Dieci anni di Beatport. Tanti? Pochi? Troppi? Di sicuro, il famigerato portale ha influenzato nel bene e nel male le dinamiche del mercato musicale più legato ai dancefloor: di questo gliene va indubbiamente dato atto. D’altro canto è quasi fisiologico che un’idea buona (la facilità con cui approvvigionarsi di musica che non è pop, rock o altre forme da mercato canonico dei decenni precedenti) possa venir distorta da pratiche cattive e/o da un uso superficiale. E non è necessariamente colpa di Beatport se queste pratiche e questo uso ad un certo punto sono aumentati selvaggiamente (anche se le “pratiche di salvaguardia” beatportiane sono state, forse, un po’ debolucce ed intermittenti).
Ad ogni modo: dieci anni. Vanno festeggiati. Il format inventato è semplice ma carino: dieci dj che raccontano l’ultimo decennio “fotografando” dieci generi musicali diversi, creando delle playlist. Beatport un po’ si tradisce, o meglio, svela serenamente la sua natura quando spiega che i generi “fotografati” saranno quelli, citiamo testualmente, “best performing”, insomma, quelli commercialmente più fortunati. E magari potrebbe far storcere un po’ il naso, o presagire un’operazione molto EDM-oriented, che il primo 10×10 sia dedicato alla categoria “Progressive House” e sia assemblato da Hardwell. Ma va bene così: è un modo per dichiarare serenamente le carte in tavola. Se volete seguire l’evoluzione di questa serie, sappiate che gli altri nove 10×10 – ancora da annunciare, si lascia un po’ di suspence – saranno svelati uno ciascuno ogni settimana, da adesso fino a metà novembre, ogni lunedì. E che la “performance” sia con loro.