Nel panorama della musica elettronica si è sempre mosso piuttosto nell’ombra. Costruisce le proprie strumentazioni, produce musica, la mixa nei suoi intensi show, suonandola anche sui palchi con gli LCD Soundsystem. Vive intensamente la sua “Big Apple”. Crea arte visiva e si muove in danze, mantenendo sempre un certo spirito sciamanico. Un canale d’energia creativa incontenibile, che esplode in performance catartiche uniche e fortemente espressive. Un animo puro e distillato d’avanguardia artistica. Suonare al MOMA non è da tutti, lui l’ha fatto. Ci sarà un perché…
Dato il tuo approccio pluriespressivo, mi viene difficile considerarti solo un musicista. Sei conosciuto anche come “The Wizard”, soprannome, che racchiude forse la vera natura del tuo creare: DIY, sempre innovativo, fuori dagli schemi e fortemente mistico. Cosa pensa invece Gavin del lavoro di Gavin?
Credo che te sia già andato molto vicino a descrivere il mio tipo di approccio. Spesso ho lavorato ai limiti del mondo musicale, costruendo per esempio strumenti, e molto altro, come performance in night club, ballo, teatro e arte visuale. Per me il medium espressivo non ha la stessa importanza del pensieri più profondi, che sicuramente hanno più a che fare con la magia, nel senso più immediato e spontaneo. Si tratta di creare un ponte con l’aspetto catartico e di verità che esiste in tutto ciò che ci circonda. Mi considero come un “canale” e il mio processo creativo finalizzato principalmente a scoprire dove l’energia che si muove dentro di me si vuole spingere.
Il suono e la sua ripetizione ossessiva, dici siano il mezzo per raggiungere una maggiore coscienza interiore ed uno stato di estasi mentale. Da dove nasce questa tua urgenza, forse missione, di scolpire le tua musica nello spazio “per trasformare le coscienze e rivelare la natura flessibile, malleabile della propria realtà?”
Da giovane finii per interessarmi sia di musica che di di arte visuale come mezzi terapeutici. Non ero pienamente consapevole del fine che volevo raggiungere a quel tempo, ma riguardandomi ora alla spalle tutto mi appare più chiaro. Ero depresso e ansioso, avevo estrema difficoltà a relazionarmi con gli altri e fare cose semplici come trovare un lavoro, cavarmela a scuola o prendermi cura di me stesso, nonostante volessi fortemente tutto ciò. Soffrivo di depressione, di turbamenti sessuali e tendenze autodistruttive… fare musica e disegnare, non solo mi diede la possibilità di fuggire da questo, ma mi ha anche aiutato a creare uno luogo dove potevo sentirmi magnificamente e in pace con me stesso, pur continuando a star male per la maggior parte del tempo. Nel mondo che avevo creato nella mia stanza ero libero di fare musica e disegnare, diventando tutto e qualunque cosa. Tutto ciò ebbe un potere terapeutico, è lì che è nata la mia visione estetica, a partire da questa esigenza di creare il mio spazio personale; il mio intento é di riuscire a creare questo tipo di spazio anche per altri.
E’ interessante come nei tuoi progetti i tuoi partner artistici siano spesso donne (Delia Gonzales, Viva Ruiz su tutte). È solo una coincidenza?
È interessante come questo possa risultare particolare; la dice lunga su come il gentil sesso sia sottovalutato e non sufficientemente rappresentato all’interno della musica indipendente. La collaboraione con le due donne che hai prima citato (la prima nel passato, l’altra oggi) è stato determinata e fortemente voluta per ciò che queste persone rappresentano. In altre parole, ho iniziato a lavorare con loro in quello specifico momento in cui condividevamo interessi, percorsi e obiettivi. Ciascun rapporto è nato in maniera alquanto distinta: per diversi motivi e in diversi luoghi e momenti. Qualcuno mi avrebbe fatto la stesso tipo di domanda se avessi fatto due progetti importanti con due figure maschili? Questo sottolinea come, senza troppo generalizzare, le donne abbiamo spesso un approccio creativo diverso, molto interessante e valido, ma meno considerato, dal momento che per vari motivi passa sotto silenzio (e certamente non solo nell’ambito creativo). Intorno ai diciannove anni iniziò ad infastidirmi, fino alla rabbia, che la musica rimanesse una scena principalmente maschile; fu in quel periodo che iniziai a cercare band e progetti dove la scrittura e la composizione fossero femminili; proponevo il mio stile musicale, cercando di creare con loro qualcosa di valido. Finii col suonare con Veronica Vasicka (Minimal Wave) e Kell Kuvo (Scissor Girls), oltre all’artista Amy Granat ed altre menti creative al femminile. Lavorarci insieme mi aprii la mente e portò ad un livello più profondo i miei pensieri creativi, in un modo altrimenti impossibile se avessi lavorato con degli uomini. La mia collaborazione odierna con Viva Ruiz ha fatto crescere il mio interesse e rispetto per i suoi precedenti lavori, oltre alla forte intesa che ho sentito di avere con lei riguardo alcuni temi singificativi. Fin da subito è stato chiaro che insieme avremo fatto dei progetti importanti come stiamo appunto facendo.
