Basterebbe tornare tre anni indietro per riuscire a vedere quante correnti musicali si siano alternate in questo lasso di tempo, dalla percussiva con influenze etniche alla housy dagli hat frastornanti fino a Jamie Jones e Lee Foss. Ma prima? prima ancora ricordate quale genere/filone era sulla bocca di tutti? Vi dò un piccolo indizio, era il 2008 e la techno-minimale spopolava alla grande, una cricca in particolare era gettonatissima… Quell’underscore contenuto nel riquadro bianco vi fà venire in mente qualcosa? Bando alla ciance, sto parlando di Minus e tutti coloro che hanno reso quest’etichetta, e non solo, così importante nel panorama odierno.
A dir la verità non sono un particolare estimatore di quest’etichetta e del genere in se, ma ci sono alcuni lavori che vanno ben oltre il concetto di “genere”. Sto parlando di tracce che si rifiutano di essere incatenate a una definizione, ed infatti definizione non c’è. Li chiamerei semplicemente “evergreen”: “Seeing Trough Shadows”, “Spastik” e “Bay Of Figs” tanto per ricordare qualche titolo…ma schiviamo questa parentesi nostalgica per passare al prossimo lavoro di casa Minus a firma Mathew Jonson. Piccola nota: l’ultimo nonchè primo lavoro di Matt su Minus è stato “Decompression”(correva l’anno 2004), non so se lo ricordate ma in caso negativo fiondatevi sul tubo e aprite le orecchie. Parlando di “Learning To Fly” (ogni riferimento ai Pink Floyd non è puramente casuale), per l’appunto l’ultima fatica del canadese, si può dire che sia uno dei dischi più belli di Matt, paragonabile per costruzione e sonorità al capolavoro che fu “Marionette” sulla sua Wagon Repair.
Dodici minuti in cui si impara a volare per davvero. Una carrellata di suoni spaziali e di melodie di synth che si fondono perfettamente tra loro trovando un’intricata armonia e completezza. La traccia si apre con un pattern composto da shaker più un synth mentale per poi riempirsi pian piano con le varie melodie, su queste direi che il produttore canadese ha lavorato davvero sodo vista la maestria con cui la traccia si evolve.
Nulla a che vedere con la techno fredda e meccanica a cui Minus ci ha spesso abituati, in questa traccia sono le melodie a farla da padrona rincorrendosi senza sosta in un gioco di intrecci che mantiene la traccia in continuo movimento donandogli quella dinamicità che la rende incredibilmente fluida anche dopo ripetuti ascolti. Ora probabilmente vi avrò riempito le scatole con tutte queste parole, perciò vi consiglio di passare dalla teoria alla pratica e di andare ad ascoltare questo che probabilmente sarà uno degli inni techno di quest’estate.