Poco tempo si era parlato di SoundCloud e della notizia delle sue grosse perdite accumulate specialmente nell’ultimo periodo. SoundCluod però tranquillizzava (soprattutto gli investitori imbufaliti) dicendo che stava (forzatamente) cambiando il proprio modello di business, volendo diventare lo “YouTube per l’audio”. Nel concreto, uno Spotify 2.0 dove chiunque, dalla major al dilettante, possa caricare i propri contenuti e cercare fortuna facendo profitto sulla base degli ascolti ricevuti.
SoundCloud qualche mese fa aveva infatti lanciato il programma On SounCloud (ancora su invito) ma quello che mancavano erano i contenuti fondamentali a lanciare il servizio: quelli delle major. Le trattative con Warner Music, Sony e Universal sembravano in stallo da mesi ma finalmente qualcosa pare essersi smosso almeno con la prima di queste, la Warner Music Group. I dettagli dell’accordo non sono ancora stati resi pubblici ma di certo si tratta di un primo passo per SoundCloud verso un modello di revenue più sostenibile, che però non è così scontato che gli utenti apprezzino e utilizzino.
Nel frattempo, nuove start-up cercano di cavalcare i malcontenti vari riproponendo un servizio molto simile alla SoundCloud vecchia maniera, ad esempio Hearthis.at che sta ricevendo un buon riscontro dagli utenti.
La morale di questa storia di queste battaglie all’ultimo utente è quella che da sempre recita il CEO di Samsung: “siamo sempre in crisi”. I successi di una azienda di oggi poco dicono dei propri successi di domani, così come le situazioni difficili possono sempre essere trasformate in opportunità. Tutto, anche i servizi che ci vengono proposti, sono continuamente cangianti. Nella frenesia delle loro guerre di mercato le aziende devono però ricordarsi che l’unica vera chiave del successo è l’offrire a noi “poveri” utenti un prodotto semplice, utile e che davvero risponda ai nostri reali bisogni.