Raro parlare con una persona così sicura e convinta di sé. Del resto, come dargli torto? Paul Kalkbrenner è, almeno nei numeri, il vero vincitore degli ultimi anni nella scena elettronica di provenienza europea, quello che più di tutti gli altri è riuscito a passare da zero a mille (o diecimila). Può piacere o meno. Di sicuro, ha il dono della sincerità. Come voi stessi potete verificare leggendovi questa nostra succosa e significativa chiacchierata.
In un’epoca in cui l’album è diventato un evento sempre più raro, quasi una mossa eccentrica sommersa da EP, tracce, singole release solo digitali, eccetera, tu continui invece a prediligere questo formato. Una scelta controcorrente.
Sai, ho fatto da anni la precisa scelta di presentarmi al pubblico in questo formato: con un album. Ci sono delle motivazioni ben precise. Alcune di queste dovresti conoscerle e apprezzarle anche tu, in quanto giornalista: quanto puoi scrivere di un remix, di un EP? Cosa c’è da dire? Poco, vero? E’ giusto e normale sia così. Un album invece è un’entità molto più complessa e, se fatto nel modo giusto, è sempre e comunque più di una somma di singole tracce. Poi dai, parliamoci chiaro: dopo tutto quello che ho ottenuto, dopo tutto quello che mi è successo in questi anni, dopo i traguardi artistici raggiunti, che senso avrebbe per me presentarmi con uno striminzito EP o peggio ancora con una traccia ogni tanto? Sarebbe un accontentarsi, sarebbe un giocare al ribasso. Non posso permettermelo, non voglio permettermelo.
Ma quali sono le differenze tra “Icke Wieder”, il tuo ultimo lavoro, e questo “Guten Tag” appena uscito?
“Icke Wieder” era un album di dieci tracce, tutto molto lunghe. Insomma, qualcosa di monolitico, che andava per la sua strada e seguiva un preciso progetto. “Guten Tag” invece vuole riassumere le mie diverse anime, c’è dentro un po’ di tutto, i brevi intermezzi così come brani più importanti – è insomma qualcosa di più vicino ad un “racconto”, con tutta la sua complessità e i suoi saliscendi. Devo dire che se per assurdo smettessi di fare musica oggi, di tutta la mia discografia sento che “Guten Tag” è di sicuro il lavoro che più mi rappresenta nella mia completezza espressiva. Ed è venuto fuori così in modo naturale, non è stata una cosa pianificata a tavolino al momento di iniziare a lavorarci sopra. All’inizio, quando ti metti a lavorare ad un nuovo LP, non sai mai cosa verrà fuori.
Per quanto riguarda i live, invece? Pianifichi di cambiarli radicalmente, o più o meno proseguirai nel filone attuale?
Ormai ho innumerevoli show alle spalle: ho una grande esperienza, ho perfezionato tutto, so sempre cosa fare e come farlo. Il mio è un live che ormai scorre perfettamente, lo padroneggio perfettamente, ad occhi chiusi quasi. Perché dovrei cambiare tutto questo? Perché dovrei complicarmi la vita da solo? Anche e soprattutto perché al momento non sento il bisogno di cambiarlo… E’ il frutto di una costante evoluzione iniziata undici anni fa, con un progressivo e costante adeguamento alle mie idee. E’ giusto così, insomma. Ovviamente, sempre con l’aggiunta delle tracce che via via creo e di qualche nuova soluzione.
In effetti ormai raduni numeri impressionanti, quando ti esibisci dal vivo. Onestamente, questo tuo incredibile successo ti sorprende?
Inizialmente, mi ha sorpreso. Sai, come ti dicevo anche prima non è che io abbia mai fatto dei cambiamenti radicali alla mia musica e al mio modo di pormi, è l’affluenza ai miei dj o live set che è esplosa improvvisamente, davvero esplosa. Ora però, a questo punto, mi ci sono abituato: me la aspetto, sì. Non mi sorprende più. Ho da dire poi una cosa a chi afferma che se sono così popolare è solo merito di “Berlin Calling”, il film, e del fatto di averci recitato da protagonista…
Ecco, appunto. Vai.
La questione è semplice: può anche essere che sia stato il film a far crescere improvvisamente la mia popolarità. Anzi, di sicuro è così, ma ha fatto in qualche modo da detonatore, da moltiplicatore di qualcosa che evidentemente c’era già. Perché di anni ormai ne sono passati, e il mio successo invece di diminuire progressivamente continua ad essere costante, anzi, a crescere: come la mettiamo? Mi pare la risposta migliore.
Ma non hai nostalgia di quando potevi suonare nei piccoli club, dall’atmosfera quindi più intima?
