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[tab title=”Italiano”]Jovonn nasce a Brooklyn, famiglia e muri di casa facevano musica. Cresce in una realtà totalmente diversa dalla nostra, nella NYC anni ’80. Le parkjamz e i block parties sono la sua parete di allenamento. Ora, oggi, la domanda che mi pongo è: considerando una realtà così profondamente diversa dalla nostra (di cui leggerete qualcosa qui sotto) siamo giunti ad un generale accorpamento che unisce realtà aldilà e aldiquà del mare? E’ un problema di contesto quanto di musica, di arte ed emozioni. Del resto un unico grande dilemma. Una delle possibili conseguenze potrebbe essere la perdita di veridicità, di un certo tipo di spiritualità nella musica. Ovvio e banale dire che ogni brano ha una sua anima, in un modo o nell’altro, ma non siamo qui a discutere di questo. Mi riferisco a qualcosa di ben più radicato, qualcosa di più complesso che affonda le radici in una cultura piuttosto che in un’altra, in feste di quartiere (quel preciso quartiere, in quella città collocata in quella ben determinabile parte del mondo) piuttosto che in club definibili come non-luoghi, dove devi aspettare di uscire per ricordare dove sei. La musica è sì perdersi, ma con una bussola culturale attiva nella testa. Dimenticarla completamente a casa di tanto in tanto è il massimo, ma solo perché prima o poi l’andiamo a riprendere. Resta da chiedersi a cosa potrebbe servire una bussola che abbia reiterato su tutto il quadrante lo stesso punto cardinale.
Iniziamo subito, senza giri di parole: la ricordi la prima volta che hai messo mano ad un giradischi per mixare?
La vera prima volta fu all’eta di dieci anni. Avevamo un vicino di casa che faceva il dj e da casa sua proveniva spesso musica a tutto volume. Aveva dei diffusori da club e quando le finestre del primo piano erano spalancate potevi vedere la consolle, i muri neri ed una disco ball al centro del soffitto. Era un dancefloor a tutti gli effetti, pazzesco. Ovviamente non potevo che rimanerne incuriosito, così gli chiesi come facesse a passare da un disco all’altro. Mi fece mettere le cuffie e mi disse: “Ascolta come suona questo disco dalle casse, premi qui sul mixer e ascolta in cuffia quest’altro. Aspetta e prendi l’inizio di battuta, quando l’altro rientra mandalo”. E’ iniziato tutto così, semplicemente cercando di capire cosa mi stesse insegnando. Ho iniziato osservando i dj che suonavano al parco durante l’estate, comprendendo cosa volesse significare essere un dj e cosa dovessi fare per esserlo.
Quali erano i tuoi punti di riferimento musicali all’epoca?
(ride) Ero e ancora sono un rocker. Ascoltavo gruppi come Kiss, Led Zeppelin, Styx e via discorrendo. Ma anche James Brown, Prince, Herbie Hancock, loro erano degli eroi per me.
Quando hai iniziato a vedere il djing come un possibile lavoro e non più solo come un passatempo?
Quando feci il mio primo set al parco e suonai per la prima volta ad un matrimonio. Avevo 16 anni e mio padre mi regalò la mia prima consolle.
Con il passare degli anni, essendo diventata più che una semplice passione, hai notato dei cambiamenti nel tuo modo di ascoltare, produrre e sentire la musica? Non saprei, una sorta di deformazione professionale…
Penso che siamo in un momento di transizione, in cui si cerca di essere diversi, cercando nuovi suoni tramite la tecnologia. Io penso sia giusto cercare sempre nuovi modi per fare le cose, ma mi tengo stretto il mio modo di lavorare. Penso che l’emozione debba venire da dentro di te, dalla tua anima, dal modo in cui crei la musica. Devi riuscire a far sì che i colleghi sentano la passione che ci hai messo ogni volta che suonano un tuo pezzo. E diamine, io sento emozioni nelle tracce, sento cosa stava passando per la testa dell’artista e amo questa cosa. Io la vivo così: sentire con l’anima e ascoltare con le orecchie.
