Il suo primo album è uscito l’anno scorso, su Rinse, ed è stato uno dei dischi più entusiasmanti del 2012 elettronico. Ma non c’era da stupirsi: il pubblico europeo Brackles lo conosceva bene, aveva avuto modo di amarlo con certi singoli degli esordi (come “LHC”, la “Hyph Mngo” della Planet Mu) e si era esaltato con la compila !K7 “Songs For Endless Cities”, che nel 2010 era stato l’incrocio più coraggioso tra le direttive post-dubstep, funky e garage del momento. “Rinse Presents: Brackles” però ha fatto qualcosa in più, rappresentando l’apice definitivo dello UK funky – l’ultima scena giovane e vivace emersa recentemente a Londa – e anche il suo lato più appetibile per il largo pubblico, con pezzi dall’appeal radiofonico come “Chasing Crazy” o “I Can’t Wait”. L’intervista qui sotto è stata quindi il modo migliore per approfondire con un protagonista della scena certi temi caldi come la Londra di oggi, il declino del funky, le possibili evoluzioni del sound e le prerogative pop che sempre più spesso affiorano nella dance. In continuità con quanto dicevamo tempo fa con Armand Van Helden: a proposito, Brackles non trova alcuna ineluttabilità nella rottura con l’underground, anzi…
Nella tua biografia su Rinse.fm sei presentato come uno sperimentatore dubstep/grime. Ti pensi ancora oggi in questi termini?
No, non più adesso. Ho cominciato in quel modo, e mando ancora qualcosa grime nei miei show, ma i miei gusti si sono ampliati adesso.
L’album che è uscito l’anno scorso su Rinse ha messo in mostra la tua capacità di interpretare tutte le prerogative dello UK funky, dal suo lato bass alla sua attitudine pop. Come vedi il funky? Oggi come oggi, lo senti adatto alle tue necessità di produzione?
Purtroppo devo constatare che il funky ormai è finito, almeno da un paio d’anni, e nessuno dei pionieri ormai segue più quello stile. Magari mi capita ancora di prendere in prestito dal funky quel pattern dal rullante asimmetrico, ma dall’album in poi le mie produzioni hanno preso le distanze da quel tipo di musica.
E quali direzioni sta prendendo il tuo sound? Stai lavorando su qualche nuova formula?
Sto pensando a qualcosa di meno ritmico. Sento il bisogno di una pausa da tutte le percussioni caotiche che avevo adottato, per ora sto ascoltando molta della prima musica synth e mi sta ispirando molto.
Quando potremo sentire queste evoluzioni? Hai in cantiere qualche uscita nei prossimi tempi?
Sì, il mio prossimo EP uscirà su Rinse intorno a luglio. Saranno 4 tracce fatte di stili differenti e in una ci sarà anche Cherri V.
Guardando indietro nella tua discografia, stilisticamente ti sei evoluto dal garage al dubstep al funky, cioè lungo le scene più vivaci che Londra ha conosciuto dai 2000 in avanti. Trovi che sia il percorso naturale per un giovane producer londinese? Quali sono gli elementi di continuità?
Sì, sono passaggi che a quei tempi venivano naturali, soprattutto quello dalla garage al dubstep. Il funky inrealtà era piuttosto diverso dal dubstep ma l’ho trovato familiare per quel rullante simile alla garage. Sono tutti generi caratterizzati da bassline potenti, che venivano mandati nelle radio pirata e supportati dagli MC, quindi ci sono tante somiglianze anche se le ritmiche cambiano.
La cosa che più è risaltata nel tuo album è la presenza di molte vocalist femminili come Terri Walker, Lily McKenzie o Meleka, che han dato ai pezzi un chiaro appeal pop. Com’è emerso questo aspetto mentre facevi il disco? Era solo la voglia di collaborare con cantanti frizzanti come loro, oppure ti piaceva l’idea che la tua musica funzionasse anche nelle radio?
Ho sempre voluto fare pezzi con linee vocali, sono cresciuto coi pezzi pop della garage e ho sempre ricevuto grande ispirazione da quei pezzi. Solo che quando sei agli inizi, non hai ancora la reputazione, i contatti o i soldi per ospitare certe cantanti. Fare il disco per la Rinse è stato fantastico, perché ho potuto introdurre le linee vocali e ho potuto registrare tutto in uno studio come si deve.
Mi ha sempre affascinato il rapporto tra un producer dance e il pop. C’è una sorta di incompatibilità tra l’idea di dance underground e il suo lato più commerciale e capita spesso che il passaggio da una parte all’altra causi una rottura col proprio pubblico. Recentemente ne abbiam parlato con Armand Van Helden e lui trovava inquesto un sensodi ineluttabilità: quando il pubblico pop ti scopre sei marchiato a fuoco e diventa impossibile ristabilire il contatto con l’underground. Come artista e producer, come affronti la cosa?
