Esiste un club a Roma in cui ogni settimana, da dieci anni a questa parte, si ripete un rituale collettivo che vede coinvolti centinaia di giovani pronti a consegnare le proprie ginocchia e le proprie emozioni ai suoi dj, condividendo ore di puro escapismo.
Stiamo parlando del Rashomon, la black-box di via degli Argonauti, la tana del clubber romano per antonomasia; un luogo capace di regalare nel corso della sua esistenza momenti letteralmente magici ai suoi avventori e di scrivere alcune delle pagine più belle della storia recente del movimento underground capitolino. Perché di club underground come il Rashomon, specie nella sua veste embrionale, in Italia se ne sono contati (e se ne contano tutt’ora) sulle dita di una mano. Le sue pareti nere e i suoi arredi austeri c’entrano poco: a fare la differenza è sempre stata l’atmosfera che si viene a creare all’interno delle sue mura e in particolare di fronte alla sua consolle, lì dove ogni artista è posto esattamente alla pari di chi ha di fronte, senza che alcuna barriera ostacoli il flusso d’energia.
Affermatosi sin dai suoi inizi come prima, vera e credibile alternativa cittadina al piattume minimal che imperversava tanto in Europa quanto a Roma, è importante sottolineare come il Rashomon sia stato la cornice delle prime (se non delle primissime) esibizioni romane di alcuni dei più alti esponenti della scena house e techno mondiale. Oltre ai vari Mathew Jonson, Lil Louis e al trio Apollonia, protagonisti di alcuni degli ultimi capitoli della storia del club, non possiamo non fare un salto indietro negli anni e ripensare a quando Paul Kalkbrenner, Nicolas Jaar, Ben Klock, Dixon, Âme, Seth Troxler e Tale Of Us erano lì davanti a noi, lontanissimi dal raggiungere il loro attuale status di star.
Ora che i festeggiamenti del suo decimo compleanno sono stati ultimati, siamo felici di sfogliare l’album dei ricordi insieme al resident storico Valerio!, al fotografo Roberto Fellicò, alla bravissima illustratrice Kero – che per l’occasione ci ha regalato una meravigliosa illustrazione -, all’anima del party Loaded Otto Oddlaug e a Paolo Rizzi, timoniere dell’attuale direzione artistica del club.
Ora spazio a un po’ di foto, aneddoti e dischi-storia: che tutto questo sia di buon auspicio per altri dieci anni come quelli appena trascorsi.
“Un viaggio metafisico e ammucchiato in un Rashomon a luci spente. Tra quello che ci si ricorda dopo la serata e, soprattutto, quello che resta dopo dieci anni.”
Otto Oddlaug e Paolo Rizzi: storie di Rashomon
Qual è il vostro ricordo più bello legato al Rashomon?
Otto: Il mio ricordo più bello è ricorrente: si è ripetuto ogni anno prima dell’opening di ogni stagione, quando ero impegnata a dipingere il Rashomon e fare dei meravigliosi gadget insieme alle mie amiche Irene e Kero. Ci voleva molta attenzione, pensate che si poteva usare soltanto un certo tipo di nero (di cui però non ricordo il nome) e preferibilmente solo un tipo di pennello. Facevamo tutto a mano e richiedeva ore, ore e ore. Ci abbiamo messo il cuore, per donare l’anima alle mura…che restava con noi dalla prima all’ultima serata! Se mi chiedi, invece, qual è stata la festa più bella, ti rispondo che probabilmente si tratta del quarto compleanno: il tema era “unire il mondo dentro al Rashomon”…fu un’esplosione di felicità, con il pubblico a danzare con le varie parti della scenografia (pianeti e stelline) in mano!
Paolo: Il primo Anticapodanno nel 2009. Con i miei soci Gabriele e Federico, e con l’aiuto di altri promoter, decidemmo di puntare su un Capodanno “low cost” ma contraddistinto da musica e ambiente di qualità. Il concetto era banale ma efficace, ovvero festeggiare in un contesto familiare e al fianco degli amici di sempre, lontano dalle forzature dell’ultimo dell’anno dai trenini e dai maxi nomi.