Mi piacerebbe soffermarmi un attimo sui Block Party degli anni ’80. Come erano, che aria si respirava? La nostra cultura (quella italiana) è abbastanza estranea a questo genere di eventi. Raccontaceli un po’! Fra l’altro, erano legali?
(ride, e di gusto) Ragazzo mio, se potessi esprimere un solo desiderio sceglierei di tornare indietro a quei giorni. La vita era così bella, era tutto così nuovo e fresco. Durante l’estate, ogni giorno, ogni notte ci sedevamo al parco e chiacchieravamo. Verso le 5 del pomeriggio arrivava un camion che si fermava sul campo da basket. Tiravano giù 4 bassi full range, 7 rack di amplificatori, 10 casse di dischi e una fila di giradischi. Srotolavano un lungo cavo arancione e chiedevano a chi viveva nei dintorni se potessero prendere in prestito un po’ di corrente. In caso contrario, si inventavano l’impensabile, aprivano le cassette della luce lungo le strade e si collegavano lì. Folli! Era tutto assurdo! Gente da ogni luogo, da Brooklyn al Queens, dal Queens al Bronx, tutti ne sentivano parlare e iniziarono a venire a quelle che chiamavamo le “PARKJAMZ”. Andavano avanti dalle 17 alle 5 di mattina. La polizia non si mise mai in mezzo, finché qualcuno si iniziò a lamentare del volume e dell’ora tarda. Block Parties: ciò che succedeva ai block parties era abbastanza simile alle park jams, ma dovevi avere un permesso del dipartimento di polizia per una data stabilita. Di sabato quasi tutti i vicini che vivevano nell’isolato organizzavano e condividevano BBQ’s. Una marea di cibo, drinks e musica. Alle volte suonavano anche delle band, ma perlopiù dj’s. L’atmosfera iniziava a cambiare intorno alle 9 di sera. La gente un po’ più grande iniziava a tirar fuori birre, liquori, erba. Lì iniziava la festa e si saltava come fosse un club. Bambini non ammessi, ovviamente. Finché il dj tirava avanti le strade erano piene di gente che ballava e si divertiva. A quel punto, visto che la corrente la si prendeva dai pali della luce sì, era decisamente illegale. Non era divertente se ti beccavano a farlo.
Colpisce che la tua prima uscita sia stata su un colosso come la Warner Bros, soprattutto se penso che internet non era ancora diffuso e che quindi decidere di pubblicare un artista sulla propria label era tutta un’altra questione rispetto ad oggi. Come è andata la cosa? Hai semplicemente mandato per posta un promo?
No, un mio amico ed io conoscevamo Tony Humphries, il resident del Zanzibar Club che suonava anche su Kiss Fm. Una volta gli lasciai una cassetta, la Warner Bros ascoltò “Turn and Runway” tramite lo show di Tony, gli piacque e la presero.
Anche te, se non erro, prima di diventare il Jovonn che conosciamo oggi mettevi dischi hip-hop. Questo passaggio (ovvero dall’hip-hop all’house music) è qualcosa che si ritrova spesso. Come mai secondo te?
L’hip hop era qualcosa che suonavo già alle park jam, prima della breakbeat avevo l’hip hop nei miei dischi. Ancora oggi lo metto, è la mia passione. Ho iniziato ad ascoltare house da quando Timmy Regisford era su WBLS FM (i suoi mix di mezzanotte!) e Tony Humphries su Kiss Fm. Suonavano delle tracce fantastiche, nessuno le aveva e io non potevo che rimanere incuriosito ascoltandole. Poi conobbi un tizio. Aveva lasciato un cartello fuori dal suo studio. “Looking for dj’s”, così aveva scritto. Decisi di salire su per dare un’occhiata. Stava cercando gente per far partire un progetto a cui stava lavorando. Quel tizio si chiamava STRAFE (hai presente “Set it Off”?). Rimasi senza parole nel vedere per la prima volta qualcuno che produceva da solo la propria musica. Così presi la decisione di imparare anche io: iniziai a leggere riviste, a suonare, a guardare ogni domenica un programma di Herbie Hancock su come fare accordi jazz, su come unire le nuove drum machine midi alle tastiere. Comprai una Roland TR 606, una MC 202 e un synth Yamaha. Continuavo ad ascoltare mix house e ad imparare l’arte del creare musica. Cominciai ad unire hi-hat e snare tipicamente hip hop con bassline house. Penso di aver compiuto questa transizione dall’hip hop all’house music in maniera razionale. Sono due cose, due culture talmente diverse…
Il vocal, uno degli elementi caratterizzanti dell’house music. Come mai ha sempre avuto un ruolo così centrale?