Non è facile rispondere per me perché in realtà non ho mai voluto raggiungere esplicitamente il pubblico pop. Penso che si possa mantenere il contatto con l’underground anche dopo certe release pop, uno come MJ Cole ci era riuscito ai tempi d’oro della garage. Probabilmente l’underground ti volta le spalle solo se tu produci qualcosa pop con la specifica intenzione di conquistare quel tipo di mercato.
Non hai paura che possa capitare anche a te?
Ahah no, sono ben lontano dall’avere problemi così grossi col pop!
Eppure prima o poi tutti affrontano la loro sfida col pop. Secondo te perché succede?
Penso succeda perché a un certo punto ci si stanca di compiacere sempre lo stesso pubblico. Ti vien voglia di affrontare una sfida più grande, di conquistare un pubblico più ampio.
English Version:
His first album has been released last year, on Rinse, and it’s been one of the most exciting records of electronics on 2012. Something quite predictable: european people know Brackles since his first singles (like “LHC”, Planet Mu’s “Hyph Mngo”) and they loved the !K7 compilation “Songs For Endless Cities”, the mostinspired mix of post-dubstep, funky and garage that came out on 2010. But “Rinse Presents: Brackles” did something more, representing the final peak of UK funky – the last young, lively scene emerged on London – and its most attractive side, with pop-oriented tracks like “Chasing Crazy” or “I Can’t Wait”. The interview below has been the better way to deepen hot topics like today’s London, the decline of funky, the evolution of sound and the pop orientations that often emerge on dance. Continuing what we discussed some time ago with Armand Van Helden: by the way, Brackles doesn’t think that pop turn is strictly inevitable…
In your bio you’re introduced as a dubstep/grime experimenter. Do you still look at yourself in this terms?
Nah, not so much these days. I started out on that stuff and will still play some grime on my show, but my tastes are much broader now.
In the album released last year for Rinse you proved your ability on interpreting UK funky theories, from its bass side to its “pop” attitude. How do you see funky? Is it flexible enough for your production intentions right now?
I’d say Funky is completely over now, it’s been over for the last couple years and none of the pioneers are making that style anymore. I still might borrow the odd snare pattern from funky, but my production has moved away from that style since the album.
And how is your sound evolving now? Are you working on some new formula?
I’m thinking about doing some beatless stuff. Feel like I need a break from all the messy percussion I use and I have been listening to a lot of early synth music which has been inspiring me.
When can we hear these evolutions? Do you have in plan some release in next future?
I’ve got my next EP dropping on Rinse around July time. It’s a 4 track EP through different styles and has one track featuring Cherri V.
Looking back on your discography, stylistically you evolved from garage to dubstep to funky, that are the most lively scenes that emerged on London from 2000s to now. Do you find natural that a young London producer follows this production path? Which are the elements of continuity?
Yeah it felt natural at the time, especially garage to dubstep. Funky was quite different to dubstep but it felt familiar to me because of what it shares with garage. I guess they’re all genres with big basslines, mainly played on pirate radio with MCs hosting so there’s a lot of similarities between them even if the rhythmic template changes.
One of the most evident side of your last album is the presence of several female vocalists like Terri Walker, Lily McKenzie or Meleka, in several tracks with a clear pop appeal. How has this aspect emerged in making that album? Was it only the desire of collaborate with tasty singers like them, or did you like the idea that your music should work also on radio channels?
I’ve always wanted to do stuff with vocals, I grew up on poppy garage tracks and have always been really inspired by those tracks. But when you’re starting out, you don’t have the reputation, contacts or money to sort out vocalists for tracks. It was great to do the cd with Rinse as it meant that I could do some vocal tracks and get it all recorded in a proper studio.
The relationship between the dance producer and the pop is always fascinating. There is a certain incompatibility between the idea of underground dance and its commercial-oriented side and it often happens that the passage from the first to the last produces a split with the audience. We recently talked about this topic with Armand Van Helden and he found in this a sense of inevitability: when the pop audience discovers you, you are definitively marked and for you it’s impossible to restore the connection with the underground. As artist and producer, how do you deal with this?
It’s kind of hard to answer as I’ve never intended to reach a pop audience. I think it’s still possible to retain an audience with the underground even if you have pop releases, MJ Cole managed to do it back in the garage days. I think the underground only turns it back on you if you release something much poppier to try and break the market.
Don’t you fear that this could happen also to you?
Well, I’m a long way off from a pop challenge yet haha.
But sooner or later, everybody has to face its “pop” challenge. Tell us your point of view, why this always happens?
I guess the reason it happens though is that people get bored of just pleasing the same crowd and feel like they need a bigger challenge or to reach a big audience.