Verrebbe quasi prima da parlarvi dei difetti, di questo libro, delle sue mancanze: paradossalmente possono far capire ancora meglio perché meriti – e lo merita eccome – di essere in tutto e per tutto fra le vostre letture ed i vostri acquisti. “Club Confidential”, in uscita in questi giorni per una casa editrice prestigiosa come la UTET, è l’esordio di Lele Sacchi (…bisogno di presentazioni? Probabilmente no, ma in caso leggete qui) come autore di libri. Non il suo esordio alla scrittura in assoluto, visto che i suoi primi approcci con la musica sono stati non solo con la radio ma anche con il giornalismo musicale, negli anni ’90 (e se ne parla in maniera precisa e lucida, di quegli anni, di come si finiva invischiati in certe faccende, quando ancora non c’erano blog, webzine, nulla di nulla). Però è il suo primo, vero libro. Un libro scritto da uno che scrittore non è – e che negli ultimi vent’anni ha fatto essenzialmente il dj.
Un libro tra l’altro di 300 pagine circa – non un fuscello quindi – e che è sicuramente autobiografico, autoriferito ed autoreferenziale in modo marcato, molto marcato. Non solo: non è nemmeno di uno di quei libri che vi stupirà per i fuochi d’artificio stilistici, per le chicche “nerdose” da digger giga-esperti, per le strepitose e profondissime analisi à la Simon Reynolds. Cercate queste cose nel libro di Sacchi, cercate in generale questo in un libro sul clubbing, sulla musica elettronica? Beh, in “Club Confidential” non lo troverete. Manco per sbaglio. Siete avvertiti. Troverete invece magari un sacco di cose che sapete già, se siete abituali lettori di Soundwall e/o persone che gravitano attorno alla club culture italiana ed europea. Cosa che già avete sentito, già conoscete, cose che magari vi capita pure di provare con mano abbastanza spesso.
Ma una cosa è certa: Sacchi ‘ste cose le ha messe insieme, disposte e raccontate con una tale lucidità posata ed essenziale che comunque confrontarvi con “Club Confidential” vi arricchirà tanto. Ma proprio tanto. Non è “Energy Flash” di Simon Reynolds, è molto meno completo ed approfondito; non è nemmeno “Last Love Parade” di Marco Mancassola, molto meno letterario; ma nel suo incidere così preciso, sistematico e chiaro vi spingerà a mettere in fila tutti gli elementi di questa storia chiamata clubbing (con particolare a ciò che è successo in Italia dalla seconda metà dagli anni ’90 ad oggi), e lo farà in un modo che sarà illuminante, che vi spingerà a vedere di più e meglio quello che accade attorno a voi e che è successo negli ultimi vent’anni.
Per biografia personale ma anche per attitudine, Sacchi è uno che si è sempre posto in comunicazione con più mondi e più dinamiche: sfilate Trussardi e centri sociali, la drum’n’bass anni ’90 e l’house degli anni 2000, fare l’artista e fare il promoter, l’Italia e l’estero, il senso del business e il valore profondo dell’amicizia. Nel farlo, è sempre rimasto se stesso. E nel rimanere se stesso, ha sempre avuto una visione molto più lucida di chi invece si concentra magari su un lato solo della storia. Ecco, questo in “Club Confidential” risalta in maniera nitidissima e, credeteci, è una grande ricchezza. Ed è spesso, appunto, proprio illuminante. Perché le trecento pagine sono una ricognizione molto vasta ma al tempo stesso coesa e chiara della galassia del clubbing; e il fatto che tutto sia posto sotto una luce molto personale aiuta a rendere il tutto definitivamente credibile, ragionato ed empatico.
La copertina del libro. Continua sotto
Il risultato? “Club Confidential” è un libro che potete (e dovete) regalare a chi le faccende di dancefloor le conosce solo per sbaglio, o di striscio: troverà una illustrazione fatta da dio, e senza eccessi di tecnicismi da iniziati, su tutte le sfaccettature del cosa significhi e di quali dinamiche generi la club culture. Del resto a Sacchi la vocazione del divulgatore tra i non-adepti è sempre piaciuta: una cosa che o ce l’hai di natura, e allora è positiva e gradevole, oppure se provi a dartela a forza risulti petulante, pesante, fastidioso. Beh: “Club Confidential” è l’esatto contrario della petulanza, della pesantezza, del fastidio. Può leggerlo chiunque. Anche vostra nonna o vostra zia che ascolta Minghi. E può appassionarsi. Parecchio.
Al tempo stesso anche chi è invece molto addentro ai meccanismi del clubbing contemporaneo troverà pane per i suoi denti, oh yes: l’intelligente racconto/analisi sul perché e per come sono esplosi i cachet degli artisti; il rapporto problematico (ma poi, dove sta il problema in realtà?) tra droghe e musica dance; gli effetti positivi+negativi dell’accresciuta fama e popolarità dei dj e della musica che (rap)presentano; il come l’ingenuità degli anni ’90 fosse ingenuità per davvero ma, al tempo stesso, abbia permesso lei e solo lei di far crescere tutto ‘sto carrozzone in un modo sano e peristente nel tempo (nonché spesso rispettoso verso la cultura)… e oggi che il naïf non può esistere più, beh, non è questione di piangere e di volere indietro i tempi andati ma di capire bene cosa si può (e si deve) fare e cosa non si può (e non si deve) fare, con sguardo lucido e laico.
Credeteci: su questo, e su altri punti specifici e da “iniziati”, “Club Confidential” vi darà soddisfazioni, illuminazioni e spunti a sazietà, ma tanto tanto. Molto ma molto più di un libro tassonomico pieno zeppo di nomi, di analisi ardite, di riferimenti da digger incallito. Insomma – libro da avere, libro da leggere. Anche (e soprattutto) grazie ai suoi difetti, o comunque alle cose che non ha.
Foto di Zeno Cosini