E’ l’ennesimo gridare ed agitarsi quando i buoi sono già scappati e il danno è già stato fatto? Forse. E’ l’ennesima battaglia velleitaria ed inutile, visto che in diciassette mesi ci sono state tante parole ed iniziative ma siamo ancora qua, noi del ballo, ad essere trattati come irrilevanti cialtronelli? Oh. Può darsi.
Ma se non ci si prova, non si otterrà mai nulla di buono. Si resterà al punto di partenza. L’umiliante punto di partenza per cui il ballo e in generale l’intrattenimento “fisico” è visto come una stupidera, come uno sfizio trascurabile, come un manifesto di irresponsabilità ed irrilevanza. Le ultime beffe hanno portato ad un risultato che ormai svetta plasticamente su tutto: ci si è arresi su tutto, si è riaperto tutto, le piazze, i bar e quant’altro ormai hanno mollato gli ormeggi e procedono con sempre meno freni verso una apparente “normalità” senza che nessuno lì in alto intervenga o metta dei freni. Perfino le ufficialissime manifestazioni per Euro 2020 riempiono le piazze di gente festante e ballante. Così come posti che hanno giusto l’escamotage di essere risto-bar, risto-pub, risto-boh oppure associazioni culturali, ormai procedono senza freni nell’assemblare, far socializzare, far abbracciare, far ballare. Tutti, tranne le discoteche. E chi fa musica dal vivo che ha il torto di non essere musealmente o teatralmente fruito da seduto, che si sa, è l’unico modo rispettabile di fruire l’arte, il resto è robetta.
Sta diventando una non-linearità (…una ingiustizia?) troppo stridente.
Soprattutto, e qui lo sappiamo stiamo pensando male ma va fatto, stavolta davvero si è capito che c’è il rischio, per alcuni operatori grossi o piccoli del settore, che quest’estate al contrario dell’anno scorso non ci sarà nulla, nichts, nada, nothing: non ci saranno mezze aperture, non ci saranno deroghe, e manco ci sarà lo straccio di un ristoro. Segretamente quasi tutti speravano, fra i suddetti operatori, che si trovasse una soluzione aumm’ aumm’, per cui in qualche modo se la si sfangava e un po’ di decine, centinaia di migliaia di euro si fatturavano.
Gli appelli ci sono stati anche prima (noi ne abbiamo pubblicati più d’uno). Le associazioni sono nate anche prima. Le belle parole – o le parole agguerrite – sono fioccate anche prima. Ma forse stavolta davvero c’è un senso di urgenza, di spalle al muro. E allora si (ri)scopre tutti l’importanza del ballo, della cultura legata ai club, di un certo tipo di intrattenimento. E del far fronte comune, del cercare solidarietà.
Quindi sì: forse questo è l’ennesimo appello inutile, nel campo del clubbing, ma mai come prima nomi grossi ed influenti ci hanno messo la faccia. E questi nomi grossi ed influenti non solo ci hanno messo la faccia: ma sono anche quelli che danno da mangiare a migliaia di persone, sostengono l’economia di migliaia di realtà piccole e grandi, muovono dinamiche che possono influire nelle vite di tutti noi. L’appello è questo:
Sarete scettici. Sarete disillusi. Sarete cinici. Sarete magari pure indifferenti (ma ballare vi piace, ascoltare un concerto in piedi vi piace – e quando possibile già lo fate appena possibile, no?). Ma davvero stiamo arrivando ad un punto di non ritorno, e davvero riunirsi il più persone possibili attorno a questo appello può essere l’unico (l’ultimo) modo per influire sull’assurdo e vergognoso stato delle cose.
C’è addirittura chi, nelle chat interne fra addetti, vuole fare il salto di qualità, vuole occupare piazze ed autostrade, vuole presidiare Montecitorio e Palazzo Chigi, vuole creare rave illegali alla luce del sole: l’abbiamo letto o sentito coi nostri occhi ed orecchie. Parla chiaro dell’esasperazione in corso. E’ una via problematica, per due motivi. Il primo, è che comunque siamo in pandemia e il Coronavirus, fra una variante e l’altra, non è un nemico debellato. Il secondo, è che certe cose se non le hai mai fatte non hai idea di quanto siano difficili e di quanto rischi il culo davvero, e i boss del clubbing (in qualsiasi ruolo) ormai sono troppo abituati a ragionare non per fame, pugni di euro e necessità di arrivare alla fine del mese, ma per fatturati persi.
Il problema però c’è. E il modo in cui il ballo e il clubbing sono entrati nelle vostre, arricchendole di emozioni e di incontri, è troppo prezioso per essere perso e bistrattato. Bisogna agire sul patrimonio più puro ed indiscutibile: la capacità di comunicare e di muovere le persone. In questo il clubbing di casa nostra, anche solo per gonfiarsi il fatturato, è sempre stato storicamente bravo. Ora deve dimostrarlo non unicalmente per guadagni individuali e privati, ma per salvare da un lato un settore (con tutti gli occupati e i poveri cristi che campano con 800/1000/1200 euro al mese), dall’altro una esigenza emotiva umana.
Non ci resta che Instagram, quindi. O Facebook. O Twitter. Almeno per ora. E’ una prima via sana, ragionevole, legale, non ipocrita e trasparente per farsi sentire, e per iniziare ad agire.
Quali saranno i prossimi passi, è tutto da vedere: scatterà l’ennesima guerra fra simili? Partirà il rimpiattino delle accuse reciproche fra SILB, questo, quell’altro, quell’altro ancora? Ci si dividerà sui modi di portare avanti la protesta? C’è chi si sfilerà perché non si sente abbastanza primadonna o abbastanza valorizzato in questo sforzo collettivo? Può essere. Sì, può essere.
Ma partiamo.
Facciamoci sentire.
Il modo in cui la politica – non solo in Italia, ma di sicuro in Italia pesantemente – sta ignorando il “nostro” mondo è diventato un insulto. L’ipocrisia c’è ovunque, come dicevamo. Ma la cosa bella di questo appello è che si dice, fra le altre cose: “Sconfiggere l’ipocrisia“. Iniziamo a farlo. Si trattasse di farlo anche solo con un follow o un like, iniziamo a farlo. Se non lo faremo abbastanza, potremmo arrivare ad una deriva brutta, pericolosa, lobotomizzante, omologante, grigia. E a qualcuno, lì in alto, non dispiacerebbe.
Non diamogli questa soddisfazione. Non se la meriterebbe.
Sennò, veramente, ci droghiamo. Come del resto sta già avvenendo.