Terzo anno consecutivo per il Sónar+D, festival parallelo e fratello del ben più noto Sónar Festival di Barcellona. Una tre giorni di conferenze, workshop, esposizioni ed esperienze tra creatività, tecnologia e business, citando proprio le tre parole chiave scelte dagli organizzatori per riassumerne l’essenza.
Sempre con a ridosso i bassi dei concerti del festival principale, il +D si è quest’anno trasferito in una nuova ala della Fira Mujuic dalla struttura elicoidale che bene raffigurava l’intendo sempre più esplicito di far incontrare (e scontrare) le più disparate discipline facenti capo alla tanto abusata parola “innovazione”. Basti pensare al keynote iniziale tenuto da un affabile e motivante Yancey Strickler, CEO e co-founder di Kickstarter in pieno entusiasmo da era 2.0, e quello conclusivo che ha invece dato la parola a Bruce Sterling, per un monologo tutto a base di critiche arrabbiate sull’accostamento tra innovazione e colossi del digitale e che non ha risparmiato neanche il crowdfunding celebrato in apertura. Visti gli oratori, scontati il gremire della sala e la standing ovation in entrambi le occasioni.
In mezzo a questi due, più di altri 30 interventi e tavole rotonde a tema di cinema indipendente, arte audiovisiva, indie gaming, open source, tecnologia e discografia. Di particolare interesse, uno a cura del Google Creative Lab, tra mille progetti ludico-creativi della fucina creativa del colosso di Mountan View, la presentazione da parte di Native Instruments del nuovo formato audio multicanale per dj Stems con ospiti speciali Carl Craig, Luciano e Kerri Chandler, e una discussione del dominio del sistema musicale occidentale nella musica globalizzata, troppo spesso assunto a unico modello degno di rilevanza anche a causa della sua adozione praticamente assoluta da parte degli strumenti musicali moderni.
Intervallati agli interventi, delle sessioni più didattico-operative-esperienziali con worskshop per imparare da come tirare fuori del cassetto le proprie idee e portarle al successo su Kickstarter, a come far rimbombare tutto l’edificio della fiera con il proprio Arduino o synth fatto in casa, fino ad una ricca sessione dedicata al ruolo dell’arte nella scienza con la presentazione di innumerevoli progetti e opportunità accumunati da questa interessante sinergia tra discipline solo apparentemente così distanti.
In più, svariati demo di strumentazioni per lo più musicali ma anche di interessanti progetti come quello di Bitbrain, società di neuro-marketing che ha contemporaneamente tracciato per quasi un’ora sia l’attività cerebrale del dj Chelis, sia le risposte fisiologiche di sei persone nel pubblico mentre lo ascoltavano, perdendo però in chiusura l’opportunità di dare all’auditorio una vera comprensione di quanto si fosse davvero registrato e capito dai dati raccolti.
A lato della manifestazione, due ulteriori iniziative: l’ormai consueto hackaton Music Hack Day, quest’anno a tema musica e dispositivi wearable, e la seconda edizione della competizione per start-up tecnologico-creative, con come partecipanti neonate aziende davvero di ottimo livello. Per entrambi, potete dare un occhio a partecipanti e vincitori del primo e secondo concorso ai rispettivi link.
Ormai immancabili in questo tipo di eventi, sempre più ricche sono inoltre state le attività di networking utili a favorire lo scambio di relazioni sia tra i partecipanti che tra questi ed esperti o aziende, a ricevere preziosi consigli sui propri progetti, a incontrare potenziali investitori e a stringere nuove collaborazioni, fino magari trovare un nuovo lavoro nella società dei propri sogni.
Parte di queste attività era strettamente riservata a chi avesse acquistato il pass Professional mentre le restanti erano ad accesso libero anche agli altri partecipati al festival, ma con una priorità agli accreditati in caso di grossa affluenza. Per chi non avesse acquistato il pass, dal costo di circa 100€ superiore all’abbonamento normale (non esattamente a buon mercato ma comunque più che giustificato vista la qualità e la quantità delle iniziative a cui dava accesso) era comunque possibile farsi un giro nell’area exhibition, in cui molte delle realtà che hanno presentato degli speech durante il weekend avevano uno stand in cui presentare il proprio lavoro: il più appariscente senz’altro quello che mostrava una serie di prodotti innovativi col marchio “built with Kickstarter“, ma era possibile anche dare un’occhiata agli ultimi prodotti Native Instruments e scambiare quattro chiacchiere sulle novità portate dal nuovo formato Stems, oppure, allo stand della Novation, giocare un po’ con una serie di synth e drum machines vintage, tra cui anche una 808 e una 909.
Una sezione era poi dedicata alla realtà virtuale, con la possibilità di provare una decina di diverse esperienze che valevano i qualche minuti di fila immancabilmente presenti, a riprova della grossa curiosità e interesse da parte del pubblico. Inoltre, al Sonar Planta, nell’ala adiacente, era possibile visitare la suggestiva e ipnotica installazione RGB|CMY Kinetic di Art+Com, con un balletto a mezz’aria di anelli riflettenti a scomporre la luce nelle sue tricromie fondamentali. Infine, adiacente all’ingresso del Sonar Planta e Sonar Hall, ci si poteva imbattere in Nyloïd, un mastodontico e chiassoso robot tri-tubolare dei fratelli Décosterd che si dimenava a ritmo di musica.
Che dire, il Sónar+D sembra avere avuto fretta di crescere e ha dimostrato una maturità ben maggiore della sua giovane età anagrafica, mostrando di anno in anno un netto salto sia nella quantità che nella qualità di quanto proposto. Con gli oltre 3900 accreditati e molti altri curiosi dal pubblico del Sonar de Dia, non possiamo che augurare al Sónar+D di diventare un appuntamento fisso e di non rinunciare alla sua voglia di maturare e consolidarsi ad ogni nuova edizione.
[A cura di Massimiliano Grai e Mattia Tommasone]