Perché è l’elemento finale, il tocca aggiuntivo che chiude una traccia. Dà tutt’altro spessore alla brano, gli dà un’anima.
Ascoltando le tue prime produzioni è chiara infatti la rilevanza che ha. Spesso, però, si discosta dall’usuale, trasformandosi in strumento ritmico e d’arricchimento compositivo (in “Pianos of Gold” ad esempio). Quali sono le dinamiche fra vocal e brano in Jovonn, e come sono cambiate nel tempo?
A dire il vero non sono cambiate molto. Continuo ad usare i vocal come uno strumento a percussione, a volte. Dipende dal progetto su cui sto lavorando.
Tornando al soul: è nota la tua affermazione secondo cui l’house music non è solo un genere musicale bensì qualcosa di spirituale, qualcosa che rimanda al gospel. Cosa intendi dire? In cosa risiede questa esclusività o comunque questa particolarità dell’house music?
L’house music è ed è sempre stata spirituale, esattamente come un gospel. E’ una sensazione che senti giù nel profondo dell’anima. Riesci a fuggire, ad immergerti nell’atmosfera culturale di un club, riesci a liberare la mente e tutto te stesso. Per una notte ti scrolli di dosso quello che sta accadendo nella tua vita. E lo fai ogni weekend. Questa è una cultura, è spiritualità.
Certamente è sempre esistita la buona e cattiva musica, ma oggi parleresti ancora di spiritualità insita nell’house?
Assolutamente sì. Io potrei essere solo uno dei tanti ad educare le nuove generazioni a cosa noi, in quanto leggende, abbiamo fatto e continueremo a fare.
Nel tempo hai seguito più di un’etichetta, una di queste è la NextMoov Records nel 1999. In che momento un artista decide di fondare una label? Come è nata la NextMoov?
Ti correggo, la NextMoov è nata nel 1998 con la stampa di 500 copie dell’EP “Current Moov”. Nel mio caso, ho deciso di creare la NextMoov Records dopo una lunga pausa di due anni, dovuta alla nuova fase che la musica stava avendo (techno). Dovevo fermarmi un attimo e capire quale fosse la direzione che intendessi prendere. Era giunto il momento di tornare al suono della mia Goldtone, ma più evoluto, con vocal e basi migliori. Volevo più soul, volevo imprimere alla mia musica una venatura più afro.
In merito alla dance music con Danny Krivit, qualche tempo fa, parlavamo dei principali agenti di cambiamenti dall’ieri all’oggi. Krivit si è soffermato sull’elemento “tempo”, inteso come maggiore disponibilità nel passato di tempo libero da dedicare alla musica, alle emozioni. Oltre a macro mutazioni come quella dall’analogico al digitale, quali sono secondo te altri aspetti che stanno modificando la realtà del dancefloor?
Il fatto che la vita di un buon disco è solo di due settimane, questa secondo me è una differenza caratterizzante. Per quanto riguarda il passaggio dall’analogico al digitale io sono uno di quelli che ama il suono caldo dell’analogico, ma allo stesso tempo del digitale apprezzo diversi aspetti… non saprei decidermi. Mi piacciono entrambi.
Se pensi alla naturalezza e genuinità della realtà house dei primi anni che disco ti viene in mente?
Lo suoneresti oggi?
