In un periodo in cui le mie relazioni non sono mai state così volatili (sarà l’estate, sarà la mia poca pazienza) un ritornello come quello di “Can’t Leave You” non è proprio quello che ti aspetteresti per un discorso di coerenza. Quello che invece non risulta obbiettivamente volatile è il successo riscosso dalla label di J.J. a scapito delle voci che davano questo genere come poco longevo e avente vita breve (tra questa schiera di critici inserisco anche me). Sembra che l’estate abbia avuto sulla family un effetto rigenerante in stile “fonte della giovinezza” e che i ragazzi abbiano inserito subito la quinta marcia con questa release che è stata pianificata intelligentemente per gli inizi di settembre. Dietro quello che si prennuncia l’ennesima scelta azzeccata c’è l’uomo dai successoni facili, Mr. Maceo Plex. C’è chi con “Vibe Your Love” e “Your Style” c’è rimasto sotto per un bel po’, per questi fortunati l’icone del disco in presale è stata come la sigaretta dopocaffè per un fumatore accanito, col vantaggio della durata e il guadagno in salute.
“Can’t Leave You” è caratterizzata da nove minuti in cui il mood disco, la voce robotica e la chitarra dal sound rock-caraibico che ci erano tanto mancati, a chi più, a chi meno, ritornano con la violenta dirompenza di un fulmine a ciel sereno. Sarà che i nostalgici della dance vecchio stampo sono in aumento costante e che questa chiave di interpretazione moderna è ciò che più si avvicina a quel ricordo, ma la cosa certa è che riesce davvero difficile restare emotivamente passivi di fronte a dischi del genere e gli schieramenti possibili che stanno ai margini di questo continuum immaginario sono: fan-atico sfegatato (che ama la serie a prescindere basta che, come per i marchi, ci sia scritto Crosstown Rebel) e critico seccato (il voglioso di qualcosa di realmente nuovo che lasci a bocca aperta o perlomeno dia un piacevole senso di meraviglia/stupore). Inutile dirvi che nel mezzo ci sono quelli né carne né pesce che uscita dopo uscita cambiano la loro posizione alla velocità delle pallina (tra l’altro quadrata) che sfrecciava quà e là nell’epico ping pong.
A questo punto il discorso si fà abbastanza semplice visto che l’indiscutibile successo che riscuoterà, è che già ha riscosso a Miami, “Can’t Leave You ” è alquanto palese, mentre per il b-side c’è un capitolo a parte. Ci sarebbe una digressione scherzosa da fare sull’accoppiata dei titoli che sembrano riflettere quasi una storiella finita male, ma questo non è sicuramente la sede adatta visto che di sentimenti e d’amore c’è ne uno solo, quello per la musica.”Stop Your Hate” smussa i toni da hit della prima traccia, mantenendo il filone della label e ancor di più quello che l’artista stesso ha reso suo marchio di fabbrica in questi mesi. Non per questo bisogna stabilire relazioni di valore con questo criterio, l’orecchiabilità è una cosa, la qualità di una traccia un’altra: limitarsi a ciò mi pare superficiale e sminuente e un buon ascoltatore dovrebbe prontamente prevenire metodi del genere per valutare complessivamente un brano.
A chiudere il disco c’è un remix dei Tale of Us che rimescolano tutti gli elementi rendendo la traccia quasi irriconoscibile. Il vocal è utilizzato pressappoco per ricordare che la traccia non è un original a parte ma un rework, Matteo e Carmine valorizzano le melodie e la linea di basso che saltano immediatamente all’orecchio facendo tutto sommato un bel lavoro questa volta, forse, fin troppo originale e “autonomo” da quella che è la traccia originale.
Le stagioni passano ma con grande dispiacere per i fanta-critici più negativi e i bookmakers (non mi meraviglierei se davvero esistessero anche qui), la musica resta la stessa, almeno per ora.