No, per nulla. La mia musica è fatta in un modo tale che, come dire?, “vuole” grandi spazi e grandi numeri, è così. E’ con un sound system potente, con spazi grandiosi, con molta gente davanti che essa dà il suo meglio. Poi chiaro, facessi dei dj set posso dire che ogni tanto è bello suonare in posti dalla capienza di, che so, quattrocento posti; ma ora mi concentro sui live, quindi il problema non si pone.
A proposito di concentrazione, quali sono i dischi che hai ascoltato durante la lavorazione di “Guten Tag”, materiale cioè che magari ti ha ispirato o semplicemente rilassato tra una session di registrazione e l’altra?
Oh no: soprattutto quando sto lavorando a del nuovo materiale, io riesco ad ascoltare solo la mia musica. Nient’altro. Non solo non ascolto musica, e tengo spenta la radio – non accendo neppure la tv. Devo restare privo di influenze esterne. Sentire qualcosa che mi ispira dall’esterno sarebbe un problema. Perché il mio imperativo è ascoltare quello che ho dentro di me. Il silenzio è fondamentale. Devo “sentirmi”. Che poi sai, anche in generale…. Se mi chiedi quali sono le label del momento, per dire, le dieci migliori label di quest’anno, non ti so rispondere. Ascolto pochissima musica di altri. Il silenzio è importante. E ancora di più lo è stato ora, per “Guten Tag”: il primo disco dove finalmente ho eliminato il caso, dove ogni particolare, ogni sfumatura è intenzionale, pensata, anche perché ora ho raggiunto una padronanza tecnica tale da poter fare esattamente tutto quello che ho in testa – sono dieci anni che ho perseguito questo obiettivo e ora sento di esserci arrivato, e se sei lì dove ti senti bravo, dove ti senti compiuto, perché distrarsi? Mi sono concentrato su questo. Tutto il resto è silenzio. Sai, sono come un pittore: uno cioè che dipinge, nella sua testa, anche quando non è fisicamente davanti ad una tela con un pennello in mano.
Quindi la domanda “Quali sono gli artisti con cui senti più affinità” forse diventa inutile…
Non ne ho, in effetti, non ce ne sono. Anche se ce ne fossero, non ho modo di ascoltarli, di incontrarli. Sento di essere un “caso unico”: e questa forse è una delle spiegazioni del mio successo.
…nemmeno tuo fratello?
Ah, il mio fratellino! Sta andando forte, sono molto orgoglioso. Lui è il contrario di me, è un vocabolario musicale ambulante, ha una conoscenza enorme della scena. Abbiamo due modi di intendere il ruolo di musicista molto diversi. Ma lo seguo sempre, vedo che ora lui è al livello a cui ero io diciamo tre, quattro anni fa.
Lo segui anche quando va a suonare, ogni tanto?
No, ormai ho diradato la mia presenza nei club. Sai, quando arrivi in un posto e sai che ci sei stato almeno altre cento volte ma di quelle cento volte non ricordi praticamente niente, beh, capisci che è arrivato il momento di darci un taglio.
Quindi insomma, ti stai distaccando sempre di più dal clubbing e dalla club culture…
Ho trentacinque anni. E’ tempo di guardare avanti, di crescere. Chissà quali evoluzioni ho davanti a me. Mi piacerebbe occuparmi anche di lifestyle, o di sport. Ecco, potrei farmi chiamare dalla nazionale tedesca come team manager, potrei dare buoni consigli ai calciatori su come gestire il successo e come gestire la pressione… non credi? Poi ok, la musica ci sarà sempre, nella mia vita. Ma magari non ogni giorno, ecco.
English Version:
It doesn’t happen very often that you speak with a person with such an attitude and such a confidence. Actually, why shouldn’t he be like that? Paul Kalklbrenner, at least in terms of numbers, is the true winner in the very recent history of electronic music, at least in Europe. You may like that or not, like him or not. For sure, he’s gifted by sincerity. As you can doublecheck reading up this long chat we’ve had together.
In years when releasing an album has become such un exceptional event, almost something eccentric, as people keep up with ep’s, digital tracks and stuff, you still are releasing proper lp’s. How bizzarre.
You know, I’ve made the very intentional decision to show myself to the public in this format. There are specific reasons behind this choice. Some of them you might know and appreciate, being a journalist as you are: how much can you tell about a remix, an ep? How many things can you write about it? A very few, isn’t it? Fair enough, these are the facts. An album is something much more complex and, if well done, is much more than the sum of the single tracks within it. Then come on, let’s be frank: after all these years and after all I’ve accomplished offering just an EP or even worse a remix or a single track would be pointless. Would be like giving the minimum necessary. Can’t be satisfied, won’t be satisfied with that.
