Arrivato solamente alla terza edizione, il Found Festival ha ancora parecchio da imparare, ma in una cosa riesce bene: offrire una line up degna di nota. Con una sfilza di nomi di tutto rispetto, il Found ha regalato dodici ore di house e techno che si sarebbero potute vivere in festival più blasonati e meno economici. Quattro tendoni, più un’area VIP gestita da NTS Radio – web radio fondata dai tizi della Boiler Room – dentro i quali nuove leve e vecchie glorie si sono alternate per offrire ottima musica. Sponsorizzato da Red Bull e Desperados, e pieno di furgoncini per il cibo da strada (burgers, pizza, hot dog, alette di pollo ed ogni meraviglia ipercalorica), il festival era prevalentemente indirizzato ad un pubblico inglese e giovane, con una media di età intorno ai venticinque anni. Il parco di Brockwell, a sud di Brixton, ben si è prestato come location del festival, grazie ad una conformazione circolare, un bel boschetto al centro e grandi spazi per ospitare le dieci mila persone accorse all’evento. Una piccola postilla la merita l’area Press e Vip, non solo, come abbiamo detto, la musica di sottofondo era perfetta, ma la scenografia indianeggiante era davvero azzeccata.
Ma un festival non è davvero tale se non offre una serie di nomi convincenti e di sostanza, e questo Found non è stata da meno – al solito vi forniremo solo un resoconto dei migliori e dei peggiori artisti visti ed ascoltati, al fine di non annoiarvi con troppi nomi e cognomi.
Tra le nuove leve bisogna sottolineare Palms Trax, giovane berlinese di grande talento in uscita sulla pregiatissima etichetta londinese Lobster Theremin, di certo uno dei nomi di punta di questo 2015. Durante la chiacchierata dopo il suo set, il ragazzo si è dimostrato molto umile e gentile oltreché bravissimo, come al solito le due cose vanno di pari passo. Purtroppo non possiamo dire lo stesso dei canadesi, via New York, Bob Moses, discreti su palco e con parecchia attitudine durante le domande e risposte che ci siamo scambiati dopo il loro concerto:
Cosa ci dite del live che avete appena proposto qui al Found?
È stato grande! Siamo stati ospiti nel tendone di George FitzGerald, perché pubblichiamo sulla stessa etichetta, la Domino. È stato molto bello e ti direi che è andata alla grande.
Come siete finito su Domino? Non è un’etichetta molto house…
A dire il vero, ci hanno approcciato loro. Poi se ci pensi, ha una sezione elettronica piuttosto colta, Four Tet e Caribou escono su Domino…
Voi siete canadesi – ma vivete entrambi a New York. Com’è la scena a Vancouver?
É molto molto buona, c’è una bella scena nu-disco, grazie ad artisti come Project Pablo. Abbiamo anche artisti più di fama come Cyrill Hann e Grimes. C’è una bella scena di elettronica cupa, il tempo lì è molto cupo e nuvoloso..
In effetti, siete molto europei, come sound…
Be’ siamo cresciuti ascoltando band inglesi e siamo stati influenzati da band come i The Chemical Brothers o Moby, che era americano ma molto europeo come suono.
Durante il live, usate molto la chitarra, strumento inusuale per l’elettronica dal vivo. Come mai?
Scriviamo le nostre canzoni chitarra e piano, e poi iniziamo a lavorarci sopra con programmi. La usiamo perché ha un bel suono e conferisce quel suono particolare alle canzoni.
Come mai il nome Bob Moses? Sapete che è un jazzista?
Veramente Bob Moses nasce dalla crasi tra i nomi di due atleti tedeschi! All’inizio è nato così per gioco, ci siamo poi decisi a tenerlo perché ha ricevuto buoni consensi.
Ma è stato il tendone della Feelings, party newyorkese di matrice house e balearic, a lasciare a bocca aperta e ad incatenarci di fronte allo stage. Si partiva con la ricercatissima The Black Madonna, artista disco house da Chicago; la ragazza sa quel che vuole e sa come ottenerlo, ne sentiremo parlare sempre più spesso, potete scommetterci.
Segue Tevo Howard con un set sulla carta perfetto, ma in pratica pesantemente penalizzato da un piatto rotto e da un service lentissimo nel cambiarglielo – ha suonato per mezz’ora con un piatto ed un cd player perché il service non riusciva a risolvere il problema, estesosi nel frattempo alle casse a destra del palco. Non che ci sia molto da commentare comunque, Tevo Howard è uno dei signori della House, insieme a Ron Trent, Andrès e Moodymann, tutti tra l’altro presenti al tendone di Feelings a sostenersi l’un l’altro. Andrès ha offerto il miglior dj set dell’intero festival, regalandoci un’ora e mezza di montagne russe, soul, jazz, funk, disco e house, il tutto mixato con classe e senza mollare un attimo il colpo. Segue Ron Trent, ahinoi non dopo un difficile cambio palco e qualche problema tecnico sempre a carico del service. Il più divertito di tutti sembrava Moodymann, che ballava allegramente dietro lo stage, preparandosi per suonare la notte stessa allo XOYO.
Motor City Drum Ensemble ha proposto un set che si pone nel solco tracciato da Floating Points, un’ora e mezza di funk e disco dalla cassa dritta, il tutto in vinile. Per chi scrive, vedere migliaia di persone ballare oscure tracce disco funk è sempre una gran gioia, ma francamente non sapremmo quanto un set siffatto possa funzionare in Italia, dove il pubblico da festival di solito esige più bpm.
Il report non può esimersi dal sottolineare il difficile set di Ellen Allien: novanta minuti di techno non molto di qualità se vogliamo usare un eufemismo – francamente non si capisce come mai il pubblico sia accorso in gran massa ad ascoltare tanta noia…
Il tendone di George FitzGerald oltre ad ospitare l’ottimo Palms Trax, ha dato visibilità ai ragazzi della Dekmantel e al loro algido soundsystem techno, diremmo di ottima qualità.
Squillace chiudeva il tendone sponsorizzato da Nick Curly, mentre Mosca chiudeva quello di NTS Radio e Guy Gerber il main stage del Found.
Ancora una volta, vorremmo porre l’accento sugli orari del festival, il quale iniziava alle undici del mattino e finiva alle dieci di sera, in modo da lasciar tempo di tornare a casa o di buttarsi in un qualche afterhour sparso per la capitale inglese.