Definendo Martin Schopf come un perfetto incontro tra Est e Ovest non vi è alcun rischio di peccare di presunzione, infatti pochi quanto lui hanno spostato il proprio domicilio da un continente all’altro con così tanta frequenza e costanza. Nato in Chile e fuggito come tanti insieme ai propri cari dal Regime di Pinochet vive i suoi anni più intensi in una Germania segnata e poi rivitalizzata dagli anni della caduta del Muro salvo poi continuare a viaggiare lasciando in ogni posto dove ha vissuto un nuovo se stesso, sotto la forma degli svariati alter ego con cui ha prodotto insieme a tanti altri dj locali in questi lunghissimi 20 anni di carriera. Tra le sue mille mutazioni musicali troviamo anche Junction SM in collaborazione (nata quasi per caso) con la sua compagna di vita Sonja Moonear e che tuttora rimane attiva. Abbiamo avuto modo di fare due chiacchere con lui nel bel mezzo del suo tour americano insiene a Butane nei panni dei Pisco Sour e ne abbiamo approfittato per parlare anche della sua etichetta Ruta5, volta a valorizzare i talenti locali di paesi con meno visibilità musicale a livello mondiale. Ma lasciamo la parola a lui.
Credo che la definizione “Cittadino del Mondo” sia perfetta per definire la tua vita e la tua carriera, è la verità?
Si, per qualche motivo non sono mai riuscito a passare più di tre anni nello stesso posto…il mio sogno era di viaggiare in tutto il mondo, incontrare persone, apprendere altre culture, ascoltarne la musica e capirne la lingua. Forse oggi con un bambino potrebbe essere diverso.
Il termine “casa” è troppo restrittivo, ma in quale posto (o posti) hai avuto le migliori sensazioni come lavoratore o semplicemente come cittadino?
Credo che ogni momento della mia vita abbia una diversa sensibilità ed in ogni momento definiamo il nostro ambiente con diversa prospettiva. Credo avessi 23 anni quando ho avuto il mio picco emotivo di divertimento e sono andato a vivere a Barcellona. Prima vivevo a Berlino dove ho passato dei grandi momenti negli anni ’90. Il Muro stava per cadere e la gente, specialmente quelli della parte Est inondarono la città di nuova energia vitale. Era nata una nuova cultura, purtroppo a un certo punto ne ebbi abbastanza di tutto ciò e decisi di cercare un po’ più di calore e scelsi Barcellona dove trovai amore, sensualità e le migliori feste di sempre. Mi sentivo a casa, ma quei luoghi col tempo diventarono “vuoti” e decisi di fare qualcosa per la mia carriera, visto che Barcellona non era il luogo adatto per la mia creatività decisi di tornare in Germania dove c’è più produttività e supporto nei confronti della mia musica.
Sud America ed Europa sono state due importanti basi operative nella tua carriera: come cambiano l’approccio all’organizzazione di eventi e la cultura musicale fra una e l’altra?
Il Sud America non aveva strutture all’inizio e soprattutto i problemi nascevano dalla struttura sociale dei vari paesi. La cultura va di pari passo con la stabilità, sia economica che politica. Come tutto sanno il Sud America è una terra di corruzione e ha sofferto a lungo sotto politici corrotti quindi fare feste sarà sempre un privilegio per poche classi sociali elette. Quindi all’inizio fu un grande sforzo cercare di far funzionare le cose e tutto questo cambiò molto la mia morale politica. Cercai di integrare artisti locali e musica tradizionale unendoli ai miei progetti, un esempio fu uno dei miei vecchi alias chiamato Gonzalo Martinez dove lavoravo insieme a Jorge Gonzeles. Devo dire che invece in Europa si può proprio parlare di scena musicale in modo serio.
Nei tuoi 20 anni di carriera hai spesso e volentieri cercato di unire le forze con altri artisti sia a livello produttivo che di performance live per creare diversi tipi di simbiosi musicale. E’ questo il segreto del tuo suono così poliedrico?
