Io stesso ero il primo a pensare di “aver espletato” tutti i miei doveri nei confronti di Londra e della Gran Bretagna con la puntata di Suoni & Battiti dedicata agli album di Lone e dei Plaid, e invece ci hanno pensato Eglo Records e Houndstooth a farmi cambiare idea e a stravolgere il programma della rubrica delle prossime settimane. Eh sì, perché le nuove raccolte di Fatima (sotto la supervisione di Floating Points) e di Ross Tones, in arte Throwing Snow, sono davvero tantissima roba. Leggere – e provare – per credere.
[title subtitle=”Fatima – Yellow Memories (Eglo Records)”][/title]
Uscito qualche settimana fa su Eglo Records, “Yellow Memories” è il bellissimo album d’esordio della svedese (ma londinese d’adozione) Fatima. L’artista, già parte importante del roster che fa capo a Floating Points con una manciata di EP davvero impressionanti (ascoltate i lavori con FunkinEven), trova definitivamente la quadratura del cerchio grazie al preziosissimo aiuto del produttore inglese, che qui firma cinque dei pezzi più belli – “Biggest Joke Of All” e “Do Better” su tutti – e che in pochi anni ha saputo trasformare un “progetto di artista” in una delle possibili stelle del firmamento R&B e soul.
La voce unica di Fatima regala a “Yellow Memories” dei colori unici grazie a un calore fuori dal comune, caratteristica su cui si sono avventati i beatmaker Computer Jay, che con Shafiq Husayn firma “Circle”, e Flako, a cui dobbiamo sia “Family” che “La Neta”. Il tutto, però, costruito con semplicità, lasciando Fatima saldamente alla guida dell’emotività della raccolta. Questa, in fin dei conti, è la ragione per cui “Yellow Memories” funziona così bene: non ci sono forzature, non ci sono artifici; nessuno dei co-protagonisti vuole strafare. A ben vedere poi, e volendo essere estremamente sinceri, non c’è n’è davvero bisogno. Tutto questo, però, non fa di “Yellow Memories” un lavoro privo di ambizioni, tutt’altro – tanto che più di un appassionato ha scomodato paragoni tanto lusinghieri quanto precoci con quel mostro sacro che risponde al nome di Erykah Badu. I dodici brani dell’album sono le risposte date ad alta voce alle aspettative ingombranti che hanno accompagnato il lavoro della cantante negli ultimi mesi: “Yellow Memories”, per questa ragione, non poteva non essere un album convincente agli occhi dei suoi fan.
Qui si tagliano in modo dolce ma netto le emozioni che animano l’uomo moderno, specie quelle più scure e dolorose come l’insoddisfazione e la perdita di qualcuno che si ama, cercando in ogni di modo di confortare l’ascoltatore anziché compatirlo. La dolcezza di Fatima avvolge e coinvolge, così come “Yellow Memories” dimostra di essere ben più di un album d’esordio. Il prossimo passo sarà quello di accantonare alcuni dei produttori a cui si è affidata, correndo anche il rischio far perdere coerenza e fluidità al suo lavoro, in favore di qualcosa di più personale. Si diventa grandi così, mettendoci se stessi e rischiando fino in fondo sulla propria pelle.
[title subtitle=”Throwing Snow – Mosaic (Houndstooth)”][/title]
Degno erede di “A Small Murmuration” dei Snow Ghosts, di cui Ross Tones rappresenta la metà “produttiva”, “Mosaic” è la prima grande fatica del produttore britannico sotto il moniker di Throwing Snow. La nuova release di casa Houndstooth, la label che impersonifica l’anima pop/elettronica del Fabric di Londra, rappresenta una sorta di manifesto dei suoni e dei generi che hanno prima appassionato e poi formato lo stesso Tones. L’energia sprigionata dalla combinazione degli elementi folk con le batterie funk (scritte e riscritte in chiave dubstep) e i campioni elettronici rieditati secondo il gusto che già abbiamo imparato ad amare con l’uscita dell’album dei Snow Ghosts giusto un anno fa, è qualcosa di unico e vibrante che riesce a essere interpretato e decodificato solo dopo un ascolto “dall’alto”; dopo aver attraversato, cioè, tutti e cinquantuno i minuti di “Mosaic”.
Mettendo mano alle singole tracce, si fa effettivamente fatica a trovare dei punti di riferimento da cui far partire l’interpretazione di questo album. Ci si rende immediatamente conto, però, che ciò che veramente fa da collante tra gli undici brani della raccolta è il suono ruvido della ritmica e dei synth che accompagnano le voci incantevoli di Adda Kaleh (“The Tempest”), Jassy Grez (“The Void”) e Kid A (“Hypnotise”), o che disegnano la cavalcata inarrestabile di “Pathfinder”. Quando i tratti distintivi di “Mosaic” sembrano tracciati, disegnando incalzanti trame dubstep, Ross Tones decide di mischiare ancora le carte spingendo il suo lavoro verso frontiere drum ’n bass degne della migliore tradizione UK – ed ecco, quindi, “Maera” e “All The Lights” – salvo poi planare verso le algide atmosfere “Draurg”, che lentamente sembrano invocare la fine dell’opera.
Eppure c’è ancora tempo per “Saltare (Parts 1 & 2)” , il colpo di coda di Ross Tones che qui, pur non voltando le spalle allo stile dell’intero album, fa esplodere la sua più elementare voglia di di danza. Sembra un disco techno tedesco, di quelli in cui il synth coinvolge e fa divertire senza correre il minimo rischio; eppure in questa traccia è tangibile l’energia trascinante che ha fatto la fortuna di “The Tempest” e “Pathfinder”. E’ la forza della musica di Throwing Snow, un artista capace di fare centro al primo colpo con un lavoro da ascoltare immediatamente, tutto d’un fiato.