Abbiamo intervistato Andy Stott dopo la sua esibizione romana presso la Warehouse (evento organizzato dalla crew di LSWHR e Rebel Rebel) ed è stata l’occasione per avvicinarci al suo modus operandi da produttore, per cogliere aspetti importanti dei suoi ultimi due album in studio “Luxury Problems” e “Faith In Strangers” oltre che per confermare – se pure ce ne fosse ancora bisogno – che si tratta di un artista dalla sensibilità assolutamente fuori dall’ordinario.
Il tuo ultimo lavoro in studio “Faith In Strangers” è qualcosa di più delle singole parti che lo compongono, credo che per cogliere tutte le sfumature e goderne appieno vada ascoltato dall’inizio alla fine in una sorta di immersione totale.
In effetti è così, l’album è pensato per funzionare nel modo che hai detto, una sorta di percorso che ha un inizio, un corpo centrale e una fine.
Il tuo album precedente “Luxury Problems” era più compatto, nel senso che aveva una personalità più definita mentre “Faith In Strangers” è più sfuggente – per quanto mi riguarda anche più affascinante – sembra che tu ti sia divertito a sperimentare su una tavolazza sonora più ampia.
Entrambi gli album hanno una tensione emotiva che li percorre. Nel caso di “Faith In Strangers” posso dirti che nei due anni che lo hanno separato dal precedente sono stato ispirato da molta più musica, dai generi più diversi, quindi credo sia per questo che “Luxury Problems” appaia più uniforme.
L’immagine di copertina di “Faith In Strangers” sembra suggerire a livello inconscio il contenuto dell’album: quel totem è una figura in qualche modo familiare ma allo stesso tempo inquietante, come l’effetto che fa lo scorrere dei brani sull’ascoltatore.
Hai assolutamente colto nel segno! L’immagine di copertina è come una chiave per entrare nell’album, è la rappresentazione visiva del suo contenuto. E’ una figura magnetica che può suscitare stati d’animo differenti. Una curiosità: l’affaccio che si vede nella foto è New York.
Come nasce un tuo brano, magari parti da un loop, da una linea vocale, da una sensazione… qual è il tuo processo di lavorazione?
Solitamente entro nello studio e accendo ogni apparecchiatura, può succedere tutto anche molto velocemente, come hai detto tu magari ho una sensazione e cerco di trasformarla in qualcosa di concreto, di registrarla subito. Il frutto di questo lavoro è una miriade di stralci di brani, che poi condivido con i miei amici dell’etichetta Modern Love, per avere riscontro in merito e magari ottenere dei consigli su quei pezzi dove c’è più potenziale e maggiore intensità. E’ successo anche che alcune prime registrazioni sono diventate i brani definitivi: “Damage” e “No Surrender” sono due first takes, in pratica le versioni che si sentono su disco sono esecuzioni dal vivo.
Toglimi una curiosità, com’è nato il brano chiamato “Violence”, il processo di lavorazione è stato più complesso?
Non puoi averne idea! Nella cartella “Violence” del mio computer ci sono così tante versioni di quel brano, decine di pezzi diversi, la prima per esempio è totalmente diversa da quella registrata sull’album. Alla fine ho scelto quella più convincente, ho aggiunto la linea di batteria ed era pronta alla pubblicazione.
In “Missing” invece mi è venuta in mente una immagine, quella di un uomo che cammina in un corridoio di specchi… una suggestione simile a quella voluta dai Kraftwerk per il brano “Showroom Dummies”.
E questo il bello della musica, il rapportarsi ad essa senza preconcetti. In “Missing” mi sono divertito a suonare il basso e poi ho aggiunto un effetto digitale che rende il brano in qualche modo sfuggente, come se fosse frutto di un riverbero. E’ una traccia che mi piace molto.
Raccontami qualcosa della tua collaborazione con Allison Skidmore, lei presta la sua voce in molti brani dei tuoi ultimi due album. Quanto ti ha influenzato nella scrittura delle tracce?
Lei fa parte della mia famiglia, tra le altre cose è stata la mia insegnante di pianoforte quando ero ragazzino. Posso dire che con la sua voce il processo creativo è diventato ancora più stimolante, riesce a cantare in molti stili differenti. Mentre per “Luxury Problems” le avevo chiesto di inviarmi ogni sua intuizione, in “Faith In Strangers” è stata determinante proprio a livello di composizione. Dal punto di vista lirico mi ha dato molti suggerimenti ma naturalmente lo stile complessivo dell’album appartiene a me.
Mentre scrivi un album ascolti altra musica oppure ti concentri esclusivamente sul tuo materiale?
Faccio molta attenzione a ciò che ascolto mentre produco perché correrei il rischio di replicare alcune soluzioni che non mi appartengono. Voglio che sui miei dischi ci sia la mia personalità e non quella di altri artisti. Poi negli ultimi due anni la mia strumentazione si è allargata e quindi è stato necessario imparare ad usarla al meglio, questo porta via tempo e c’è bisogno di concentrazione.
Come si sta nella Modern Love, mi sembra che tu la consideri come una seconda casa.
I ragazzi della Modern Love sono fantastici! Loro sono la mia famiglia, ci conosciamo tutti e cerchiamo di condividere quanto più possibile le nostre esperienze, di influenzarci vicendevolmente. E’ davvero un ambiente stimolante.
Che musica ascolti a casa, nel tuo privato?