Senza neanche pensarci. Quella cazzo di traccia è calda come l’inferno.[/tab]
[tab title=”English”]Jovonn was born in Brooklyn, his family and his house walls were made up of music. He grew up in a totally different reality from the one we live in here in Italy, the NYC of 80’s. Parkjamz and block parties were his gym. Now, the question I ask myself is: considering a reality so profoundly different from our own (of which you will read something below) did we reach a general unification of cultures and mores at the edges of seas? It’s a matter of context and of music, art and emotions. After all, it’s a unique big dilemma. One of the possible consequences could be the loss of authenticity, the loss of a certain kind of spirituality in music. Obvious and commonplace to say that every song has its own soul, in one way or another, but we are not here to discuss this. I am referring to something far more deep-rooted, something more complex that has its roots in a culture rather than in another one, in neighborhood parties (of a particular side of the world) rather than in clubs we could define as “non-places”, because you have to get out to understand in which part of the world you are. Music is lose yourself, of course!, but with an active-cultural-compass in your head. From time to time to forget this compass at home is wonderful, but only because sooner or later we are going to resume it. But, at this point, the real question is: how much useful could be a compass with always the same cardinal point all over the dial?
Let’s start right away, without beating around the bush: do you remember the first time you’ve used a turntable to mix music?
The first time was at the age of 10yrs there was an older dj who lived near me use to play loud music with a club sound system from his window on the first floor of his apt, had windows wide open you can see his dj setup almost setup like a club, black painted walls and a disco ball in the middle of the ceiling, anyway i was curious so i asked him on how can he mix from one record to the next. He had me put on headphones and said listen to whats playing out from the speakers, push the cue button on the mixer and listen to whats on the other turntable then hold and cue so when the other record is done bring in the other record. That was it for me I simply comprehend what he was conveying to me. I began to watch djs who played outside in the parks in the summer under-standing what it take to be a Dj and how it works.
What were your musical heroes when you was young? What did you usually listen to at that time?
lol… I was and still am a rocker, I was listening to groups like Kiss, Led Zepperlin, Styx and so on then James Brown, Prince and Herbie Hancok were my heros.
When did you start to see DJing as a possible job and not just as a passion?
When I played my first park set and my first wedding gig at the age of 16yrs. I had my own dj set my dad got me.
Over the years, Djing became more than just a passion, it’s now your work, you’re life. Due to this, have you ever noticed changes in your way of listening, produce and feel the mu-sic? I do not know, I mean sort of “professional deformations”…
I think musically we are in a transition seeking out a way to be different, finding new sounds because of technology. I’m for one is always looking for a way to be different but have the same style in my craft. I think the feel has to come with inside of you inside your soul on how you create music, you have to make your peers feel your passion every time they play your records and damn! I can feel the emotions in this track what was going on in his mind, I am loving this. thats how I see it, feel it and listen.
I would like to dwell for a moment on the block parties of the 80’s. How were them? What was the atmosphere? Our culture (I mean the Italian culture) is definitely not so close to this kind of event, we don’t have real “blocks” for example… Tell us more about that! Among other things, were they legal?
Hahah… man if I had one wish id love to go back to them days because life was good it was new and fresh. In the summer time at any giving day or night I remember sitting outside in the park chatting with my friends and around 5pm I see a truck stopping in the basketball playground rolling out four bass bottoms four full range, a 7amp rack space cabinet, 10 crates of records, one long turntable coffin. They brake out a long orange power cord and ask anyone who live closes to the park can they plug in or they do the unthinkable and open the light post and get power from there, lol… it was crazy, people from anywhere from Brooklyn to Queens to the Bronx hear about it and come to the what we call it here in New York “PARKJAMZ“ it would go on from 5pm to 4am. The police never stopped it until someone complain about the music being on so late. and at times they would continue to setup the next evening. Block Parties: what happens at block parties is almost similar to park jams but you have to have a permit from police department on a set date on Saturday the neighbors who lives on the block all have Barques for everyone, lots of food, drinks music. Some time they have live bands but most of the time they prefer Djs. The atmosphere changes at night round 9pm the older crowd bring out beers, liquor, smokes you name it, it was there and they party hard as if they were in a club. No kids allowed lol… streets are packed with dancing and just having a good ass time until the Dj is ready to stop. As far as boosting power from light post yes its illegal if you get caught opening it.
