Ormai anche la musica elettronica sta attraversando la fase “di tendenza” e accorgersene mette una leggera malinconia. La fama mondiale di alcune etichette, di alcuni dj e producer, l’elevatissima commercializzazione di festival e parties (e la brandizzazione di massa a cui tutto questo porta) molto spesso hanno come triste conseguenza l’abbassamento degli standard qualitativi di artisti e label.
Fortunatamente c’è ancora chi antepone la passione al guadagno e continua a proporre musica di qualità, musica che trasmette emozioni. Fortunatamente c’è ancora chi riesce a trasformarsi senza perdersi. Parliamo di Lone e del suo “Galaxy Garden”, fresco di uscita su R&S Records. Chi ha il piacere di seguire Lone fin dal suo esordio con “Everything Is Changing Colour” (correva l’anno 2007) sarà subito piacevolmente colpito e sorpreso. Per pubblicare su R&S devi aver raggiunto quella maturità (artistica e non) che rende un abisso incolmabile la differenza tra uno che la musica la fa e uno che la musica la “incolla”. Per chi non dovesse conoscerla, stiamo parlando di quell’etichetta che nel lontano 1992 pubblicò “Selected Ambient works 85-92”, fiore all’occhiello di quell’irlandese che più o meno tutto il mondo chiama Aphex Twin.
Ebbene Matt Cutler questa maturità l’ha raggiunta e “Galaxy Garden” ne è la testimonianza. Il marchio Lone è sempre lì in bella mostra: ritmiche veloci e intelligenti, synth dissonanti, escursioni melodiche che sperimentano e mettono costantemente alla prova la nostra capacità di lasciarci trasportare. “New Colour” ad aprire l’album. Toni abbastanza chiari elaborati con estrema raffinatezza ci portano fino alla conclusione della prima parte del disco con “Lying In The Reeds” (una tra le migliori tracce, a mio modestissimo avviso) e “Dragon Blue Eyes”, breve interludio puramente melodico che ci lascia sospesi e precede “Crystal Caverns 1991”, “Raindance” e “Earth’s Lungs”. Tutte e tre decisamente cupe.
L’album va via così, senza sforzo, ed è molto piacevole all’ascolto. Di certo non stiamo parlando di hit da dancefloor, non che qualcuno se ne aspettasse. Scorrendo tra i pezzi troviamo due collaborazioni con Machinedrum, ovvero “As A Child” e “Cthulhu”. Si capisce subito che Lone non scende a compromessi: la “voce” dell’americano non si sente quasi. A chiudere l’album ancora una collaborazione, la terza del disco: “Spirals”, con Anneka. Non mi sorprenderei se anche voi vi ritrovaste ad ascoltarla ad oltranza senza nemmeno accorgervene. E forse questo è proprio un consiglio!