La prima volta che mi sono imbattuto in VSK, quando ancora si faceva semplicemente chiamare per nome e cognome, è stato al Goa, un sabato di diversi anni. Le vesti del resident di un party particolare come “Interno 13”, dove le guest erano fisse e ruotavano settimanalmente (Claudio Coccoluto, Stefano Fontana e Gabry Fasano erano alcune di queste), andavano strette a Francesco Visconti ed era fin troppo evidente che, nonostante l’incarico prestigioso e lusinghiero, quel ruolo non era abbastanza. Francesco era ancora un artista acerbissimo, è vero, ed era comunque presto per scommettere sul suo talento come uno dei migliori prospetti della scena techno italiana, ma è altrettanto certo che lui era troppo curioso per potersi confrontare con un pubblico che non era quello che si sarebbe potuto trovare di fronte con l’evolversi del party, di lì a qualche anno. Così le strade, dopo poco, si separano, nasce VSK e viene fondata Consumer Recration Service, il progetto messo in piedi insieme all’inseparabile Conrad Van Orton: è la svolta. Francesco smette di avere tra le mani una delle consolle più belle e importanti d’Italia, certo, ma comincia un percorso in cui comincia a prendere le misure con quello che non può non essere il suo futuro. Qui quindici dei suoi passi, alcuni appena lasciati alle sue spalle, altri da compiere nell’immediato futuro.
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Passo numero uno: qual è il disco o la traccia che ti ha cambiato la vita? La primissima. Quella che ti ha fatto capire che la musica era veramente un’emozione particolare, più intensa di altre.
Sono nato in una famiglia amante della musica, mio padre è organista. Come molti i ragazzi della mia età sono cresciuto guardano MTV e da adolescente ho ascoltato di tutto, dal rock, all’hip-hop fino alla dance/commerciale: sono stato fin da subito appassionato di musica in generale. Diciamo che proprio l’hip-hop è stata la mia prima passione vera e propria, artisti come Public Enemy, Wu-Tang Clan, Big L e Beastie Boys; non capivo assolutamente nulla dei loro testi ma ne andavo pazzo. Per quanto riguarda la musica elettronica “Born Slippy” degli Underworld, è stato il brano che mi ha fatto aprire la mente, ricordo che mi facevo viaggi lunghissimi in scooter ascoltandolo a ripetizione, mandando indietro il walkman una volta ho rischiato di fare un incidente bruttissimo.
Passo numero due: quando hai capito che la musica, produrla o suonarla, sarebbe stata una parte fondamentale della tua vita?
Sentendo la radio ero sempre incuriosito dalla figura del dj. Un pomeriggio, avevo più o meno quattordici anni, mi ritrovai nello storico negozio di dischi Re-mix in Via del Fiume a Roma. E’ stato per caso, stavo accompagnando un amico a comprare degli adesivi dei Rotterdam Terror Corps da attaccare sul motorino. Rimasi affascinato da quel posto, una specie di tunnel sotterraneo con tantissimi dischi sulle pareti e negli scaffali, bellissimo. Vidi il cartello che pubblicizzava il loro corso per dj, mi iscrissi un paio di anni dopo e da allora non ho mai smesso di ferre il dj. Ho passato pomeriggi interi sui giradischi, poi dopo qualche anno ho capito che volevo dire anche io la mia e sono passato alla produzione. Importante anche all’incontro con Ken Karter, conosciuto ad un corso per dj-producer che lui teneva. Ci ho stretto subito amicizia così mi invitò ad andare nel suo studio per scambiare quattro chiacchiere e da li iniziò il percorso dl ricerca del mio suono.
Passo a margine: quali sono stati i momenti di maggior crisi, nel tuo rapporto con la musica?
Alti e bassi sono normali nelle passioni, specialmente quando sono molto “sentite”. Non ho mai avuto un vero e proprio periodo di crisi, ma delle difficoltà, degli ostacoli e anche diverse delusioni, ma fa tutto parte del gioco.
Passi importanti: quali sono stati finora i momenti più importanti, nella tua carriera?
Quello che sto vivendo ora è il momento più importante e bello del mio percorso. Nell’ultimo anno sto ricevendo un riconoscimento vero e proprio da parte del pubblico come artista: le prime gigs importanti, sia in Italia che all’estero, tante persone che mi scrivono su internet dall’altra parte del mondo, Australia, Argentina, Giappone, anche Africa, che mi supportano e seguono la mia musica. Questo è molto bello e dopo tanti sacrifici ora sento che le cose si stanno facendo più serie e questo mi spinge a fare sempre di più.
Passi per prendere un po’ d’aria e trovare ispirazione ed energia: quali sono le tue altre passioni? Come le sviluppi? Quanto tempo riesci a dedicare loro?
Ho una grande passione per lo sport (anche se sono un grande fumatore), in particolare per la kick-boxing. La pratico da circa dieci anni, con qualche periodo di stop. Mi alleno almeno tre volte a settimana, è un bel impegno ma penso che lo sport sia importantissimo sia per il corpo che per la mente, aiuta ad eliminare tante energie negative e riequilibra tante funzioni psicofisiche, oltre a essere una bella sfida con se stessi. Trovo che lavorare sui miglioramenti tecnici e perfezionarsi sia una cosa molto stimolante. Ho anche una passione per la storia, la politica e l’economia nel senso che ho sempre avuto voglia di studiare molte dinamiche che regolano il mondo in cui viviamo, riportando però tutto ad un aspetto sociale. Interessandomi a questi meccanismi mi sono fatto un idea sul perché tante cose vanno nella direzione sbagliata.