It strikes that your first (or nearly) release was on a giant like Warner Bros. It strikes me especially if I think that the Internet was not yet widespread, and then deciding to publish an artist on the label was something really different from today. I mean, nowadays I could publish someone even If I’ve never saw him, but 20 years ago? Did you simply send a promo of “Turn and Run Away Running” to the Warner?
No, my friend and I knew Tony Humphries who was a resident at Club Zanzibar and playing on KISS FM. On weekends, gave him a demo tape. Warner Bros heard it through Tony mix show was very interested in Turn and Runaway and signed it.
If I’m not mistaken, before becoming the Jovonn we know today, you played hip-hop records. This transition (from hip-hop to house music) is something that is often found between house artist in the 80’s. Why in your opinion? What bind together these two genres? The “social belonging”, perhaps?
Well, hip hop was something I was already playing from park jam days playing breakbeats before there was hip hop on records, I’m still currently playing hiphop which is my passion. I began listening to house when Timmy Regisford was on WBLS FM midnite mix, Tony Humphries on KiSS FM. They played these amazing tracks no one could get, I was intrigue in what I was hearing I met this musician who had a sign outside of his studio looking for Djs, I went up to see about it and was trying out for a project he was working on and that artist producer name is STRAFE (set it off) I was amazed to see for the first time one man producing tracks by himself, I began to teach myself how to do the same thing, reading keyboard mags and watching Herbie Hancock program every Sundays on how to do jazz chords and putting new midi drum machine and key-boards together. I purchased a Roland TR 606 drum machine and and a Roland Mc 202 bass keyboard and a Yamaha synth. Day in day out I was listening to all of the house mix shows every weekend learning the craft of making house music. The intricate of hi hats and shares drums of hip hop and the indicate driven baselines in house music is what I combine together. In my opinion I made the transition from hip hop to house, it’s a whole different vibe and a different culture.
The vocal, one of the typical elements of house music. In your opinion, is it correct saying that at the beginning the “soul component” of tracks was especially there, in the vocal? Why the vocal have always had such a central role in the house music?
Because vocals are an added instrument to put the finishing touch to a track, it brings out another attitude to the project.
In fact, in your first productions it’s clear the importance the voice has. Often, however, your vocals move away from the usual, turning into rhythmic instruments and enrichment composition elements (in “Pianos of Gold” for example). What are the dynamics between vocal and track in Jovonn, and how did they change over time?
Actually it hasn’t changed I still use my vocals like an instrument percussion sometimes, depends on the track I’m working on.
Returning to the soul: your assertion that house music is not only a music genre but something spiritual, something that reminds the gospel is renown. What do you mean with this? In what lies this exclusivity or at least this particularity of the house music?
House music is and has always been spiritual as if it was godspel, it’s a feeling you feel deep down in your soul, you can escape yourself into this cultural atmosphere in a club to free your mind and be free yourself of whats going on in your life just for one night and repeat it every weekend, thats culture, thats spiritual.
Of course there has always been good and bad music, but today would you still talk of spirituality inherent house music?
Yes, of course, I can only be one of many to educate todays generation into what we as legends been doing for years and years to come.
By the time you’ve followed more than one label, one of these is the NextMoov Records, born in 1999. When and why an artist decide to create his own label? How was the NextMoov born?
NextMoov was born in 1998, pressed up the first 500 limited copy EP called “Current Moov EP”. I decided to create NextMoov Records after a two year hiatus from making music because of the next music transition was taking place (techno) to sort out what direction I wanted to go. It was time for me to come back with similar sound from the Goldtone music, more evolved better vocal artist better tracks on the soulful and afro side of music.
Some time ago, we talked with Danny Krivit about main agents of transformation from past to the present in relation to dance music in general. He focused on the “time” element, intending that in the past people had an higher availability of leisure time. In addition to macro mutations such as the skip from analogue to digital, what do you think are other aspects that are changing the dancefloor reality?
The life span of a good record last only two weeks and as for skip from analogue to digital, I like the sound of analogue its warm sound bigger and with digital I like the fact you can’t worries about skipping and permanent scratches lol… I like both.
If you think at the naturalness and authenticity of the house of the early days, what record comes to your mind?
Would you play it still today?
That’s a hell fuckin yeah dude.[/tab]
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