Tananai è una dei nomi emergenti più attivi del panorama indie italiano: in pochi mesi ha già pubblicato diversi singoli in grado di rivelare le sue molte sfaccettature, frutto di abilità nella scrittura e nella produzione. Nel caso in cui vi stiate chiedendo da dove derivi il suo nome d’arte, dovete sapere che è una parola dialettale usata per indicare una “piccola peste”. Suo nonno lo chiamava proprio così da bambino e il cantautore ha deciso di utilizzarlo come forma di tributo nei suoi confronti. Sulla abilità alla produzione, invece, bisogna sapere che il suo background non è quello del indie kid che prova ad imbroccare la via giusta, ma nella sua precedente vita artistica – a nome Not For Us – aveva dato prova di una preparazione davvero profonda ed intrigante. Così come è intrigante che, ad un certo punto, abbia deciso di “rinascere” con una morfologia sonora molto diversa.
Il 17 gennaio è uscito “Giugno”, il suo nuovo singolo, uno sfogo estremamente vivido e personale dedicato alla fine di una storia d’amore, tra immagini di una casa nuova che brucia e rose appassite sul cruscotto. Per l’occasione gli abbiamo chiesto le sue 5 copertine preferite, quelle che lo hanno maggiormente segnato e ispirato: ecco cosa ci ha raccontato.
“THE LIFE OF PABLO” – KANYE WEST
Il mio album preferito di sempre, credo. Oltre i numerosi capolavori all’interno, mi piace la copertina perché è molto semplice e pur arrivandoti “in faccia” per via del colore, ti costringe al contempo a concentrarti sui dettagli per coglierne a pieno l’interezza. Iconica.
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“TOTAL” – SEBASTIAN
Sebbene l’album non mi piaccia più di tanto attualmente, Sebastian è stato un produttore molto presente nel mio percorso di ascolti musicali, soprattutto quando ero piccolo. E questa cover la trovo di una potenza e semplicità disarmante: credo rappresenti molto bene il narcisismo di ogni artista.
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“UNTRUE” – BURIAL
Autore del disco più bello di sempre dell’IDM e – a mio avviso ovviamente – dell’elettronica in generale. Il fatto che fino a qualche anno fa questo disegno fosse l’unica (supposta) rappresentazione di Burial, lo rende ancora più affascinante.
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“THE DARK ALBUM” – PYREX / DARK POLO GANG
L’album che ha posto l’Italia allo stesso livello – se non superiore – dell’America nella trap.
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“CULTURE” – MIGOS
La cover più iconica del 2017. E poi l’ha fatta il mio amico nonché mio grafico MOAB. Cos’ha tirato fuori, mamma mia!