Costruisci o riparari macchine analogiche vivendolo come impiego artistico di ricerca piuttosto che tecnico, in altre parole esplori la tecnica, carpendone i magici segreti e creando dei pezzi artistici unici. Potresti descriverci come lavori, il pezzo di cui sei più orgoglioso e perché?
Il mio approccio lavorativo si indentifica molto col seguire un percorso spirituale, un’intuizione, una scoperta. Percepisco la creatività come un’entità viva, che mi parla. Per riuscire a muovermi nella direzione in cui voglio andare, a volte, sento appunto il bisogno di costruirmi da solo gli strumenti. Dialogo ed interagisco continuamente sia con queste forze creative sia con gli apparecchi in cui vivono. Per quanto riguarda la strumentazione che creo, mi sento fiero del lavoro nel suo complesso. Il mio intento di creare macchine analogiche di sintesi nasce dal desiderio di costruire una esperienza musicale unica, creando un certo tipo di suono; ogni volta che mi cimento con uno strumento nuovo, mi sento sempre più vicino a questo obiettivo.
Nel tuo ultimo progetto The Crystal Ark, la performance visiva (costumi, trucco, danza, allestimenti, video) e musicale/vocale sono un tutt’uno. “Un rituale sacrificale senza vittime” come l’hai descritto. Sembra di assistere ad una vera e propria jam session multiartistica. Come vi organizzate on stage con il gruppo?
Il concetto di musica come atto sacrificale è tratto direttamente dal libro di Jaques Alltali “Rumori: saggio sull’economia politica della musica”. L’autore analizza nel modo più elementare le maniera in cui la musica ha operato politicamente nel corso della storia e identifica come il nostro stato di crisi odierno sia direttamente collegato al modo in cui consumiamo e riproduciamo la musica. Propone inoltre una soluzione, che è l’idea di composizione, ovvero la simulazione del sacrificio attraverso l’atto creativo. Questa è decisamente una mia parte di premessa nell mio essere, nel suo insieme, una persona creativa con una coscienza creativa. Le performance come Crystal Ark prendono diverse forme e si sviluppano a partire sia dalla mia storia artistica che da quella di Viva. Ciò su cui lavoriamo durante i live è qualcosa di piuttosto complesso. L’idea è di creare qualcosa che risulti oggettivamente un’opera d’arte, qualcosa dai confini non definiti, che sfugga alle etichette, in modo che i suoi caratteri specifici “arrivino” al pubblico in maniera semplice ed elementare. Qualcosa che abbia senso di esistere su un piano più profondo, in linea con la mia visione riguardo la trascendenza: quella scintilla che scocca quando una particolare momento riesce ad occupare una posizione primaria in un mondo dove normalmente il superficiale è di primaria importanza. Questo è il tipo di esperienza che sto cercando di aiutare a creare. Le nostre interazioni sul palco nascono sia dalla voglia di lavorare insieme che dal tipo di messaggio che vogliamo comunicare.
Spesso parli di come la scena artistica newyorkese che vivi adesso, ti abbia fatto rinnamorare di questa città, dopo che te ne eri andato nel 2004, preferendole Berlino. Potresti consigliarci dei nomi di artisti emergenti, situazioni o club da tenere d’occhio?
