C’eravamo lasciati agli inizi di Maggio con dei rumors sul prossimo, futuro e possibile nuovo album di Four Tet. Ci si aspettava che uscisse nei primi giorni del mese prossimo e invece, come al solito, Four Tet ha spiazzato tutti giocando d’anticipo e pubblicando domenica sul proprio canale Bandcamp lo streaming di “Morning/Evening”, la sua decima raccolta, la terza per la sua Text Records. Per un totale di quaranta minuti e diciassette secondi, l’album è composto di due tracce: “Morning Side” (20:24) e “Evening Side” (19:53). Da quando ha rescisso il contratto con la Domino, Kieran Hebden si è preso molta più libertà, non tanto creativa, ma produttiva, tanto da pubblicare tre album nel giro di due anni, prendendosi gioco dei “canoni” con cui vengono generalmente confezionati – oltre alle due tracce di “Morning/Evening”, ricordiamo l’unica di “0181” di quasi quaranta minuti.
Non tanto creativa dicevamo, perché appunto Kieran Hebden continua a non fare ricerca sonora o innovazione artistica, che dir si voglia, ma preferisce limitarsi ad un semplice romanticismo musicale che, da navigato producer quale lui è, appoggia in maniera chirurgica sopra una normale e ben rodata struttura ritmica da club, rendendo il prodotto finale pur sempre affascinante, ma comunque “normale”. Niente fuori dalle righe, insomma, nessuna scheggia di genialità. “Morning Side” e “Evening Side” sono due facce della stessa medaglia: una litania infinita dove i synth sono i reali protagonisti della scena, muratori di una scenografia sonora ben architettata unitamente a un campione vocale indiano che nella prima traccia canta e ripete la stessa strofa, mentre nella seconda traccia si limita ad allenare le proprie scale vocali. Aprono e chiudono, il lato mattutino e alla fine di quello serale, strutture ritmiche ormai vecchie di qualche anno, ma pur sempre efficaci. Perché se è Four Tet che le fa, allora funzionano. Devono funzionare.
Dove sta il problema? Questo nuovo album, dicevamo, non porta niente di nuovo nel campionario sonoro di Four Tet, non arricchisce ulteriormente la sua cifra stilistica per il quale è diventato famoso: niente più cocktail sapientemente bilanciati di post-rock, downtempo, jazz e breakbeat leftfield; niente di tutto questo. “Morning/Evening” è un esercizio di stile bello e buono e, se vogliamo, il problema è proprio questo. Per quanto Four Tet sia uno dei più esperti uffici stampa di se stessi, padrone indiscusso di Twitter e del cinguettio generale attorno alla sua figura, il flusso comunicativo che esce dai suoi tweet serve solo ad alimentare l’hype e il carisma del produttore britannico, ma non la sua musica. Perché è sicuramente divertente leggere dalle sue stesse parole che l’album è uscito in anticipo per celebrare il solstizio d’estate, ma per quanto tu possa sorridere e pensare “oh simpatico Four Tet, ha fatto uscire l’album in anticipo” poi, musicalmente parlando cosa resta davvero? Dispiace dirlo: poco giù di lì, prossimi allo zero.
“Morning/Evening”, insomma, è un album che non porta niente di nuovo sul piano artistico/musicale, ma solo alcuni tweet in più sul suo profilo e nient’altro. Cattiveria? No, onesta lucidità.