Passi perduti: quali sono finora i tuoi più grandi rimpianti, musicalmente parlando?
Ho studiato pianoforte per anni da piccolo e da adolescente l’ho interrotto proprio per dare spazio allo sport. Rimpiango di aver smesso in maniera molto drastica e definitiva lo studio di questo strumento. Comunque sono sicuro che lo riprenderò prima o poi.
Passi che consiglieresti: quali sono secondo te i cinque album (o brani) che consiglieresti e che non dovrebbero mancare nella discografia di tutte le persone a cui vuoi bene o che stimi?
Cinque sono davvero poche, comunque:
Pink Floyd “Shine On You Crazy Diamond”
Massive Attack “Mezzanine”
Radiohead “Kid A”
Caustic Window “The Garden Of Linmiri”
Autechre “VLetrnx21”
Passi in biblioteca o videoteca: quali libri o film consiglieresti?
Di film ce ne sono tanti. “Fight Club” e “The Game” di David Fincher (dal secondo è nato anche il nome dalla mia Label) e “C’era una volta in America” di Sergio Leone, sono in assoluto i miei preferiti. Ultimamente non leggo molto, ma come scrittore consiglio Herman Hesse, sia “Siddartha” che “Il lupo della steppa” sono molto belli.
Passi fondamentali: qual è il risultato artistico di cui finora vai più orgoglioso?
Quello che mi ha portato più soddisfazione è stato vedere una mia traccia, “Deep Return”, in un una classifica di Speedy J nel 2011 su Resident advisor. Era contenuta nel mio secondo EP in assoluto e quindi era “tutto” veramente agli inizi: è stata un’emozione molto forte.
Passi virtuali: come stai vivendo l’onnipresenza del web nelle nostre vite in questi anni? Visto tra l’altro che questa è una intervista che stiamo facendo per un media online…
Internet è una gran cosa, è una finestra sul mondo; permette con immediatezza e senza spese cose che anni fa erano impensabili. E’ il mezzo di comunicazione più libero ed indipendente, ovviamente ha molti aspetti negativi, ma come tutto nella vita va preso con discernimento.
Passi in compagnia: quali sono i dj e producer con cui senti più affinità, e con cui vorresti sempre e comunque condividere parole, progetti, obiettivi?
Ci sono tanti artisti che stimo molto. Parlando dei “big” ho una grandissima stima per Speedy J, sia come musicista che come figura. Fa parte della storia della techno, ha lavorato alla creazione di software musicali per grandi marchi e ha partecipato a tantissimi progetti diversi; è andato quindi oltre alla normale carriera del dj. Anche Oscar Mulero per me è un grande: amo le sue produzioni e ammiro molto anche il suo sforzo di creare un “polo artistico”, appunto la Pole Group, che supporta e alimenta la scena della sua nazione in primis, ma non solo, con tanti ottimi producer e dj. Ovviamente poi i miei amici e soci Conrad Van Orton, Vilix e Gianluca Angelini, che stimo molto sia personalmente che artisticamente. Con Conrad portiamo avanti questa passione insieme da tantissimi anni, e condividiamo musica da sempre. Abbiamo affittato insieme il nostro primo Studio (un garage) molti anni fa, e il progetto CRS è nato proprio insieme a lui, dove successivamente anche Vilix è entrato a farne parte attiva.
Passi incrociati: qual è la situazione, musicale e non, più assurda che ti è capitato di vivere?
Dopo la maturità sono partito per Londra, da solo per qualche mese. Vivevo in un residence con centinaia di ragazzi, non era legato ad una scuola era solo un dormitorio. Mi ricordo che ho stretto moltissimo e vissuto tante esperienze pazzesche con dei ragazzi, sia italiani che stranieri, mai visti prima e mai rincontrati dopo, ma sembravamo amici da sempre. Più che una singola esperienza è stato un periodo assurdo, fatto di tante esperienze messe insieme.
Passi sbagliati: quali sono le cose che più di danno fastidio nella scena musicale italiana?
Se ne potrebbe parlare per una notte intera, ma una cosa è certa: l’Italia ha tante potenzialità in tutti i campi. Per quanto riguarda la musica elettronica, specialmente da qualche anno, si è sviluppato un gran movimento di nuovi produttori con molto talento. In passato, poi, ce ne sono stati tanti da fare invidia, alcuni dei quali ora anche molto affermati. Il problema è che l’ Italia sembra incapace di coltivare i suoi talenti, sia in campo artistico che in qualsiasi altro settore. I motivi sono diversi: tante problematiche politico-economiche, ma anche culturali e sociali, che lo portano ad essere un paese statico (anzi in recessione) che non riesce ad evolversi.
Passi che stai per compiere: quali sono i tuoi prossimi progetti?
Come produttore sento che ho ancora tanto da dire, per questo sto cominciando a pensare al mio primo album e a una nuova label insieme a Gianluca Angelini. Inoltre con i miei amici Conrad Van Orton e Vilix stiamo lavorando sempre più sulla CRS. Oltre a lavorare sul mio personale profilo artistico mi piacerebbe riuscire a creare un movimento; quindi ci stiamo organizzando per portare l’etichetta ad uno step successivo.
Passi sinestetici: salutaci non con delle parole, ma con una traccia, non importa se tua o di altri.