Ciò che amo di di New York ha meno a che fare con ciò che ha modo di vedere in club o gallerie, si collega invece di più a quello che trovo per strada, sulla metropolitana, nello spirito delle persone che qui vivono. Mi spiace, ma le persone che dicono che New York è morta, o che sia ostile verso i creativi e le persone “vere”, non sono ancora riuscite a vivere appieno tutto ciò che offre questa città. Il flusso continuo di persone provenienti da tutto il mondo e l’interazione tra le loro culture è una gran cosa, che proprio qui, è sempre esistita. Ci sono molti nomi e posti che potrei citare… ma credo che la cosa più importante da dire sia che New York é più viva e “on fire” che mai, e se sei il creativo che cerca quello che New York sia dice prometta, quel discorso del tipo che puoi essere chi sei senza compromessi… allora vieni qui. La città ti amerà e riuscirai a trovare ciò che cerchi. New York ha bisogno di questo proprio ora, perchè ance da queste parti esistono delle situazioni poco piacevoli: persone cacciate dai loro quartieri a causa della gentrificazione e degli affitti alti, una malsana segregazione razziale e enormi disparità, e alcuni di questi fenomeni sono in espansione. Non è comunque tutto, ma la vera storia deve essere vissuta in prima persona e poi raccontata.
Non posso non menzionare la traccia che per molti risulta essere il tuo masterpiece (almeno per me), Revelee, con Delia Gonzales. La prima volta che ne ho visto il video sono rimasto a bocca aperta per tutta la durata delle immagini. Un incredibile sinergia visual musicale, in cui la danza, ha sempre un posto di fondamentale importanza. Ci puoi raccontare come è nata l’idea del video?
Relevee è un momento all’interno di un processo creativo, che ha toccato allo stesso tempo qualcosa di nevralgico. Si tratta per me di creare un legame tra i sintetizzatori stile anni ’70, la new wave, l’euro disco e la techno Detroit. Che è poi ciò a cui Carl (Craig) si è rifatto in maniera veramente perfetta. C’era questa idea di creare qualcosa che suonasse come una sorta di stile africano delle origini. Mentre scrivevo la linea di synth, nel tessuto armonico, mi interessava seguire le curve che le voci dei cantanti creano mentre suonano le canzoni di preghiera Yoruba. Quindi tutte queste influenze finirono nel “pentolone” con tutto ciò che anche Delia vi aggiunse. É stato come creare della musica dance partendo da un concetto completamente allargato del genere stesso di “dance music”, ciò che riuscì a creare uno spazio importante perchè il corpo lo eplorasse in maniera molto fisica, ma non tradizionale. Ciò che si è concretizzato nel video che gli AVAF hanno creato… che, come molte altri progetti, è nato da una continua sovrapposizione di idee, connessioni, sensazioni, ispirazioni ed energia.
Parlando sempre di progetti visivi, ho avuto modo di vedere un breve, ma significativo, video della tua performance, come Black Meteoric Star, al MOMA nel 2009 insieme al collettivo artistio Assume Vivid Astro Focus. Quello che mi ha colpito di più, oltre che la cura di tutti i dettagli visivo/performativi, è stato l’utilizzo di occhiali 3D da parte del pubblico. Un’esperienza sensoriale non comune mentre si balla. Puoi parlarcene?
L’ambientazione visuale creata per lo show al MOMA è stata creata da colletivo AVAF e le nostre discussioni circa il realizzare qualcosa che fosse densamente visuale, complesso, veramente travolgente, prendendo gli standard del linguaggio visuale della scena da club, ma espandendoli in 3D con colori molto vividi e senso di profondità. C’erano così tanti elementi per quella performance, che l’abbiamo riproposta circa 10 altre volte in giro per il mondo. Quella al MOMA venne certamente studiata nei minimi dettagli; oltre agli aspetti visuali che si possono vedere, anche la musica e i costumi della mio show come Black Meteoric Star, la performance di danza di Viva Ruiz e Jaiko Suzuki. Ciò che il video non può rendere è come l’intero lavoro sia durato per tre ore… é stato un live di tre ore con la proposizione dell’intera discografia dei Black Meteoric Star nelle sua versione estesa. Sicuramente c’è stato un tentativo consapevole di realizzare qualcosa che cancellasse le barriere esistenti tra club e museo, tra underground ed “alta cultura”. Abbiamo impostato lo show per renderlo il più vicino possibile all’esperienza di vivere l’evento in quello spazio, lì insieme ad altre persone, in modo da renderlo estremamente reale, al di là del luogo dove è stato allestito. È stata una incredibile combinazione e mi sento particolarmente fortunato e grato alle persone del MOMA che ci hanno aiutato a renderlo possibile. Il progetto ha molto di loro. L’attenzione per i dettagli è un aspetto importante del mio lavoro sia visivamente che musicalmente. Credo che avvenga qualcosa di magico quando inizi a notare i dettagli delle cose. C’è un esercizio sciamanico in cui si deve trovare un interesante elemento naturale e poi osservandolo sempre più intensamente per un lungo periodo di tempo notando i più dettagli possibile. Si tratta di qualcosa di simile.
