“Mi sublima pensare al moto circolare delle onde.” E’ così che si apre uno dei miei album preferiti, ed è più o meno così che è nato questo disco: tra il mare, le spiagge, i tramonti e tutto ciò che di suggestivo possiede l’isola di Ibiza. Il collaborato duo italiano formato da Luca Cazal e Sebastiano Properzi riapproda su Southern Fried, dopo l’indiscutibile successo riscosso con “Different Morals” che vede il featuring di Ali Love, con questo nuovo lavoro dai toni caldi e spumeggianti che poco si addicono a questa stagione autunnale. Già dal nome, “The Beach” si presenta come un disco dalle atmosfere baleariche che ruotano attorno a quel perno Pop-disco che ha fatto il successo di molti…ma questa è altra roba.
Lo si intuisce dalle ritmiche lente e dolci, dai bassi che accarezzano i timpani e che lentamente ci trascinano sulle note di una melanconica melodia di organo e di un fantastico cantato come quello di “The Beach”, un esempio lampante di come la musica sia come una spugna che assorbe linfa vitale dalle esperienze umane. Subito a seguire una sorta di ballata, una via di mezzo tra Enya ed EBTG: “On A Star” rappresenta per me la perfetta colonna sonora per la notte, sia chiaro non quella dei locali, ma quella dei falò e delle nottate passate ad aspettare l’alba. Chitarra acustica e voce sono infatti gli elementi chiave di questa traccia, accompagnati per l’occasione dall’alternarsi di un synth e uno string. Questo brano potrebbe tranquillamente essere una versione acustica nel campo del’elettronica.
L’atmosfera si è ora riscaldata ed anche il ritmo si fà più sostenuto. Basso deciso e suoni spaziali (che uniti ad un bel cantato fanno pur sempre il loro effetto) rappresentano i punti focali di “Time”, traccia che lascia il posto, dopo appena quattro minuti e mezzo, ad un intermezzo (“Sunrise”) che apre la strada alle due tracce che chiudono l’EP.
Non è questo il momento di rilassarsi perchè è ora destarsi per l’ultima volta, il primo sole si alza nel cielo e “Morning Sun” è la nostra radiosveglia. Sembra di risentire un brano dei Talking Heads: elementi elettronici vanno a braccetto con altri acustici senza creare un’accozzaglia indefinita di suoni. Il feeling è perfetto e la traccia trasmette grande energia. Senza dubbio questa è la traccia che preferisco, un piccolo capolavoro che si svincola da quei canoni prestabiliti dei generi musicali. Per concludere il duo italiano confeziona l’ennesima chicca con “Space Lullaby”. Qui la ritmica è ridotta all’osso, una calda voce maschile si fa accompagnare da un generoso basso che pare darci la buonanotte mentre inaspettatamente parte uno string i cui arpeggi spezzano quella calma dominante che rende speciale questo brano.
Questo disco può davvero lasciare a bocca aperta, “può”. Perché chi va in cerca di musica da “suonare” sta cercando nel posto sbagliato visto che questo disco è stato creato per essere ascoltato, goduto fino alla noia, vissuto in ogni sua più intima e celata sfumatura…magari valorizzando l’ascolto e lasciandosi suggestionare da quei ricordi e da quelle esperienze fatte in qualche posto che, anche se per poco, ci ha cambiati.