Credo di si, lavorave con Ricardo, (Villalobos, ndr) Atom Heart, Andres Garcia, Tobias mi ha dato diverse opportunità di comprendere modi diametralmente diversi di fare musica rispetto al mio. Ci influenzavamo a vicenda per tutto il tempo, dalla Salsa alla Techno, dall’House all’Electro. Qualsiasi cosa ci fosse intorno a noi. Per un po’ di tempo ci siamo anche esibiti live insieme.
Anche nelle tue produzioni da solista utilizzi sempre un alter ego come ad esempio The Plastik Woman o The Latin Elvis. Non riesci proprio a vedere il tuo nome solo soletto eh?
Ogni alter ego rappresenta un diverso periodo della mia vita, in base a chi c’era intorno a me, a dove fossi e a chi stessi ascoltando. Dovevo ogni volta inventarmi un nuovo nome e ciò mi ispirava, faceva volare la mia fantasia.
Focalizziamoci sulla relazione con Sonja Moonear: dove vi siete conosciuti e quando avete deciso di diventare un duo tramite Junction SM?
Incontrai Sonja nel 2001 quando fu invitata a uno di quel leggendari eventi organizzati da Get Perlonized al Panorama Bar di Berlino. Thomas (Zip, ndr) mi chiese di prendermi cura di lei in quanto lui stava poco bene. Sonja fece un gran set quella notte e tutti nel club rimasero davvero stupiti dalla sua bellezza e dal suo talento come dj. Un anno e mezzo dopo diventammo una coppia e per caso a un party in cui Carl Craig dovette cancellare la sua data mi chiesero di sostituirlo. Così io e Sonja decidemmo di suonare insieme e fu semplicemente grande! Da quella volta ci fu la scelta di continuare a farlo e in seguito anche di produrre un disco in collaborazione.
Hai sempre dato molta importanza ai live set condivisi con altri. Continui a preferirli? Che setup preferisci utilizzare nelle tue performance?
Amo le performance live, specialmente se puoi interagire con altri artisti. Questo apre totalmente nuove dimensioni di creatività sul palco e tutto diventa unico nel tempo e nello spazio. Il live permette inoltre maggiore libertà a livello creativo. Sfortunatamente non molti promoters capiscono ciò e credono di vedermi suonare da un portatile come di solito fanno i musicisti attuali. Perciò non c’è mai abbastanza spazio per tutto ciò che vorrei utilizzare come setup.
Hai avuto un enorme numero di realease su diverse etichette, potresti dirci quali sono state quelle che hanno creduto maggiornamente in ciò che facevi? Posso tentare ad indovinare nominando per esempio Perlon?
Sicuramente Perlon insieme alle mie release su Ruta5 ma sono stato molto contento anche delle mie uscite su Multicolor come Sieb Uber die Sonne e Gonzalo Martinez. Un’altra interessante fu la label di Atom Heart che rilasciò i miei primi 2 EP da solista, era un gran tempo quello in cui la cassa in 4/4 non comandava ancora le nostre produzioni.
Soffermiamoci su Ruta5, la tua etichetta personale. Come è nato questo progetto?
Ruta5 è un’etichetta che ha rotto il silenzio della musica elettronica prodotta in paesi meno acclamati di Germania e Stati Uniti. E’ nata in Cile nel 1995, al tempo nonostante il fatto che molte produzioni con origini esotiche trovassero spazio nei negozi di dischi, il monopolio tedesco-americano continuava a dominare il mercato. I suoni elettronici creati in altri continenti e paesi sono ovviamente influenzati dai vari stili musicali del luogo, oggi troviamo artisti di musica elettronica le cui proposte musicali precedentemente legate ai generi locali sono tuttora ignorate o comunque poco diffuse. Ruta5 ha l’obbiettivo di fungere da canale per la nuova musica elettronica proveniente da nazionalità meno conosciute. Come punto di partenza abbiamo scelto il nostro paese natìo, il Cile, il paese più a Sud del continente. Per questo motivo abbiamo chiamato la prima compilation “Austral”.
