Quando si tratta di incantare con le note, il prestigiatore Guy Gerber riesce a tirar fuori dal cilindro non conigli o colombe, ma squisite strutture melodiche. E dopo aver estratto dal taschino il jolly “Fabric 64”, a mio parere impressionante per bellezza e modalità di scelta delle tracce – tutte inedite ad eccezione di “One Day In May”-, ecco qualche commento a caldo sul suo nuovo lavoro, “Steady EP”, in uscita su Supplement Facts.
Tempo di una veloce incursione sul suo profilo facebook e mi trovo Gerber con un gioiellino tra le mani. No, non è la bacchetta magica di Harry Potter, ma l’acero e l’acciaio di un basso elettrico MusicMan modello Stingray. Basso che si sente ruggire con grinta e profondità nella traccia che dà il nome all’intero EP, insieme alla distorta voce del ben noto frontman dei dOP, Jaw. Tutti gli elementi contribuiscono equamente alla creazione di un’atmosfera divina, in cui il tempo si ferma e l’unica sveglia sono le crespe note di quel basso penetrante. Nel disco troviamo anche un remix di Midland che per fortuna riutilizza intatta la bassline, ma, a mio parere, forza un po’ la mano e carica con troppa energia la traccia ragionando in termini funzionali (far ballare la pista), piuttosto che lasciarsi guidare dal flusso naturale e dall’adattabilità dei suoni di “Steady”.
Il B-side è, senza troppi fronzoli o ragionamenti astrusi, un capolavoro. “The Golden Sun And The Silver Moon”, estratta dalla compilation del Fabric, è una di quelle tracce che ti emozionano trascendentalmente, senza subire svalutazioni nel tempo. Ricordo che definii questo brano una poesia, ed è davvero ciò che penso tuttora. Le fondamenta solide della fastosa architettura melodica – che caratterizza la traccia – prendono forma coi fantastici lead-sytnh che si cavalcano a vicenda, in un movimento sinuoso che ricorda quello di un surfista in cerca del punto giusto da cui dominare l’onda che sfuma man mano, lasciando in uno stato di confusa meraviglia chi ascolta. Ridestarsi è davvero difficile, e l’edit di Gerber e Clarian North (metà dei Footprintz, più volte coinvolto da Gerber nei suoi progetti) è solamente un qualcosa in più. Non posso certo dire che non sia un edit riuscito perché mi rendo conto che, stonato dalla bellezza dell’originale, non sarei obbiettivo, ma forse non c’era poi tutto questo impellente bisogno di ritoccare una traccia di per sé perfetta. Forse è proprio il costante equilibrio degli elementi ciò che manca in questo edit, costruito in buona parte con elementi riciclati dall’originale, il cui unico miglioramento è il modo in cui vengono esaltati gli arpeggi, davvero estasianti.
Ascoltando le tracce di questo EP bisogna essere coscienti, dal momento in cui si schiaccia il tasto play, che il confine tra realtà e immaginazione è facilmente valicabile: forme labili e confini opachi, mentre ciò che di concreto resta sono le favolose melodie a cui ci si ritrova avvinghiati. Il dispiacere è appunto questo, che la condizione irreale in cui si è immersi sia fugace e abbia una dimensione temporale, immaginarsi in una perpetua e magnifica irrealtà è affascinante, cattura. Ma essa purtroppo svanisce velocemente, e la fine del disco sancisce il ritorno alla, più prevedibile, realtà materiale.