Mi ricollego alla domanda precedente. La musica nei club sempre più spesso sta valicandone le mura per essere accolta da strutture meno convenzionali, venendo spesso fruita da altre prospettive, ovvero non solo come pura forma di divertimento. È solo una mia sensazione o la musica elettronica sta, in alcuni casi, guadagnando sempre più connotati culturali uscendo dagli spazi in cui viene solitamente “rinchiusa”?
Ultimamente sta accadendo molto nella dance music. Sembra diventare di giorno in giorno un fenomeno sempre più grande e, in America, fa sempre più parte della cultura mainstream, con diversi Festival che spuntano come funghi e un panorama totalmente nuovo di club. Guardandosi indietro nella storia della dance music, è chiaro siano sempre stati coinvolti alcuni grandi temi come la trascendenza spirituale, la comunità, la diversità, la sessualità… e che alcuni lavori fondamentali e molto sentiti circolino nella scena fin da quando è iniziata ad oggi. E’ difficile per me rispondere, ma credo profondamente che la la cultura dance tocchi corde molto profonde e potenti e la supporto rispettando questo spirito nella misura in cui “funzioni” con la vita contemporanea di oggi.
Un’altra traccia che ha lasciato il segno é Causal Friday, composta con il gruppo artistico/performativo Black Leotard Front, definito da il giornalista Michelangelo Matos, come “il miglior disco da 15 min di tutti i tempi”. Tra i tuoi progetti futuri prevedi collaborazioni con nuovi artisti con cui non ha mai lavorato?
Di sicuro riesco ad immaginarmi diverse possibili collaborazioni e sarebbe molto interessante vedere cosa ne potrebbe nascere. Chissà cosa riserverà il futuro: la necessità di creare e sviluppare comunità creative rimane un punto chiave, al centro di ciò che faccio. As ogni modo mi sto sicuramente godendo questo momento, le persone con cui lavoro e tutto ciò che sto vivendo.
English Version:
He has always worked in the shadow of the electronic music scene. He lives as a lover his “Big Apple”. He builds his own tools and machine. He produces music, mixing it during his intense shows, and also has been playing it on stage with LCD Soundsystem. He creates visual art and he dances always keeping a sort of shaman’ attitude and spirit. He is a channel of incontrollable creative energy which explodes in unique, cathartic and strongly expressive performances. A pure soul, distilled of artistic avant-garde. To play at MOMA is not for everyone. He did it. There must be a reason…
Due to your several way of expressions, it ‘s hard for me to see you just as a musician. You are also known as “The Wizard”, a nickname possibly linked to your true natural way of creating: always forwarding, breaking boundaries and definitely mystical DIY approach. What does instead Gavin think about Gavin’ s way of working?
I think you are very close to my approach there. I’ve done lots of work at the edges of music, for example creating electronic musical instruments, and lots of work beyond it, like nightclub performance, dance, theater and visual artwork. For me the medium of expression is not as important as the deeper intention, which yes is more about magic in a very natural sense. It’s about creating a connection with the healing and truth that exists in everything. I think of myself as a channel and my creative process is mostly about discovering what the energy moving through me wants to become.
The sound and his obsessive repetition, is a tool to achieve a deeper level of consciousness and a kind of ecstatic state of mind. How you get to this urge, a sort of mission, to shape your music in space “transforming consciousness and reveal the pliable, malleable nature of personal reality” through it?
When I was young I became interested in both music and visual art as a way to heal myself. I wasn’t conscious of this intention at the time but looking back it is very clear. I was depressed and anxious, I had difficulty relating to other people and doing simple things like getting a job, doing well in school or taking care of myself, even though I wanted to do these things very much. I suffered from depression, from gender confusion and I was suicidal… Making music and drawing not only gave me an escape from all that but also helped me to create a space where who I was became beautiful and made sense, even though I felt awful a lot of the time. In the world I could create in my room by making music and drawing I could become anything and everything. And that was healing. And that’s where my creative aesthetic grew out of, out of doing things that created that space for me, and might hopefully create that space for other people as well.