Quale disco, secondo voi, rappresenta meglio il club e la sua atmosfera?
Otto: Oddio…”Hell Dance With Me” di Cappuchino è secondo me la più rappresentativa in assoluto, ma anche “Deja Vu (Musaria Remix)” di Larry Heard, “Chocopop Jazz” di Cesar Merveille, “Domino” di Oxia, il remix di Marek Hemmann di “Changes Of Perception” e “Rashomon” sempre dello stesso Hemmann. Poi “Boys And Girls” dei Blur, “Ti Sento” dei Matia Bazar, “Lovelee Dae” dei Blaze e “Black Water” degli Octave One!
Paolo: Senza dubbio “Why You Love Me” dei The Analogue Cops. Un filo conduttore che unisce il party time della vecchia gestione con la nostra.
Quale artista vi ha regalato la festa più bella? Perché?
Otto: Sasha Funke for sexyness. I dOP for full on craziness. Paul Kalkbrenner for never seen anything like this before. Guido Schneider for feeling HOT HOT HOT! Quella sera era il mio compleanno e siamo usciti dal club sudati nemmeno fossimo stati in piscina. Superpitcher perché per averlo c’ho messo tutta me stessa e non potevo non godermi tutta la serata. Cesar Merveille perché ci ha regalato una grande festa, tanto che il pubblico si è messo a ballare su qualsiasi cosa si trovasse di fronte. E ovviamente i resident Alberto?, Valerio! ed Esu: sapevano farmi ballare come una matta in ogni occasione.
Paolo: Permettetemi di segnalare due artisti in assoluto: Roman Flügel e Mathew Johnson. Roman all’interno del party in cui ospitavamo lo showcase del Robert Johnson ha capito perfettamente il mood dello staff e del nostro pubblico, regalando tre ore di festa vera. Mathew Johnson ha colpito tutti per la professionalità e per il suo live eclettico, ma allo stesso tempo carico di groove. Quella notte non sembrava di essere a Roma, ma in un uno dei tanti club europei che tanto stimiamo.
Quale, invece, avresti voluto assolutamente ospitare?
Otto: Sapete una cosa? Credo nessuno, perché in fondo sono sempre riuscita a portare al Rashomon gli artisti che desideravo. Forse avrei bookato Leonard Cohen, ma quella é tutta un’altra storia…
Paolo: In un periodo dove gli haters sono dietro ogni angolo e le nuove generazioni crescono senza principi, mossi solo ed esclusivamente dalla ricerca dello sballo, avrei voluto regalare al nostro pubblico e alla nostra città un ultimo dj set di Frankie Knuckles. L’impatto del sorriso e dell’amore per la musica di questo signore pacioso che ha rivoluzionato la musica e il costume fino ai giorni nostri. Averlo all’interno della blackbox ci avrebbe fatto sicuramente emozionare.
C’è un aneddoto particolarmente simpatico e singolare che ci vuoi raccontare?
Otto: Mi vengono così tante bei ricordi… Forse il primo anno, quando abbiamo prodotto una serata in collaborazione con un’organizzazione di cui, sinceramente, ora non ricordo nemmeno il nome; so solo che lavoravo con le mie amiche Chicca e Irene al bancone. Uno degli organizzatori ha portato la propria sicurezza, che aveva a capo un tipo che per calmare le persone suonava uno strano strumento che faceva rumore. Sempre nella sicurezza c’era un transessuale vestito come una gatta in pelle latex! Che storie! Alla fine il transessuale si è ubriacato a tal punto da doverlo buttare fuori e chiuderci dentro. Lui, completamente furioso, si è messo a battere contro la finestra e a lanciare scarpe contro la porta!
Paolo: Un paio di stagioni fa abbiamo proposto il live di KiNK, che dopo poco sarebbe diventato il numero uno al mondo secondo Resident Advisor. Nel pieno della sua performance, era talmente invasato da ferirsi tagliandosi un dito con una delle sue macchine. L’abbiamo medicato in corsa tra gli sguardi stupiti del pubblico!
