È stata la settimana degli album e Suoni & Battiti non poteva non tenerne conto. Tra le tante uscite già nei negozi e tra quelle pronte a vedere la luce da qui a fine anno, abbiamo scelto di concentrare la nostra attenzione e la nostra analisi su alcuni dei lavori più attesi – vedi l’album d’esordio degli Apollonia, il trio che esordisce con “Tour à Tour” lasciando più di qualche dubbio sulla resa della raccolta – e su quelli che abbiamo reputato essere i meglio riusciti. Così si alza il sipario sull’album di Samuli Kemppi e su M_Rec Ltd, che si affida alla qualità e al talento del finlandese per pubblicare il suo primo long play, e sul meraviglioso Fabric di Prosumer, che uscirà a fine anno e che già si candida come una delle compilation più coinvolgenti e incisive del 2014.
Gli argomenti e i temi sono tanti e vari, voi che ne pensate?
[title subtitle=”Fabric 79: Prosumer”][/title]
Se il tuo nome è la fusione dei termini “producer” e “consumer”, come insegna Alvin Toffler nel suo libro “La Terza Ondata”, non puoi che essere un artista capace di stringere un legame fortissimo con il tuo pubblico, quello che per anni ha calcato il dancefloor di fronte ai tuoi giradischi, in quelle lunghissime maratone musicali che vengono celebrate ogni weekend a cavallo tra il sabato e la domenica. Stiamo parlando di Achim Brandenburg, in arte Prosumer, ovvero uno dei più grandi esponenti dell’house music di stampo teutonico nonché new entry all’interno del catalogo Fabric, per quella che verrà certamente ricordata come una delle puntate più belle e vibranti dell’intera collana. Eh sì, perché la settantanovesima uscita della serie che ha appena visto protagonista quell’altro pezzo da novanta che risponde al nome di Raresh, ha tutto per essere inserita nello scaffale delle compilation senza tempo, quelle che vanno bene e andranno bene sempre, in ogni occasione. Ennesima dimostrazione di gusto e grande cultura musicale, la selezione di Prosumer è particolarmente ricca, sia in termini di lunghezza della tracklist (ventiquattro tracce non sono assolutamente cosa comune) che per quanto riguarda i “temi” che sceglie di toccare per colpire l’ascoltatore. Il suo lavoro, poi, ha il pregio di sembrare e suonare esattamente come uno dei suoi dj set, dove i colori e il calore del suono di Chicago, Detroit e New York si amalgama alla perfezione trovando il giusto equilibrio tra ciò che Prosumer ritiene all’altezza del dancefloor, ciò che (a suo dire) il suo pubblico non può assolutamente non ascoltare e i suoi personalissimi evergreen. E così si alternano, in un sali-scendi di emozioni, Chez Damier e Axel Boman, l’inseparabile Murat Tapeli e Crowdpleaser, i Tuff City Kids e l’imprevedibile (e imprevista) “She’s Got Her E.R.A.” – solo per citare alcuni dei momenti più alti della selezione. Il Fabric numero settantanove uscirà poco prima di Natale: fare felice chi amate non è stato mai così economico.
https://www.youtube.com/watch?v=8VObFPQc8Cc
[title subtitle=”Apollonia – Tour à Tour (Apollonia)”][/title]
Se il primo vero, grande sussulto arriva dopo circa sessantasei minuti, ovvero quando alla fine dell’album manca solo “Haight Street”, allora c’è qualcosa da rivedere assolutamente. Non che il trio Apollonia sia privo di talento, per carità, o che in passato non abbia dato prova di saperci fare con l’house music, ma questo “Tour à Tour” sembra un album figlio di tanto mestiere e poco cuore. Ad avere un po’ di memoria storica e un briciolo di conoscenza della scena francese di inizio secolo, è impossibile non ricondurre tutto questo a quanto Dyed Soundorom, Shonky e (ovviamente) Dan Ghenacia ci hanno fatto ascoltare nel recente passato, portando in alto la compianta Freak ’n Chic. Lavori come “Garden EP”, “Question”, oppure “Tapioka” (questo su Tsuba) e “Le Velour” (sulla Real Tone di Franck Roger) rappresentano infatti lo stato embrionale di una piattaforma, Apollonia, che non è stata in grado di portare uno step oltre un suono sexy come pochi altri all’interno della scena house. Apollonia, fermi tutti, ha anche il merito di aver prodotto una serie di release – le prime – validissime ed estremamente divertenti, salvo poi mollare un po’ la “presa” e arrivare spompa al grande appuntamento, quello dell’album. “Tour à Tour”, per farla breve è una raccolta ben fatta ma priva di grosse idee, senza cambi di rotta mozzafiato e dove il groove (sempre caldissimo e comunque vibrante) tende ad appiattirsi troppo presto a vantaggio di tool/marcette ottime per i dancefloor diurni e poco più. Troppo cattivi? Giudizi impietosi? Forse, ma non possiamo essere più onesti di così quando diciamo che, conoscendo il potenziale, ci saremmo aspettati un’ora abbondate di bassline sensuali e una costruzione dei brani degna della migliore scuola parigina.
https://soundcloud.com/cue_and_play/premiere-apollonia-sona
[title subtitle=”Samuli Kemppi – The Observer Effect (M_Rec Ltd)”][/title]
Accurato e appassionato esploratore della musica techno a trecentosessanta gradi, Samuli Kemppi non è semplicemente uno dei dj scandinavi più importanti e talentuosi, ma una vera e propria icona per chi a certi suoni non sa proprio negarsi. Dj, promoter e produttore dal grande gusto e dalla sensibilità fuori dall’ordinario (andate a ripescarvi le vecchie puntate del suo programma radio “Deep Space Helsinki”), l’artista finlandese ha dispensato nel corso degli anni EP per alcune delle più importanti label della scena – Prologue, Perc Trax e Mote Evolver su tutte – prima di scegliere M_Rec Ltd come piattaforma a cui affidare il suo album d’esordio, dopo esser transitato a più riprese sull’etichetta milanese con alcuni suoi lavori. Così ecco “The Observer Effect”, raccolta che colpisce per la cura quasi maniacale con cui Kemppi conferma la sua quasi-ossessione per il sound design di matrice analogica e lavoro assolutamente stimolante ed emotivamente coinvolgente. Merito della registrazione live di tutte e dodici le tracce che lo compongono, grande particolarità dell’album, e della costante e utopica ricerca degli incastri e dei movimenti perfetti – il tutto abbandonando quella post produzione digitale in grado sì di limare gli spigoli più affilati e pericolosi dei suoni, ma colpevole secondo Kemppi di uccidere la forza e l’impatto “sincero” del suono. In “The Observer Effect”, per questa ragione, non manca assolutamente la carica legata ai suoni crudi e impetuosi scelti dal finlandese, così come è impossibile non riconoscere al suo interno l’amore e l’onestà che lo stesso Kemppi nutre per quella techno che vive sulla sua pelle da tutta la vita. “The Observer Effect”, pur muovendosi agile tra gli angoli più sinistri della techno, resta una raccolta estremamente personale, un lavoro capace di mettere, forse come mai prima d’ora, la visione del finlandese al centro di tutto.