Oggi vogliamo fare un passo in più del solito e svincolarci del tutto da quelle dinamiche “da pista” che, vuoi o non vuoi, condizionano sempre le nostre scelte quando si ha a che fare con la musica da ballo. La puntata di oggi di Suoni & Battiti, infatti, pur continuando a prestare il fianco a quelli che possiamo considerare i suoi istinti più fisici, prova a scavare all’interno della nostra emotività e a stimolare l’anima sensibile di chi il dancefloor vorrebbe viverlo non solo per dare sfogo alle proprie energie.
Questa settimana è la volta, quindi, del terzo album di Oscar Mulero su PoleGroup e dei nuovi e meravigliosi EP dei Cobblestone Jazz, di Sven Weisemann e di Gerd Janson, che si fa affiancare dal fido Shan per remixare Ghost Culture, uno degli artisti di punta di Phantasy Sound.
[title subtitle=”Oscar Mulero – Muscle And Mind (PoleGroup)”][/title]
In “Muscle And Mind” c’è tutta la grandezza di Oscar Mulero, l’immensa conoscenza della techno e il suo gusto sopraffino; quella dote che lo rende uno dei pochissimi artisti in grado di coniugare irruenza ed eleganza nelle soluzioni stilistiche, energia dirompente e visionarietà nelle scelte melodiche e ritmiche. “Muscle And Mind”, la sua terza raccolta dopo “Grey Fades To Green” e “Black Propaganda” (due lavori tutto sommato recenti, 2011 e 2012, a dimostrazione di fase artistica particolarmente ricca di spunti e ispirazione), parla proprio di sistemi apparentemente inconciliabili, il corpo e la mente di ciascuno di noi, che proprio grazie alla techno riescono a condividere un percorso emotivo ed esperienziale totalizzante. Nelle sue dodici tracce l’artista iberico riesce ad alternare paesaggi distopici, prendete ad esempio “Dualistic Concept”, ad altri in cui le chiare luci dell’alba sembra essere l’unico landscape immaginabile durante l’ascolto (“Involuntary Response”); oppure la furia cieca di “Mentally Induced Action”, che trova il suo contrappunto ideale nel beat seducente della title-track o nell’andatura compassata ed elegante di “Element”.
È l’ombra, in ogni caso, a guidare la raccolta. Prendete “Mechanical Function”: i colori tratteggiati dalla combinazione di drum e synth, benché nessun lavoro presenti una sovrabbondanza di elementi, costruisco atmosfere compatte e avvolgenti, grazie a loop ritmici/melodici estaremamente ipnotici e mai banali. L’artista madrileno conosce la materia come pochi altri tra i nomi in circolazione (anche tra quelli di maggior blasone) e per questo, anche quando sceglie di esprimersi attraverso quei dark-tool tanto inflazionati al giorno d’oggi, pone una distanza siderale tra lui e chi, forse, ha iniziato un certo tipo di discorso musicale proprio per seguire le sue orme.
“Muscle And Mind” è un album curato, preciso e ricco di dettagli; un lavoro dove armonia e musicalità vanno di pari passo con dinamismo e ballabilità, trasformando la techno in un’esperienza necessaria per chi il dancefloor vuole viverlo come in modo “completo” e non vederlo popolato di portabicchieri in carne e ossa.
[title subtitle=”Sven Weisemann – Fall Of Icarus EP (Delsin Records)”][/title]
Quando, giusto a metà della traccia, diventa chiaro che è la linea di percussioni ad essere la vera protagonista di “Landscape With The Fall Of Icarus” la storia che Sven Weisemann intende raccontare si fa nitida. Il suo lavoro, che ha il compito di chiudere il suo (validissimo) EP d’esordio su Delsin, parla di Icaro e dell’ineluttabilità della sua sorte attraverso quello che l’artista immagina essere il battito del suo cuore. Weisemann non si concentra sull’impatto al suolo, non c’è “violenza” né l’accenno a bruschi scossoni, e nemmeno sulla stolta ebbrezza che l’ha portato ad avvicinarsi troppo al sole, ma sulla rassegnazione del figlio di Dedalo a quel destino che conosce un’unica via per giungere al suo compimento. L’assenza di beat, non una novità per l’artista tedesco, unita al sempre elegante e arioso intreccio melodico, ci immerge nello stato d’animo di chi sa di aver giocato la sua ultima mossa, che ormai la partita è persa: Weisemann è quei per dirci che, se davvero “il problema non è la caduta, ma l’atterraggio” (Hubert Koundé ne “L’odio”), allora Icaro farebbe bene a godersi il paesaggio.
[title subtitle=”Cobblestone Jazz – Northern Lights (Itiswhatitis Recordings)”][/title]
A tredici anni da “5th Element EP”, disco d’esordio dei Cobbleston Jazz, i canadesi tornano su Itiswhatitis con un lavoro che, se non si trattasse già di alcuni dei più affermati e talentuosi artisti della scena elettronica, potrebbe valere un’intera discografia. C’è la luce del cielo del Nord al centro del loro racconto, disegnata attraverso la progressione di una bassline mai invadente che, dopo essersi fatta lentamente strada tra i synth “spettrali” (tipici del suono di Mathew Jonson) e la ritmica asciutta, trova il modo di emergere e risplendere. È un percorso piuttosto lungo, questo va precisato dal momento che i più esigenti potrebbero storcere il naso dopo l’ennesima digressione a cui ci costringono i Cobbleston Jazz, ma i quasi sette minuti di attesa sono ripagati come nemmeno i più ottimisti avrebbero potuto sperare: “Northern Lights” è un disco senza tempo, è quell’emozione che non conosce genere e di ci siamo resi conto, ora, di avere terribilmente bisogno.
[title subtitle=”Ghost Culture – Mouth (Shan & Gerd Janson Remixes) (Phantasy Sound)”][/title]
La conoscenza della musica a trecentosessanta gradi di Gerd Janson, unita alle intuizioni di Shan (già incontrato su Running Back e al fianco dei Tuff City Kids negli scorsi mesi), per questo pack di remix di “Mouth” dall’ultimo album di Ghost Culture su Phantasy Sound. I due, attraverso un lavoro di raffinazione e “pulizia” che ha portato alla produzione di ben quattro remix, riescono nel non banale compito di mettere in evidenza sia l’anima pop della voce di James Greenwood, che il tiro dancefloor della bassline e del groove che caratterizzano la versione originale. Per questa ragione il “Club Mix”, la versione che preferiamo, riesce a trasformare un disco sostanzialmente a metà tra l’electro e il synth-pop in un lavoro “da pista” tanto semplice quanto efficace. Shan e Gerd Janson trascinano la nostra voglia di sorridere e divertirci, senza inutili fronzoli e difficili architetture sonore.