Esiste una polaroid scattata da Andrei Tarkovskij nel 1982 in cui viene immortalato uno scorcio di un landa ghiacciata illuminato da un’aurora. La scena, probabilmente uno scatto siberiano riesce ad essere perfettamente tarkovskiana, tanto greve ed effimera appare agli occhi di chi guarda. Immaginarsi in quella distesa di ghiaccio di fronte ad un immenso mare immobile e gelido muove ogni possibile sentimento romantico negli occhi dello spettatore: il rapporto tra uomo e natura (il fotografo e il ghiaccio), l’intrusione della macchina (una polaroid) e l’estasi suprema (l’aurora) della pura bellezza naturale. Non a caso citiamo Tarkovskij, regista col quale Ben Frost ha avuto a che fare già nel 2009, quando insieme al collega Daniel Bjarnason e sotto la supervisione di Brian Eno, ha immaginato e riscritto la colonna sonora per Solaris, capolavoro di Tarkovkij del 1972. Abbiamo intervistato Ben al telefono, non esattamente nelle migliori condizioni, siccome lui era all’interno della metropolitana di Berlino, ma ciò nonostante siamo riusciti a cavargli alcune importanti informazioni sulla sua arte e sul proprio lavoro.
Incominciamo dal nome, perché A U R O R A?
Eh, sono sempre stato affascinato dal modo in cui gli esseri umani percepiscono i fenomeni naturali e il mondo naturale in generale, e nel caso specifico dell’aurora mi interessava capire come sia possibile che il fenomeno venga percepito come innocuo quando invece si tratta di un fenomeno concettualmente violento, in quanto si tratta di uno scontro tra il vento solare (particelle cariche di elettroni e protoni) con la terra (la ionosfera in particolare). In effetti è come se la terra venisse investita dall’energia creatrice/distruttrice del sole.
Mi sembra un argomento a te familiare, possibile?
Si, nei miei precedenti lavori ho sempre trattato di quest’argomento. Mi interessa il rapporto tra l’uomo e la natura. Ma in questo caso mi interessava esattamente trattare di come percepiamo come meraviglioso un fenomeno come l’Aurora, il quale però è esattamente una visualizzazione di un fenomeno potenzialmente violento e distruttivo, come quello della radiazione solare. Mi interessava soprattutto questo modo di percepire il fenomeno più che il fenomeno in sé.
Un sentimento assolutamente romantico, come se fossi un filosofo tedesco del XIX secolo.
Si e no. Sì perché mi interessa quel rapporto romantico, ma non non credo alla realismo musicale, la musica non descrive pedissequamente quello che penso, è più un lavoro di interpretazioni ad essere precisi.
So che l’hai scritto in parte nella Repubblica Democratica del Congo, durante le riprese del magnifico film The Enclave – del regista Trevor Tweeten. Una specie di film neorealista applicato all’attuale situazione politica della nazione.
E’ nato durante le riprese del film, sì. L’ho iniziato a scrivere A U R O R A con il laptop, cosa piuttosto inusuale per il mio modo di lavorare. Anche le tempistiche erano le più disparate, siccome lavoravo sia di giorno che di notte, ma i musicisti con cui ho lavorato sono entrati in un momento successivo, in studio. Diciamo che parte fondamentale del disco è nata in digitale e che il lavoro è stato fatto in studio nei mesi successivi.
A proposito dei musicisti con cui hai lavorato, so che in diverse canzoni del disco ospiti Thor Harris [Swans, Shearwater], Greg Fox [Liturgy] e Shahzad Ismaily [Secret Chief 3], due dei quali sono percussionisti e batteristi. E a proposito di Thor, mi ricordo di averti visto lo scorso anno dal vivo ad aprire per gli Swans a Londra con un gran spettacolo.
Per quanto riguarda i membri degli Swans devo dire di avere la fortuna di conoscerli da anni e di aver lavorato con loro in parecchie occasioni, tra le quali appunto il live dello scorso anno a Londra [era in occasione di un mini festival di un giorno organizzato da Michael Gira in persona, con Frost, Croupier, Mercury Rev tra gli altri]. Sapevo che Thor e Greg avrebbero suonato nel disco dal momento stesso in cui ho iniziato a concepirlo, perché questo è un disco fondamentalmente fatto di percussioni.
Ah, che intendi?
Be’ mi sembra chiaro che questo sia un disco basato su percussioni e dove le percussioni sono l’elemento principale. In particolare mi sono interessato al modo in cui il ritmo interagisce con gli esseri umani. Siamo animali ritmici, creature ritmiche.
Definizione che però mi devi spiegare, pur essendo molto d’effetto.
Be’ dai è auto evidente, siamo creature ritmiche nel senso che il ritmo è parte integrante della nostra natura. Pensa al battito della cassa, non è altro che una manifestazione fisica del battito del nostro cuore. É per questo che l’amiamo così tanto, funziona esattamente così.
[Detto questo, la connessione ha iniziato miseramente a scemare, tra il treno della metropolitana dalla parte di Ben e il vento dalla nostra parte della cornetta, è diventato quasi impossibile parlarci. Il ragazzo durante la chiacchierata si è dimostrato davvero interessante ed affabile. Speriamo di vederlo presto dal vivo per vedere come presenterà questo nuovo lavoro…]