Tra di noi magari ha ancora bisogno di qualche presentazione, ma in certi ambienti DJ Muggs è né più né meno che una leggenda. Negli oltre 25 anni di attività come dj e producer della scena hip-hop USA occidentale s’è guadagnato il rispetto di tutti prima per le riconosciute abilità come DJ e beatmaker, poi come producer artefice dei sound dei suoi Cypress Hill e House Of Pain e, sopra ogni altra cosa, come ideatore della raccolta Soul Assassins, che storicamente ha rappresentato la prima voce pacificatrice dell’annosa faida tra le due coste statunitensi, la stessa che nei ’90 aveva portato alle tragiche morti di Notorious B.I.G. e Tupac Shakur. E stilisticamente, diciamolo, resta da sempre uno dei personaggi più versatili dell’hip-hop, dote che ha dimostrato non solo nei cambi d’immagine confluiti in hit come Jump Around e Insane In The Brain ma in maniera più radicale, con continue mosse inaspettate come fu nel 2003 il primo album solista Dust: la personale svolta verso uno slow-rock dal buon impatto emozionale, ai tempi ignobilmente bistrattato da Pitchfork eppure meritevole come simbolico anello di congiunzione tra il trip-hop che fu e gli How To Destroy Angels che sarebbero venuti.
Questo per quanto riguarda ieri. Ora seguitemi, perché le cose si fanno interessanti.
Marzo 2011: Muggs annuncia l’inizio dei lavori per il suo nuovo album personale, Bass For Your Face, e ne sottolinea l’interazione col dubstep, parecchi mesi prima che il fenomeno dilaghi e assuma le forme viste nei vari Korn, Muse e nell’obbrobrio Skrillex + Doors.
Giugno 2012: esce il Cypress x Rusko EP. La collaborazione col britannico brostepper della prima ora si rivela un fuoco di paglia, niente di sostanzialmente diverso da quel che nel frattempo si andava affermando per mano dei ben più energici giovani del momento. Si scoprirà più tardi che DJ Muggs non ha preso parte al progetto. Due primedonne difficilmente convivono sotto lo stesso tetto.
Agosto 2012: per tutta risposta Muggs pubblica il singolo Sound Clash Business, tra i pezzi più intriganti nati dalle sue ultime sperimentazioni elettroniche. L’incedere rap urbano risente dei nuovi fermenti underground, ma più evidente è la vagonata di distorsioni aggressive a metà strada tra EDM e acid. Una chiara lezione su cosa significhi dialogare con le nuove tendenze con gran stile e senza rischiare di suonare banali. Sarà tra i primi pezzi scelti per l’album di cui stiamo parlando.
Ottobre 2012: esce in free download un EP di 5 tracce, sempre dal titolo Sound Clash Business. Il sound è variegato, dentro c’è la traccia già citata, ma anche un brano con A$AP Rocky – Dank – dalla carica nettamente heavy. Ma soprattutto c’è Bow, pezzo cattivissimo catalizzato da campioni distorti, acrobazie all’MPC e da un videoclip in netto stile Fight Club. Siamo in piena fase trap.
Gennaio 2013: anticipato dal Sound Boy Killa EP, esce finalmente Bass For Your Face. E l’anno appena iniziato ha già il più efficace rappresentante di quel che avrà di meglio da offrire la giovane elettronica da sballo nei prossimi mesi.
Giusto per rafforzare il concetto, un altro paio di considerazioni: stiam parlando non di un ventenne invaso dalle smanie ma di un uomo di 45 anni, e non di un album che incorpora semplicemente le mode del momento ma di un concept di contaminazione globale che quei fermenti li assorbe, ci ragiona su, ne delinea i caratteri potenzialmente più fertili e li innesta tra loro secondo formule d’impatto scientifico. “Qualsiasi cosa esalti la gente, esalta doppiamente me”, dichiarerà in una recente intervista, e l’album in effetti sembra fatto apposta per rispondere alle voglie inconfessate di chi si sta lasciando appassionare dalle nuove onde ma vorrebbe qualcosa in più in termini di consistenza di produzione.
È proprio questo l’aspetto che distingue Bass For Your Face dalle altre uscite del momento. Un pezzo come Trap Assassin non si limita a cavalcare la moda trap ma la smonta secondo criteri tutti personali che includono versi rappati gangsta, manovre al turntable evolute per gli anni ’10 e quelle vampate di drop studiate per il pubblico giovane. Shotta non è la classica bomba brostep ma un intelligente fraseggio in dicotomia tra i versi vagamente blues di Rahzel e la valanga di filth atta a disorientare l’ascolto e alimentare il disagio, sottolineando i cambi di passo. L’opposto dell’invasione di pornografia brostep dei nostri giorni, interamente giocata su drop buttati nella mischia giusto perché è la gente a volerli. La Safe con Belle Humble è il perfetto erede del popstep delineato ai tempi di Katy B e Magnetic Man, rimpolpato da aggressioni moderne e senso melodico preso dalla trance. Una tamarrata? Più precisamente una triangolazione di elementi dalla forte presa popolare, che altrove son soliti sfociare nel tamarro. Aggiungici poi gli sporchi ragionamenti sul grime insieme a Dizzee Rascal e Roc Marciano, col padrone di casa sempre bravo a mantenere il polso lungo binari d’affiliazione hardcore, i bassi grassi di Wikid che ti insegnano a far danni senza alzar troppo la voce, più una voce fuori dal coro come Deep Purple, classico groove d’aspirazione tarantiniana che tanto piace alla coolness dubstep, e ne ottieni un album mobilissimo e mai scontato, che pensa giovane ma agisce con la sapienza di un veterano che conosce bene i gusti del pubblico.
Diffidate da chi ve lo descriverà semplicemente come la sua svolta trap/bro/popstep: DJ Muggs è uno che non ha mai inseguito nessuno, i trend li cattura, ci passa dentro come un raggio laser e li manovra facendogli seguire il loro percorso naturale, ossia quello di più grosso impatto per le masse. Solo che, come al solito, lo fa diversi mesi prima di tutti gli altri.