Sembra quasi paradossale, ma oggi come oggi rimanere senza fiato di fronte alle line up del Dude, da quando lo stesso locale ha deciso di salire al “piano di sopra” nelle passate stagioni, è diventato quasi anacronistico. Si parte ormai già con la consapevolezza che, per quanto complessi o particolarmente esigenti possano essere i vostri gusti musicali, troverete sicuramente quelle due o tre o quattro feste che vi faranno imprecare dalla gioia e cominciare a lucidare le vostre scarpe comode d’ordinanza.
Non fosse che stasera in via Boncompagni impatterà un meteorite bello grosso. Di quelli che ti fanno fare un salto sulla sedia. E quello che ci preme da morire scoprire è se ci sarà vita o meno dopo questo avvenimento. Il gigante in arrivo risponde al nome di Louie Vega e rappresenta il 50% dei Masters At Work, probabilmente il duo che più di ogni altro ha portato la house music dal barrio di New York al massimo della sua popolarità globale. Una credibilità così consistente da portarlo a suonare durante l’intervallo del SuperBowl, semplicemente l’evento sportivo più seguito sulla faccia della Terra.
Avendo avuto la fortuna, come visitatori abituali prima ancora che come magazine, di vivere il Dude praticamente dal giorno uno, quando ancora si respirava l’aria densa del Naviglio Grande, prima, e quella più frizzante della ferrovia, poi, abbiamo potuto (non senza qualche rammarico) notare come non sempre i grandi americani dell’house avessero ricevuto grandi risposte da parte del pubblico meneghino. Forse perché il Dude, nell’immaginario collettivo, manteneva un’identità generalmente associata alla techno. Forse perché quel tipo di suono (nonostante il suo ciclo di vita desse ampi segnali di un precipitoso ritorno al suo apice) non si era ancora insediato nel bagaglio musicale delle nuove generazioni che si approcciavano alla club scene cittadina.
Fatto sta che oggi il ritorno a Milano di un artista fondamentale per la club culture (anche italiana) come Vega, in un contesto nel quale non siamo abituati a vederlo, mette le basi per un turning point di grande rilevanza per capire due cose: in primis da che parte sta girando la ruota delle tendenze musicali in città. E soprattutto ci darà una visione (almeno sommaria) di come i ragazzi del Dude hanno saputo lavorare sulla parte più morbida della loro programmazione nelle ultime stagioni, provando ad educare il proprio zoccolo duro di fedelissimi anche e soprattutto grazie all’intimità musicale racchiusa nell’Osservatorio Astronomico.
Una risposta concreta e sostanziosa del pubblico, specialmente da parte della sua porzione più giovane, sarebbe indubbiamente una vittoria per tutti. Per un movimento che potrebbe avere accesso ad una proposta musicale sempre maggiore. Per un club che ha investito a lungo per ottenere dei risultati significativi come quelli attuali. Ed in particolare per chi ha auspicato per anni (spesso prendendosi grasse risate alle spalle) il ritorno un certo tipo di sonorità nei club che dettano le linee guide dell’intrattenimento cittadino. In caso contrario, sarebbe il momento di interrogarsi tutti. Perché se un nome di quella portata, in una città grande ed eterogenea come Milano, non riempie un club da mille persone, forse abbiamo sbagliato tutti qualcosa.
Non ci resta che finire di lucidare le scarpe, scaldare a dovere i muscoli e prepararci ad una notte che, in un modo o nell’altro, è destinata a rimanere nella storia.