Synth commercialotto, bassline coattella e vocal anni ’90, degno del miglior disco di Corona. No, non stiamo parlando del nuovo disco di Mario Fargetta – anche se lo stile di questo prospetto di hit, ahinoi, ha proprio il suono del Deejay Time – ma del tuo nuovo lavoro, caro Marco. Mai avrei pensato di scrivere (e di pensare) certe cose sul conto di uno qualsiasi dei tuoi lavori, ma questa volta non riesco proprio a capire quale sia stato l’ingranaggio che ha messo in moto la macchina con cui ti stai giocando la reputazione, almeno dinnanzi a me. Parole dure? Forse, ma “Mainline”, nata dalla collaborazione con Syron, mi sembra un attentato alla tua carriera. Niente di personale.
Va bene tutto, amico mio, ma per favore spiegati. Anzi no, lascia perdere, perché c’è veramente poco altro da aggiungere dopo aver ascoltato i quasi sei minuti di “Mainline”. Lasciami dire, e poi giuro che non ti ruberò altro tempo, che mi hai deluso perché in te vedevo uno dei pochi personaggi “disco-e-affini” capaci di non annoiarmi e di dare un pò tiro ai propri lavori senza necessariamente scadere nella banalità. Banalità, appunto. Saresti pure uno tosto, uno di quelli con gli attributi quadrati (almeno fino a ieri), ma non basta una ritmica 808 per non farci rimpiagere quanto di buono ci hai fatto ascoltare negli ultimi anni, dovresti saperlo. Non bastano nemmeno le tue parole – “Volevo produrre un pezzo da club, un disco dal sapore tipico degli anni ’90 quando ho iniziato ad uscire la sera” – che a dirla tutta suonano un pò come un mettere le mani avanti, per trovare una giustificazione a quello che ai miei occhi sembra proprio essere un vistoso passo indietro.
I gusti sono gusti, sono il primo ad ammetterlo, ma che fine ha fatto il Tensnake di “Coma Cat” e di “Congolal”? Scusami se mi sono lasciato trasportare, ma questo nuovo Defected (a proposito, grazie per l’ennesima vittima) proprio non riesco a digerirlo.
Matteo, un tuo (ex) fan deluso.