It‘s peculiar to noticing that the artistic partners in your projects often are women (Delia Gonzales and Viva Ruiz, above all). Is it just a coincidence?
It’s interesting that it would seem peculiar, and I think the peculiarity speaks a lot about how women are undervalued and under-represented in electronic and independent music. My collaborations with the two women you mention above, one in the past and one that is happening right now, have been specific to who those people are. In other words, I got into collaboration with each of them because it made sense to at the time based on our creative interests, paths and goals. And each of those two collaborations happened in very different ways from each other, for different reasons and in a different place and time. If I had done two significant projects with two different male collaborators would anyone ask the same question? That said I do think, without generalizing, that women often have a different approach to creativity and it’s an approach that is very interesting and valid but it is less heard because women are still silenced in many ways (and certainly not just in the creative field). By the time I was 19 or so I started to get bored with music being a mostly men scene, and then I started to get angry about it. And around that time I started to seek out bands and projects where women were doing some of the writing or composing and where I could put my musical style in as well and create something interesting. I ended up playing with Veronica Vasicka (of Minimal Wave), Kelly Kuvo (of the Scissor Girls) and artist Amy Granat and many other creative women. Working with them opened my mind and deepened my ideas about creativity in ways that working with men might not have. My current collaboration with Viva Ruiz grew out of my interest in and respect for her previous work and a deep connection that I felt with her on important subjects. It was clear we had important work to do together and so we’re doing that.
You build and repair analogical machines, living more the artistic side of it rather than the technical one. In other words you explore the technique, trying to unveil his magic secrets that lead you to create some unique artistic pieces. Can you tell us more about your working approach, and which and why is the piece you are more proud of?
My working approach has a lot to do with following spiritual guidance, intuition and discovery. I feel like creativity is a living entity that communicates with me, and sometimes I need to make my own tools to get to the place it wants me to be. I’m in dialogue and in an interaction with these creative forces and the tools they inhabit. Things have spirits in them and for me creativity is often about communicating with those spirits. In terms of things that I have built, musical tools that I’m proud of, I’m mostly proud of that work as a whole. My desire to construct analog synthesis machines comes from the desire to create an specific experience of music making as well as a certain kind of sound and I feel each time I create a machine I get closer to that.
In your very last project The Crystal Ark, visual (costumes, make up, dance, stage setting and projections) and audio performance become one. You describes this as a “ritual sacrifice, but with no victims”. It seems to attend to a multi artistic kind of jam session… How does it work your interactions on stage?
This idea of music as a sacrificial act comes directly from philosopher Jacques Attali’s book “Noise: The Political Economy of Music”. In the simplest terms Attali analyzes the way music has operated politically throughout history and identifies how our current state of crisis is directly related to the way we consume and reproduce music. He also proposes a solution, which is this idea of Composition, the simulation of sacrifice through the creative act. So this is really a part of my approach to being a creative person with a conscience as a whole. The Crystal Ark’s performances take many forms and grow out both mine and Viva’s creative histories. What we are working towards in the live show is something quite sophisticated. The idea is to create something that is an artwork on its own terms, something that blurs boundaries and defies categorization so that it’s specific qualities are activated in a primary way. Something that is what it is on a deep level. Because my understanding of transcendence is that it is that spark when a particular moment takes the primary place in a world where the generic is normally in the primary place. And that’s the experience I am looking to help create. Our interactions on stage come from our intentions in working together and what we want to communicate.
Quite often, during your interviews, you refer to the New York’s artistic scene you are living nowadays, and how it made you falling in love again with the City, after you previously left it in 2004, moving to Berlin. Can you suggest us some up-and-coming artist, environment or club?
Much of what I love about New York is less about what I see in clubs or galleries and more about what I see on the street, on the subway and in the general spirit of the people here. I’m sorry but people who say New York is dead or that it’s closed to creative or “real” people just aren’t experiencing everything that this city is. The continuing influx of people from all over the world and the interaction of their cultures is a huge thing happening right now here and always has been. There are a lot of names and places I could mention, and have in other places… But I think the most important thing to say is that New York is as alive and on fire as ever, and if you’re a creative person who is looking for that thing that New York promises, that thing about how you can be who you truly are no matter what… Then come here. The City will love you and you will find what you are looking for. And New York needs that right now because there is some nasty stuff going on here too in terms of people getting pushed out of their neighborhoods due to gentrification and high rents. There is nasty segregation and massive inequality, and some of that stuff is on the rise. It’s also not the whole story and the whole story needs to be experienced and told.
