Quando sentiamo Napoli ci viene subito in mente una famosa canzone dei Litfiba, “croce e delizia”. Croce si sa, si tratta di una città con un pò di buchi neri (non è che le altre città non li abbiano). Delizia beh, è considerata come una delle città più belle del mondo. Dove non sembra avere croci questa città è in campo discografico, continua infatti da anni a sfornare talenti che fanno ballare e saltare ogni club del mondo; sarà la grande cultura musicale che c’è in questa città, diffusasi grazie alle varie “crew” che nel corso degli anni hanno organizzato e continuano ad organizzare eventi portando i più grandi artisti del globo. La loro forza è stata quella di essere “camaleontiche”, di seguire le tendenze musicali e i bisogni del dancefloor, vivendo le varie tappe evolutive della scena musicale internazionale senza mai sfociare nel commerciale. La diffusione culturale è iniziata con il passaggio delle musicassette da generazione a generazione, poi è toccato ai cds e adesso è il turno dei link in rete. Uno degli artisti che si è formato in questo ambiente è Roberto Capuano. Assiduo frequentatore di club napoletani è riuscito a balzare dal dancefloor alla consolle grazie ad un susseguirsi di produzioni che hanno catturato l’attenzione di Markantonio prima e Adam Bayer poi, senza contare che le sue tracce sono ormai supportate da tutti i djs techno più importanti. Lo abbiamo intervistato per conoscere meglio il suo passato, il suo presente e quello che ha in serbo per il suo futuro.
Il tuo primo approccio con la musica risale all’età di 11 anni: cosa ti ha spinto a farlo in così tenera età?
Ho avuto la fortuna di crescere con degli zii appassionati di musica, ma in particolare uno di loro, che vive da tanti anni a Londra, è quello che sin da piccolo mi ha sempre fatto giocare con i suoi strumenti e le sue macchine e credo che questo abbia influito tanto sulla mia passione per la produzione musicale… fino ad una certa età per me è sempre rimasto un gioco passare ore vicino a qualche software a creare musica, poi pian piano ho iniziato a prendere più seriamente la cosa e adesso lo faccio per professione a tempo pieno.
Sappiamo che sei presto entrato nelle grazie di Markantonio, uno dei padrini della techno napoletana. Parlaci di come è avvenuto il vostro incontro e di quali sono i vostri rapporti oggi.
Il primo incontro con Mark risale al 2008 quando gli inviai le mie prime demo. Non ero molto ottimista sulle cose che gli mandai e invece con grande sorpresa mi arrivò subito la sua risposta, dicendomi che era interessato ai miei lavori e che mi avrebbe fatto uscire sulla sua label MKT. Ero contentissimo, per me era la mia prima uscita sua una label importante! In cinque anni il nostro rapporto è cambiato radicalmente, praticamente ormai ci vediamo quasi tutti i giorni visto che condividiamo gli stessi spazi di lavoro e ci si vede anche al di fuori degli orari di studio. Oltre a crescere il nostro rapporto professionale, è nata anche una bella amicizia tra noi.
Cosa pensi dei clubbers? A Napoli sono molto legati ai djs della città. Tu prima di diventare una figura di spicco tra i dj sei mai stato un clubber?
Siamo fortunati a Napoli ad avere un pubblico così, ci supportano ovunque e si affezionano in una maniera incredibile! Ero così anch’io quando vivevo questo mondo nelle vesti di clubber ed ancora ora lo sono, infatti quando non lavoro molto spesso vado ad ascoltare altri djs non solo techno.
Cosa si prova ad esibirsi all’Old River Park, tempio della techno campana e club molto ambito dalla maggior parte dei djs?
E’ assolutamente emozionante, sopratutto per uno come me che l’Old River l’ha sempre vissuto dal dancefloor. Ora quando alzo gli occhi e vedo il pubblico davanti a me, mi torna sempre in mente quando guardavo i djs suonare e quanto desideravo essere anch’io lì sopra e dopo tanto lavoro ho raggiunto uno degli obiettivi che mi ero sempre prefissato. Questa è una delle soddisfazioni più grandi che mi sono tolto finora e credetemi anche dopo aver suonato lì svariate volte, l’emozione è ancora forte.
Domanda tecnica: come prepari i tuoi set?
Preparo qualche playlist con un buon numero di tracce che so che potrei suonare durante la serata, poi ovviamente una volta nel club cerco di captare il mood della serata ed in base a quello mi regolo con la musica.
A dispetto della tua giovane età, sei nel mondo del djing da molto tempo e avrai vissuto in prima persona le varie evoluzioni della consolle. Cosa ne pensi della guerra tra analogico e digitale?
Credo sia una guerra inutile e che purtroppo non avrà mai fine perché ognuno ha un’idea diversa. È ovvio che il digitale ha dato la possibilità a molte persone di avvicinarsi a questo mondo e che c’è tantissima concorrenza oggi; io sono del parere che adesso i dj si riescono ad esprimere al massimo grazie al digitale perché si possono fare cose che magari solo con i vinili non era possibile. Però c’è pure da dire che il vinile dà un valore diverso alla musica: è un’altra sensazione toccarla con mano!
Nel mese di marzo è uscito l’EP “Vertigo” su Drumcode ed è subito balzato in testa alle classifiche techno. Come nasce Vertigo?
Vertigo è stata la prima traccia che ho fatto da quando mi sono trasferito nel mio nuovo studio, che prima apparteneva a Rino Cerrone e Joseph Capriati: si può dire che mi ha portato molta fortuna! All’inizio ero un pò titubante nel mandare quella traccia, data la somiglianza con la famosissima canzone Innercity – Good Life, però alla fine mi son detto: “c’è tanta musica ispirata ed a volte campionata da altri dischi famosi, perché pormi questo problema?” Per questa cosa ho ricevuto tante critiche, ma sinceramente sapevo già a cosa sarei andato incontro e se Vertigo non avesse avuto tanto successo, nessuno avrebbe dato tanto peso alla somiglianza con “Good Life”. Penso anche che se Adam Beyer abbia voluto farla uscire significa che al di là della potenza commerciale della traccia, in generale sia un buon lavoro e che meriti anche il successo che ha ottenuto.
Se potessi scegliere un artista da remixare, su chi ricadrebbe la tua scelta e perché?
Sicuramente uno dei miei producer preferiti di sempre, a cui mi ispiro tanto, è Mark Broom. Mi piace molto il suo stile ed ha una tecnica eccellente in studio, quando esce qualcosa di nuovo di suo non sai mai cosa ascolterai, riesce sempre a fare cose diverse lasciando la sua impronta. E’ questo che voglio riuscire a fare con le mie tracce.
Che cosa dobbiamo aspettarci ancora da Roberto Capuano nel 2013? Come ti vedi tra un paio d’anni?
Ho in programma un uscita per inizio maggio su Analytic Trail dal nome “Sweet Willy”, poi un bel pò di remix e qualche nuova collaborazione con Markantonio. Sicuramente tra un paio d’anni, se riuscirò ad essere costante col mio lavoro di producer e dj, posso solo immaginare cose buone. Intanto sto prendendo in grossa considerazione di esibirmi con un live… penso che inizierò a lavorarci molto presto!