Oggi sei un membro della famiglia Cadenza presieduta dal tuo amico e compatriota Luciano. Potresti spiegarci come nasce questa mossa?
Sinceramente non mi sono mai sentito molto soddisfatto con Cadenza ma il fatto di necessitare più rendimento dalla mia carriera mi ha portato da loro. Penso che Cadenza possa darmi quel supporto inoltre non bisogna dimenticare che Luciano per me è come un fratello, quindi in un certo senso è un po’ come avvicinare a una parte della mia famiglia. Tutto questo renderà le cose un po’ più semplici per me dopo aver vissuto un lungo periodo di isolamento in Francia.
L’ultima domanda è a proposito del clubbing italiano. Tu sei stato qui parecchie volte nella tua carriera, come è cambiata la nostra scena negli ultimi 20 anni?
Credo che la scena italiana sia diventata piuttosto forte e creativa negli ultimi tempi, un sacco di buona musica è scaturita dalle influenze di molti artisti che hanno visitato il Paese negli ultimi 10 anni. Ho sempre trovato che gli italiani sapessero come fare festa, essendo persone molto positive e gioiose a cui piace ballare. Quello che non mi piace molto invece è quel cieco fanatismo verso alcune “superstar” che hanno un po’ offuscato la realtà della scena club. In fin dei conti si tratta solo di soldi e una piccola cerchia di promoter pretendono di monopolizzare certi artisti per riempirsi ulteriormente le tasche ed è stato l’inizio della fine del clubbing indipendente, si è smesso di ascoltare realmente la musica e si passa solo il tempo ad ammirare quel tale artista che è supposto pensare che sia geniale a prescindere.
English Version:
Defining Martin Schopf like a perfect match between East and West there is no risk of being presumptuous, in fact not much people have moved from one continent to another with such frequency and consistency like him did. Born in Chile and escaped as many along with his family by the regime of Pinochet lived its most intense years in Germany during the years in which the Wall was falling down but then he kept on travelling leaving any place where he lived a new self , in the form of the various alter egos with which he produced with many other local djs in these long 20-year career. Among his many musical mutations we can find Junction SM in collaboration (born almost by accident) with his life partner Sonja Moonear and still active nowdays. We made a chat with him in the middle of his U.S. Tour together with Butane in the shoes of Pisco Sour and we took the opportunity to speak about his Ruta5 project, a record label created to emphasize local talents from countries with less visibility in musical environment. But let the word to him.
I guess that the definition of “World Citizen” fits perfectly in your life and career. Is this true?
Yes, somehow I never could spend more than three years in one place…my dream was travelling all around the world, meeting people, learning about cultures, listening to their music and understanding their language. Maybe today with a child It will be different.
The term “home” is too restrictive, but in which place (or places) you had the best feelings as a worker or just as a simple citizen?
I guess every moment in life has a different sensibility and every moment on define our environment with different perspective. I guess when I was 23 I had my peak of fun in life and went to live in Barcelona. Before I was living in Berlin. Wonderful time at 1990. The wall was coming down and the people from all over the World , specially from the east floated the city with new energy. A new culture was born. But suddenly I had enough from all this and searched for more warmth and went to Barcelona. There I found love, sensuality, and the best partys ever. I was feeling home. But this home became empty with time and needed to do something for my talent and Barcelona was not the right place for creativity so I had to go back to Germany, were people were productive and supporting this new music.
South America and Europe were two important operating bases in your career: how different are the approach to the organization of events and the music culture between one and the other?
South America had not any structures on the beginning and mostly the problems came from the social structure of the country. Culture comes together with economical and political stability. As we know south America is corrupted and has to suffer under corrupted politics so doing parties over there will be always something for the upper class minorities. So it was on the beginning a big effort trying to get things running over there and almost disappointing me on my political moral. I was trying to integrate local artist and traditional music into my projects over there. One example is one of my ancient projects called Gonzalo Martinez where I was working with Jorge Gonzales. In Europe I would say that I we want seriously talk about a scene.