But what are the differences between your last effort, “Icke Wieder”, and this newly released “Guten Tag”?
“Icke Wieder” was a ten tracks album, all very long. It was a one-way-project, a monolithic statement. “Guten Tag” on the other hand wants to sum up all the aspects of my music, you can find everting in there, short interludes, longer tracks… It’s closer to something I would call storytelling, with its complexities and its turns. I have to say if I had to stop now in making music, “Guten Tag” would be the most representative of my records, it tells the whole spectrum of what I do. And it didn’t mean to be so when I started to work on it. When you start working on a new project, you never what will exactly be the final outcome.
What about your live shows, instead? Are you going to re-think them radically, or are you going to keep up with the path you’re following now?
I’ve had loads and loads of shows, now: I’m really experienced, everything is perfectly set up, I always know what to and when to do it. My live set flows perfectly, now, I’m blindly confident with the whole system I’ve built up. Why should I change all that? Why should I complicate my life? Even because I don’t feel, by now, the need to make some drastic changes… What you see now is the outcome of an evolution that’s been constant and it’s ten years old now. It is how it is and how I want it to be. Obviously, every time I add more tracks and more solutions.
Well, actually you gather impressive masses of people, when you’re about to play live. Honestly, does this huge success surprise you?
At the beginning, it was surprising. You know, I just explained you that I didn’ make through the years any major change to my music and to the way I present it to the people; what has changed, drastically, is the attendance. It exploded, I know, literally exploded. But now I’m quite used to it. It’s something I honestly expect. It doesn’t surprise me anymore. Bet let me tell something to those who say that it’s just a matter of the acting thing in “Berlin Calling” and that this is the only reason why I’m so big now…
Yeah, exactly. There we go.
It’s easy: for sure the film helped me in making my popularity grow. But the film was just a multiplyer, not the reason itself of my success. Look, as you can see my popularity hasn’t dropped. It grew instead. If it was just for the acting thing, this wouldn’t have happened, don’t you think?
But don’t you sometimes miss that feeling of intimacy that you get when you play in small clubs?
No, I don’t. My music has to be big. It needs by sound systems, big places, big audiences: this is what is needs to sound at its best, to fulfil its true potential. Obviously, it was about deejaying from time to time I could enjoy a 400 people venue. But as I’m now focused on playing live, this is not an issue.
Talking about focusing, concentration and inspiration, which records have you listened to during the making of “Guten Tag”, records that may have inspired you in a way?
When I work on new material, there’s no way I listen to anything else than my music. As a matter of fact, I don’t even watch tv or listen to the radio, as these things could distract me. No external factors and influences allowed. I have to focus on what’s inside me, I have to carefully focus on it. But also if I’m not into creating new material… You know, if you ask me what are the ten best contemporary labels, I might even not know the answer, actually I don’t know the answer. I rarely listen to other people’s music. Silence is important. And it has been even more important now, for “Guten Tag”: the first records of mine where nothing was accidental, everything is on purpose, every single shade of it, as I’ve reached now extremely high technical skills so I can perfectly translate my ideas into reality, into proper music. It’s ten years I’ve been longing for such a technical achievement and now I feel I’m there, I got it. So why should I distract? Why should I take the risk of losing the focus? I should concentrate on my own music. All the rest is silence. You know, I’m like a painter: great painters paint even when they’re not in front of a canvas, don’t they, they constantly keep on working on their ideas and intuitions.
So the question “Who are the artists you feel related to the most” is in a way pointless…
Actually it is. Evene if there were some, I wouldn’t have the chance to meet them or to hear their music.
Not even your brother?
Oh, my little brother! He’s doing great, I’m really proud of him. He’s the opposite of me, he’s a walking musical lexicon. He’s got an enormous knowledge of the scene, of what’s going on. We have to very different views on how a musician should behave. But I still follow what he does, let’s say that today he’s where I was something like three, four years ago.
Do you follow him also when he plays in clubs?
No, I very rarely go to clubs now. When you go to a place you know you’ve been there a hundred times but there’s not even a single night you remember, you realise it’s time to call it a day.
So, you’re more and more getting fed up with clubbing and club culture…
I’m 35 years old now. It’s time to grow up, to evolve. Who knows what’s still in front of me. Maybe I’ll be into sports, or lifstyle – that wouldn’t be bad, I’d like it. Let’s say, the national German team could hire me as a tour manager, I’d be well capable of explaining the players how to stand the pressure, the cost of fame, don’t you think? But, well, there will always be music in my life, that’s for sure. But not maybe everyday, yes.