Is impossible for me not to mention the track you did with Delia Gonzales, Revelee. Most of your fan consider it as your masterpiece (at least me). The first time I’ve seen the video I was totally impressed from the first till the last second of it. An incredible audio/visual synergy. Can you tell us how you get to it?
Relevee was a moment in a creative process, and for sure it touched something deep as well. For me it was really making a link between 70’s synthesizer music, new wave, euro disco and Detroit techno. Which is what’s cool about the way Carl Craig tapped into it. And then there was also this idea of doing something that was really African in origin. Writing the synth line that I played I was interested in following the curves in harmonic texture that the singers voices make while singing Yoruba praise songs. So all those influences went into the pot along with what Delia also brought to it. Part of the story was to create dance music but from a totally expanded idea beyond the genre “dance music”. Music that created a compelling space for the body to explore in a very physical but non-traditional way. Which came into the video which AVAF created… Like many things I’ve done it was born from layers upon layers of ideas, connections, feelings inspirations and energy.
Keep on talking about your visual project, I had the chance to watch a short, but remarkable video footage of the performance you did as Black Meteoric Star at Moma in 2009. What really catch my eyes was the 3D glasses audience was wearing, on top of the attention for every visual and performative details you (with the artistic collective Assume Vivid Astro Focus) put into it. Three dimensional effects are definitely not that common in the clubbing scene. Can you tell us something more about that?
The visual environment that was created for this show at the MOMA came from AVAF and our discussions about making something that was visually dense, complex, really overwhelming and took the standard visual language of the clubbing scene but blew it up into 3-d and much more vivid color and depth. There were so many elements to that performance, which we did about 10 times in venues all over the world. The one at the MOMA was certainly worked out into tiny details, including all the visual stuff you see, my own performance both with the Black Meteoric Star music and costumes, the dance performance created by Viva Ruiz and Jaiko Suzuki. And one element that you don’t catch in the video is that this took place over three hours… It was a three hour live concert of the whole Black Meteoric Star record in extended versions with the dancers and all the visuals. And yes for sure there was a conscious attempt to create something that erased these barriers between club and museum and underground and “high culture”. The way we put the event together was to make it more and more about just the experience of being there and being there with the people that were there. To make it really REAL despite it being where it was. It was a powerful combination and I feel really lucky and grateful to the people at the MOMA who helped to make it work. It speaks a lot of them. Attention to details is an important feature of my work in both visual arts and music. Something magical happens when you start to notice the details of things. There’s a shamanic exercise where you find a beautiful object in nature and then look at it more and more closely over a long period of time, noticing more and more details as you do. There’s something to that.
I stay somehow linked to the previous question. Dance music is more and more breaking throught the wall of the club to get to a less established structures, being enjoyed from different perspective, not only as a recreational point of view. It is just a feeling or electronic music, getting out from the places where have been generally “shutted in”, is now achieving a broader cultural level, being then, perceived differently?
There is definitely a lot happening with dance music these days. It seems to become bigger and bigger and in America much more of mainstream culture, with big festivals popping up and a whole new landscape of clubs. Looking back over the history of dance music though it’s clear that it was always involved with some big themes like spiritual transcendence, community, diversity, sexuality… And that some very deep and important creative work has been going on in the dance music scene from when it began up until today. So it’s hard for me to say, but I do think that dance music culture is very deep and powerful and I am a fan of honoring that spirit however I can in a way that works with contemporary life today.
Another track which left a mark is Causal Friday, you composed it together with the artistic group Black Leotard Front. Michelangelo Matos defined this track as “the greatest 15-minutes disco record of all time.” In your future plan do you see any collaboration with new artists you have never worked with?
Sure I can imagine lots of possible collaborations and would be very interested to see what would grow from them. Who knows what the future will bring and the impulse to create and develop communities with creativity at their core is at the center of what I do. I’m also very much enjoying this moment, the people I’m working with and everything that’s happening.