Ieri a The JamBO è stata la giornata dello spettacolo di massa. Lo si capiva già vedendo la coda ai tornelli nel primo pomeriggio e lo si intuiva da come lo speaker ha pompato continuamente il main event della sera, il Best Trick Contest della FMX che poi sarà trasmesso in diretta streaming sul sito ufficiale, effettivamente la performance più esaltante vista finora. Tutto sommato un segno positivo, la numerosità degli spettatori è un elemento sempre fondamentale per la buona riuscita di un evento e il fatto che i cronisti sportivi non fossero più costretti a stimolare applausi e rumore è stato rassicurante.
Area Nissan dunque freneticissima. Quella Juke Nismo bianca ha piroettato come un flipper per tutto il giorno mentre intorno a lei la gente continuava a partecipare alle “Nissan experiences”, la presenza di Tonio Liuzzi ha sicuramente fatto la sua parte e son stati molti quelli che hanno avuto il fegato di provare l’accellerazione della Leaf Nismo, il bolide racing presente nel capannone: da zero a scheggia in meno di un respiro, e la sorpresa resta il fatto che quell’auto è 100% elettrica a zero emissioni, caratteristica che la rende unica tra le auto della sua categoria. Accanitissime invece le sfide della GT Academy e il motivo è comprensibile: chi realizza i migliori tempi nella simulazione alla PS3 avrà l’occasione di iniziare un reale percorso di pilota professionista e guidare proprio le due auto del videogioco, la Nissan 370Z e la GTR. Se hai 18 anni magari è anche il tuo sogno ed è corretto che tu provi a inseguirlo.
Nell’area action sport, oltre allo spettacolo visivo della FMX e al suo gustoso rapporto di empatia col pubblico, il grande spettacolo ieri l’ha offerto il parkour: tra lo Speedy Contest del primo pomeriggio e lo Style Challenge della sera s’è visto letteralmente di tutto, salti, capriole e giri della morte sui muri e sui pali che riproducono un normale spazio urbano. Un concetto di armonia e libertà applicato all’ambiente cittadino che è anche una gioia per gli occhi, soprattutto quando sei cosciente di quante altre pratiche meno sane potevano accalappiare questi giovani cresciuti nei quartieri periferici delle grandi città. Numeroso anche il pubblico intorno alla zona wakeboard (le evoluzioni erano esaltanti, ma c’entrava sicuramente anche la possibilità di esser bagnati durante le discese degli atleti) e sempre visivamente eccitanti le sfide al FS football e basketball. Frequentatissime inoltre le sfide street dance che si son tenute per tutto il giorno, toccando l’apice a fine serata col fascino inimitabile delle battaglie hip-hop crew vs. crew: quei ragazzi così appassionati e legati al proprio gruppo che evolvono il proprio stile in modo unico per difendere la dignità di appartenenza alla propria idea di riconoscimento sociale, eppur con grande rispetto dell’avversario, è ancora una volta un gran bel segno di sport per i giovani di oggi. Senza contare il forte legame con la musica, che poi è la cosa che comprensibilmente più ci affascina.
E la musica ieri era in effetti la cosa che più ci interessava. I nomi erano importanti e son stati selezionati astutamente proprio pensando a un pubblico più numeroso degli altri giorni (a occhio e croce circa 2000 persone sotto il palco), un quartetto di “professionisti dello spettacolo” selezionati per la loro capacità di esaltare le masse di spettatori. La prima ora era in mano ai North Base ed è venuta fuori tutta l’efficacia della formula dj+mc, che in fatto di incitamento del pubblico notturno resta ovviamente la pratica più battuta: non c’era motivo di contenere il casino che si poteva fare e il gruppo ci è andato giù di brutto, mettendo tutto quel che poteva funzionare su un pubblico venuto solo per divertirsi, dagli stimoli d&b ed electrorock che fan tanto anni ’90 alle inevitabili mosse brostep e trap di oggi, passando con grinta da un Baauer a un Flux Pavillon secondo una scaletta studiata per far saltare il tappo delle inibizioni per il resto della sera. E infatti Riva Starr, entrato subito dopo, aveva già il pubblico caldo per dar fiato alla sua discussa fase tech-house, con la sua bell’oretta di “cassa ignorante”: un’offerta che effettivamente non si può esaltare per dinamismo o originalità ma che trova realizzazione nel piacere facile che ne ottiene il pubblico. Son pochi quelli che hanno di fatto trovato più soddisfazione nei momenti fuori schema come Addison Groove e i Prodigy (noi eravamo tra quelli), quando i numeri son grossi il tunz funziona sempre e se ci aggiungi un dj che si muove molto dietro la consolle il gioco è fatto. Un gioco facile ma che raggiunge il proprio risultato, chi vuole contestare provi ad alzare la mano.
Gli act più spettacolari però dovevano essere Dizzee Rascal e i Major Lazer, e così è stato. Anche perché si è trattato di un live con tanto di fumo ed effetti speciali, qualcosa di più vicino a un concerto rock che a un dj set. Dizzee ha fatto la sua porca figura alternando il profilo aggressivo e sporco della sua prima fase di produzione alla più recente fase in cassa che live funziona alla grande: puoi contestarne l’attitudine commerciale solo se stai seduto sul divano di casa tua, ma se metti tre rapper sul palco e lasci che i bassi di “Bonkers” ti stritolino le budella, hai poco di che lamentarti. Anche perché la stella del grime lascia ancora che a parlare sia ancora la musica, e questa resta la cosa davvero importante.
Perché lo sottolineiamo? Perché così non è stato nel momento più atteso del festival, ossia il live dei Major Lazer. Che alla gente è piaciuto come non mai, sia chiaro, ma che ha sorpreso per il tasso di entertainment extra-musicale presente nella performance: faceva male pensare alle competenze musicali di Diplo mentre lo vedevi fare il divo del suo teatro personale, in piedi sulla consolle a sventolare il bandierone col suo simbolo o nel pallone trasparente a fare stage diving come una stella dell’hard rock. E soprattutto faceva male osservare quanto è cambiato il mondo dance e quanto sia diventato importante oggi curare la scena, l’effetto visivo, prima del contenuto. Tanto basta un “Harlem Shake” o una “Higher Ground” per far felice il pubblico, tanto c’è “Jah No Partial” che live spacca il doppio delle altre due messe insieme, e allora tanto vale costruirsi uno show tutto sullo spettacolo di pancia. Tutto accettabile finché non sconfini nel cattivo gusto: far salire sul palco il nostro fotografo è stato il colpo di fortuna (e la fotogallery testimonia); chiamare in causa tre o quattro ragazze del pubblico per disinibire ancor più la cosa era già un po’ al limite; metterle col culo a ponte e usarle come bonghi è decisamente offensivo verso chi ha ancora un’idea dance piena di dignità e vorrebbe che la vera protagonista fosse la musica. Perché se lo spettacolo diventa una componente tanto preponderante, ci vuol poco a passare alle torte in faccia.
Ragionamenti, questi, che meriterebbero uno spazio più approfondito in altra sede, e state certi che ne riparleremo. The JamBO nel frattempo continua, e va detto che risponde bene alle attese del suo pubblico, proprio perché è così che è stato pensato, dalla scelta degli sport a quella dei protagonisti musicali. Insomma, la parola d’ordine è “spettacolo”. Oggi la giornata conclusiva con Tessela, James Zabiela, 2 Many DJs e Armand Van Helden. Domani il nostro puntuale report giornaliero.
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