In your twenty years you frequently tried to join forces with other artists both in production and live acts to create different kinds of musical symbiosis. Is this the secret of your polyhedric sound array?
I guess yes…working with Ricardo, Atom Heart, Andres Garcia, Tobias give me different opportunities to understand a completely different way to make music as I did. We were influencing each other all time, from salsa to tecno or house to electro. Whatever was around us. Temporarily we even use to live together.
Even in your solo productions you’re always with an alter ego like the Plastic Woman or the Latin Elvis. You just can’t see your name alone isn’t it?
Every alter ego is representing a different period of my life. Depending at who was around me, where I was and who I was listening too, I had to invent me a new name. This was inspiring me. Letting my fantasy travel.
Let’s focus on the relationship with Sonja Moonear, where you met each other and when you decided to become a team with Junction SM?
I meet Sonja 2001 when she was invited to one of those legendery events from get perlonized. At the Panorama Bar. Thomas (Zip) was asking me to take care of her because he was sick. Sonja was playing an amazing set this night and everybody in the club was really impressed by her beauty and talent as an dj. 1 and a half year later we became a couple and by accident on a party were Carl Craig was cancelling his gig in Geneva thay ask me to substitute him so me and Sonja started playing together..and it was just great! From this time on we decided keep on going doing it and besides to produce a record together.
You have always given much attention to the Live sets collaborations. Do you still prefer to perform live? Which setup do you prefer to use in your performances?
I love the live performance, specially when you’re interacting with another artist. This opens completely new dimensions of creativity on stage. It’s becomes unique in time and sound. The live performance allows also more freedom in your creativity. Unfortunately not many promoters understand that and just think that I’m coming there to play fro ma laptop, what usually musicians do. So almost there not space for setting up all the gear I would love to set up.
You had an enormous number of realeases on several labels, can you tell us which were the ones who had more confidence in what you did? Can I try to guess naming Perlon?
Of course Perlon and my releases on ruta5 but I also was really happy with my releases with Sieg über die Sonne on multicolor or Gonzalo Martinez on Multicolor. Or on rather interesting, Atom Hearts label that released my first two solo LP’s. this was a great time were 4/4 to the floor was still not ruling our production.
And what about Ruta 5? How did this label born?
Ruta5 is a label that broke the silence of electronic music born in less highlighted countries than Germany or United States. It was born in Chile 1995. Despite the fact that loads of productions with more exotic origins find their place in the record stores today, the german-american monopoly was always ruling the market. Electronic sounds created in other continents and countries are obviously influenced by the heritage from the various musical styles. Today, we find numerous musicians in the electronic cultural environment whose original musical proposals are still ignored or sparsely difussed. Ruta5 aims to act as a channel for new electronic music from the less focused nationality. As a starting point we´ve chosen our country of birth, Chile. The most southern of the continent. For this reason we have called the first compilation “Austral”.
Nowdays you’re part of Cadenza family owned by your friend and compatriot Luciano. Could you explain the meaning of this move?
Sincerely, I was never founding me very accomplished with cadenza but the fact that I needed to have more output with my career brought me to them. I guess cadenza could give me that support and of course not to forget that Luciano is like my brother .So somehow I was moving just closer to one part of my family. This would make things much easier for me after living in my own isolation at France.
Last question is about italian clubbing. You came here to play several times in your career, how has italian scene changed in the last 20 years?
I think the Italian scene became quiet strong and creative in last times a lot of good music came out of the influences from many artist that were visiting italie in the past 10 years. I always found that the Italians know how to party. Very positive happy people that likes to dance. What I didn’t like so much was their blind fanaticism to certain “superstars” this massive raves that finally killed a bit the chance for the real club scene. In the end was everything about money and a small clique of promoters pretended to monopolise certain artist with the aim to feed their own pockets. This was the beginning of the end for the independent club scene. Not really to look what we are realy listening to, instead just admiring certain artist that suppose to be genial.
Pics by: Renato Del Valle