Cosa fa del Rashomon, a tuo avviso, un club che va assolutamente visitato e vissuto?
Otto: Il Rashomon è, secondo me, un posto unico al mondo. Ne ho visitati tanti, ma nessuno ha un’anima grande come la sua. È un posto dove poter entrare e lasciare fuori tutti i pensieri; qui ho visto tanta gente essere felice. Mi manca tanto: solo il Rashomon è riuscito a portarmi in quell’unica dimensione.
Paolo: Il mondo della notte vive una situazione complessa, il concetto di intrattenimento notturno è in continua evoluzione, la concorrenza di location più o meno legali aumenta di giorno in giorno, ma al Rashomon sai che troverai tutto quello che un vero club deve offrire: personale e servizio qualificato, soundsystem di livello, musica e artisti di qualità e all’avanguardia. In poche parole fare tardi e svegliarsi con il sorriso…e i coriandoli nel letto!
Cosa rappresentano, secondo te, il vecchio e il nuovo Rashomon?
Otto: Il vecchio Rashomon rappresentava il sogno, il coraggio e la volontà di fare qualcosa di grande e di non fermarsi mai. Era “il potercela fare” e “seguire i propri sogni”. Abbiamo iniziato dal nulla, la prima serata eravamo trenta persone, ma sapevamo perfettamente che quello che avevamo tra le mani era qualcosa di molto speciale. Non abbiamo mai mollato e ci abbiamo messo tutto il cuore, con tanto amore.
Al Rashomon non contava chi eri, perché il Rashomon era aperto a tutti: se cominci ad essere selettivo con l’amore verso il prossimo non potrai mai creare una società migliore. Ecco, il Rashomon amava tutti e tutti si amavano dentro le sue mura.
Paolo: Il vecchio è stato l’anima oscura della notte romana dove sono nati personaggi e artisti che poi avrebbero segnato indelebilmente la club culture. Il nuovo è sicuramente l’ancora di salvezza la scialuppa di salvataggio del clubber romano disorientato tra eventi e location a trecentosessanta gradi da cui è bombardato tutti i giorni.
Qual è la lezione più importante che ti ha lasciato l’esperienza legata al Rashomon nella tua vita professionale e non?
Otto: Ciò che mi è rimasto è la consapevolezza di quanto sia importante creare sorrisi, aiutare le persone a vivere delle esperienze profonde e, soprattutto, vivere ogni momento a pieno perché non si può mai riavvolgere il nastro e tornare indietro. Porto tutto questo con me ogni giorno, ora che faccio la guida turistica in Islanda.
I momenti preziosi del Rashomon mi rimarranno nel cuore per sempre.
Paolo: In questi tre anni ne ho persi altri tre di vita. Mi dicono “tranquillo, sarebbero comunque stati di una noia mortale”.
Dieci anni in dieci dischi: la selezione di Valerio!
Valerio!: Avrei preferito selezionarne cento, perché riassumere in dieci tracce dieci anni di storia di quella che per me è stata una sorta di seconda casa non è stato per nulla facile. Questa è la mia selezione, questi sono dieci dischi che non mi stancherò mai di suonare, questi sono centinaia di ricordi, più o meno a fuoco, che mi porterò per sempre dentro l’anima.
Questo è quello che per me è stato e continua ad essere il Rashomon Club, una scatola nera, come l’arcobaleno.
Dinosaur L ”Go Bang”
Larry Heard pres. Mr. White “The Sun Can’t Compare”
Laurent Garnier “The Man With The Red Face”
The House Master Boyz And The Rude Boy Of House ”House Nation”
Mathew Jonson “Typerope”
New Order “Ceremony”
Photek “Glamourama”
Dj Assassin “A Face In The Crowd (Intellidread Mix)”
The Analogue Cops “Why You Love Me”
Derrick L. Carter “Dreaming Again”