques to turn it into something else. It’s really a mix of software and hardware. I really had the hardware bug on this album though. I was interested in the power of syncopated analog arpeggios, so I think this album is a bit more analog heavy than the last album.
A constant in your music is your wife Sarah’s voice. Does she take part in the writing and production of music and lyrics? What’s it like to work and to make music with someone who is also part of your family?
“Get the Message” is a cover, but she helped me come up with the concept and lyrical ideas behind the one track I wrote with her independently on this one, “By this Sound.” It’s specifically about our life and situation, so it was a pretty personal one to work on. It was nice to work with her on it, because she isn’t coming to it with particular expectations. She’s very open minded and willing to try whatever comes to mind.
It’s hard to find material on your live performances online, but the feeling it gives is that they are more dancefloor-oriented than your LPs. Have you ever thought about doing a more “listening-oriented”, as opposed to “dance-oriented”, live set?
I used to do that a lot more. It’s just hard to find the right venue. And, when I do, it means coming up with a separate live set for that venue, and then being able to keep both live sets fresh. I think my live set is pretty varied at the moment, but it is geared more for a thoughtful, dancing crowd
And what about the live version of the new LP? Do you already have in mind some more danceable remixes, like you did with the “Elliptical mix” for “Twilight”? Some tracks, such as “Lucky” or “Stratus” really seem like they could easily set a dancefloor on fire.
I have a more dance oriented version of Stratus that I performed at the Decibel festival here in Seattle, and I’ll be playing it out more in the coming months. I’m trying to figure out how to work in some of these other tracks. Not sure what I’ll do with them yet, but the “Elliptical mix” is a good roadmap towards what I might do for a couple of them.
Speaking about remixes, your LPs have always had some great remixes, starting from “Podgelism” and then going on with the great ones by Jeff Samuel and Nic Fanciulli. Do you take part in choosing the remixers for your tracks? Are there any remixes planned for tracks from “The waiting room”?
I do suggest certain artists, I also take input from the guys at the label for that as well. Jeff is a good friend of mine, as well as Dave Pezzner. Nic Fanciulli just did a remix on his own and sent it to us, and it ended up working out pretty well. So far we have a remix from Jon Convex and one from a friend of mine, Bob Hansen (aka Hanssen). We are expecting a few more from a few choice artists for some upcoming track singles.
Your musical style is quite rare. Tell us about some other producers that we might like after having loved “The waiting room”.
I have been influenced over the past few years by artists like Emeralds (Does It Look Like I‘m Here), Mountains (Choral), Fourtet, Dosh, and Dave Pezzner. I must admit though, I listen to a lot less music once I start working on my album, so I’m actually spending some time getting back into listening to other producers’ music.
On the opposite, can you suggest something totally different that you like to listen to when you want to completely change?
Some film scores are quite nice to listen to. I also throw on Reich’ Music for 18 Musicians occasionally. I’ve also always really been into indie rock for a long time, so bands like the Sea and Cake and the National are favorites of mine. My wife and I had a random extended conversation with Sam Prekop (really nice guy) outside of a Seattle club before they played, and that was kind of a nice, but nerve-wracking “fan moment” for me.
Final question: tell us about your plans for the future. Can we expect to see you around Europe (and maybe in Italy as well) with the new LP in the following months?
I expect so. Nothing confirmed as of yet, but I’m sure I will be over sometime in 2013. Not sure about Italy. We’ll see.