Ecco qualcosa di diverso. Tre ragazzi britannici, gli Is Tropical, ci propongono un bel mix di elettronica, rock, piatti e bicchieri di carta. Si perché dopo le prime tre tracce la sensazione è proprio quella: innocenza, leggerezza, e bianco nuvola, esattamente come i bicchierini delle feste dei mocciosi. Poi il party finisce, e parte la traccia numero quattro. E’ “Leave The Party”, appunto, è la festa che i ragazzi non vogliono lasciare perché ovunque c’è troppo sole, troppa birra, troppe donne per andare a buttarsi sul divano a vedersi i gol del Manchester United, o un maledetto talk show. Ed ecco che, insieme a questa sensazione di innocente bellezza, si insinua lei, la cara vecchia sperimentazione. Virgolette. Si chiama così, o lameno dovrebbe, ma ha le rughe. Strappetti, snears e fronzolini che una volta erano il pane degli anti eroi elettronici ormai sono solo un’idea, la rappresentazione teorica della novità. Mah.
Poi ci sono “Cry” e “Sun Sun”, roba che ricorda i Blur più incazzati o gli Oasis più depressi, il tutto con guarnizioni elettroniche che non c’entrano assolutamente nulla col sottobosco a noi caro di producers di musica techno, deep, house o techouse. Ma non è tutto così commerciale come sembra. “Video”, ad esempio, è una ballad che potrebbe chiudere tranquillamente un set di Jamie XX (a proposito, quanto mi è piaciuto il suo set alla Boiler Room). Insomma, la moltiplicazione di pani e pesci inglesi: molte chitarre e qualche campionamento elettrico, un grande tributo alla musica d’oltremanica che parte dai Beatles, sfiorandoli, e arriva sino ai Letfield passando per i Primal Scream. Senza mai sfigurare (non troppo almeno). Tutto col placet convinto della mitica Kitsuné Music, etichetta che ha contribuito al successo di gruppi e solisti del calibro di Alex Gopher, Digitalism, Fischerspooner e molti altri.