Ascolto molta, moltissima musica… se vuoi un nome di un disco che sto ascoltando recentemente è “Cocain Dead” di Prurient, ma davvero non mi pongo limiti e ascolto la roba più varia, da album di Italo disco a quelli di Arthur Russel.
Poi immagino che vivendo in famiglia non puoi sempre mettere i dischi che piacciono a te…
A dire il vero è mio figlio che mi chiede spesso di mettere su musica jungle!
Riguardo l’esibizione di questa sera, è stata un collage di frammenti industrial, noise, jungle, inframmezzati da campionamenti vocali eterei che sono oramai il tuo marchio di fabbrica. Avevi una scaletta di massima?
Ho una libreria di suoni che di volta in volta cambio e so quello che può andare bene dopo ogni segmento. Non mi va di suonare per intero un mio album, per ascoltare quello basta restare a casa e mettere su il disco. Credo che per l’esibizione dal vivo sia necessario un approccio diverso, entrare in sintonia con il pubblico e proporre cose diverse.
Che poi sono proprio quelle cose diverse che potrebbero funzionare bene e magari confluire in un tuo nuovo album giusto?
Esattamente!
English Version:
We interviewed Andy Stott after his Roman performance at the Warehouse (event organized by the crew of LSWHR and Rebel Rebel) and it was an opportunity to get closer to his producing modus, to capture important aspects of his last two studio albums “Luxury Problems” and “Faith in Strangers” as well as to confirm – if it were needed – that he is an artist with a feeling absolutely out of the ordinary.
Your last studio album “Faith In Strangers” is something more than the sum of its parts, I think that to get all the nuances and fully enjoy it must be listened from start to end in a kind of total immersion.
Yes, the album is meant to work just the way you said, a kind of path that has a beginning, a middle and an end.
Your previous album “Luxury Problems” was more compact, with a more definite personality, as “Faith In Strangers” is more unidentifiable – for me even more fascinating – it seems that you enjoyed experimenting on a wider sound palette.
Both albums have an emotional tension that runs through them. In the case of “Faith In Strangers” I can tell you that in the two years since the previous I have been inspired by much more music from different genres, so I guess that’s why “Luxury Problems” appear more uniform.
The cover image of “Faith In Strangers” seems to suggest in a subconscious way the contents of the album: the totem is a figure somewhat familiar but also perturbing, as the effect that makes the flow of the songs on the listener.
You absolutely got it perfect! The cover image is like a key to enter in the album, is the visual representation of its content. It’s a magnetic figure who can raise different moods. A curiosity: it’s a picture from New York.
What’s your process to get a new track? Maybe you start from a loop, a vocal line or just from a feeling.
Usually in the studio I turn each piece of equipment on and everything can happen very quickly, as you said there can be a feeling and I try to turn it into something concrete, to record it immediately. The result of this work is a myriad of excerpts of songs, that I share with my labels friends in Modern Love, to get a feedback and maybe get some advice on those parts that have more potential and a stronger intensity. Also happened that some early recordings have become the definitive songs: Damage and No Surrender are two first takes, the versions on the record are live performances.
And what can you tell me about the track called “Violence”, the process was more complex?
You can’t have any idea! In the “Violence” folder of my computer, there are so many versions of that song, dozens of different pieces, the first one for example is totally different from that recorded on the album. In the end I chose the most convincing one, I put the drums around it and was ready.
Instead listening to the track called “Missing” I focused in my mind a picture of a man walking though a hall of mirrors… a suggestion similar to the one wanted by Kraftwerk for the song “Showroom Dummies”.
That’s the beauty of music, to deal with it without preconceptions. In “Missing” I enjoyed playing the bass and then I added a digital effect that makes the song somewhat elusive, as if it were a result of a reverb. It’s a track that I really like.
Tell me something about your collaboration with Allison Skidmore, the voice of many songs from your last two albums. How much has influenced your writing process?
She is a part of my family, among other things was my piano teacher when I was a kid. I can say that with his voice the creative process has become even more challenging, she can sing in so many different styles. While for “Luxury Problems” I asked her you to send me every single idea, in “Faith In Strangers” she was fundamental for the composition. From the lyrical point of view she gave me many tips, but of course the overall style of the album belongs to me.
While writing an album do you listen to other music or you just focus on your material?
I pay much attention to what I listen while I produce not to run the risk of replicate solutions that do not belong to me. I want put on my records my personality and not that of other artists. Then in the last two years my instrumentation has expanded and so it was necessary to learn to use it at the best, this takes time and need to be concentrate.
How do you feel inside Modern Love, looks like you consider the label a second home, right?
The guys of Modern Love are fantastic! They are my family, we all know each other and we share our experiences as much as possible. It’s really a challenging ambience.
What music do you like to listen to at home?
I listen to a lot music, really a lot… if you want a name of a record that I’m listening to lately is “Cocain Dead” by Prurient, but really I do not limit myself in a specific genre, I listen to the most varied stuff, from Italo disco to those works of Arthur Russell.
Then I imagine that living with your family you can not always listen to the music you like…
Actually is my little boy that asks me to put on jungle music!
About tonight performance, it was a collage of industrial, noise and jungle fragments interspersed with the ethereal vocal samples that are your trademark so far. You had a rough idea of what to play before the show?
I have such a sounds library that I change from time to time and I know what can work good after each segment. I can’t play the album, you can sit at home and listen to my record, I think that in a live performance is required a different approach, to get in tune with the audience and propose something different.
You mean those different things that might work well and maybe merge into a new album, right?
Exactly!