Yussef Kamaal è un nome predestinato. È quasi una crasi e suona credibile come nome di un jazzista d’origini arabe. In realtà è il nome composto di un duo e deriva, molto semplicemente, dalla fusione dei nomi propri dei due musicisti che lo animano: Yussef Dayes e Kamaal Williams. Il primo è uno dei più rinomati batteristi inglesi. Negli anni ha lavorato con progetti come Paradox Ensemble, Ruby Rushton ed Emanative ma, soprattutto, con uno dei migliori gruppi afrofunk britannici, gli United Vibrations usciti su Ubiquity e 12 Tone. Il secondo è un produttore e polistrumentista, inglese anch’egli, già conosciuto come Henry Wu, e attivo su 22A, fondamentale etichetta di confine tra jazz & hip hop, e come w15 su Eglo. Sarà stato l’incondizionato supporto di artisti come Bonobo e 4Hero, la sequenza di sold out nelle precedenti date del tour mondiale o l’acclamata performance per la Boiler Room, fatto sta che Yussef Kamaal sembra un nome destinato a lasciare un segno nella storia delle ibridazioni jazz di questi anni.
È cominciato tutto per merito di Bradley Zero che, oltre ad essere il fondatore e presentatore di Boiler Room è anche la testa e il portafoglio dietro Rhythm Section, etichetta per la quale Henry Wu era già uscito. Quei quindici, intensissimi, minuti che si possono vedere su Youtube dovevano essere una performance ‘one shot’, l’occasione unica di riunire insieme dei musicisti provenienti dalla stessa area a sud ovest di Londra per il piacere di tutti noi connessi in diretta streaming. È diventato un progetto che sta bruciando le tappe. La loro fusione tra jazz cosmico, ritmi funk e suono delle radio pirata di Londra ha ammaliato Gilles Peterson, che non si è fatto sfuggire l’occasione di lanciare uscire l’album di debutto, “Black Focus”, sulla sua etichetta Brownswood, amplificando la nascente fama del gruppo attraverso la trasmissione Worldwide FM. È un gioco sin troppo facile quello di associarli a nomi come Kamasi Washington, Flying Lotus e Robert Glasper, anche perché il suono sporco e veloce di South London, le ritmiche spezzate, il respiro ancestrale del jazz più ispirato, l’interplay naturale ed altamente energico sono ingredienti che rendono uniche le loro performance. Le quattro date del loro tour italiano sono stati l’occasione per una veloce intervista con Yussef Dayes.
Quando vi siete incontrati per la prima volta?
Ci siamo incontrati per la prima volta nel 2007, ad un evento organizzato da Kamaal al Crypt, un club conosciuto di Camberwell. Io suonavo lì con la mia band United Vibrations. Ci siamo piaciuti subito. Poco dopo ci siamo ritrovati a suonare assieme in una soul jam organizzata a Brixton da Illersapians.
In effetti sembra che da Peckham e Camberwell stiano arrivando alcune delle cose più interessanti nella musica inglese di questi anni. Quanto Londra influenza il vostro suono?
Se cresci nella periferia meticcia di South London sei automaticamente esposto a quell’incrocio di culture che ne fanno un posto unico e speciale. Che sia per i fraseggi delle percussioni africane o per le metriche degli MC grime, l’ambiente nel quale viviamo immersi ogni giorno condiziona fortemente la musica che stiamo facendo.
Se penso al suono di Londra, negli ultimi anni, mi viene in mente un mix di jungle, grime e broken beat. Gli stessi ingredienti che sembrano segnare il vostro approccio al jazz.
In effetti usiamo tutti gli stili che hai nominato per dare forma e corpo alla nostra musica. Ma non è qualcosa che abbiamo inventato noi. Questa fusione si concretizza naturalmente e in molte forme di recente. Ecco perché ci sentiamo perfettamente a nostro agio a suonare un ritmo spezzato piuttosto che un groove di stampo jazzistico.
Hai una formazione jazzistica?
No, ho conosciuto il jazz attraverso mio padre. Ha vissuto a New York negli anni 70 e quindi è tornato a Londra con una imponente collezione di dischi jazz di quell’epoca. Così quando ho cominciato a studiare batteria la mia pratica quotidiana era quella di provare a tenere il tempo di Billy Cobham mentre sul piatto del salotto suonava un suo disco.
Dovevate essere una sessione live eccezionale. Siete diventati un gruppo. Qual è stato il processo compositivo durante la registrazione di Black Focus?
Si è trattato di cogliere l’attimo, l’energia del momento che stavamo vivendo… letteralmente. Kamaal ha un giovane figlia da mantenere, io ho appena perso mia madre. Il processo è stato, semplicemente, quello di mettere a fuoco la nostra energia. E il canale, ovviamente, è stato la musica.
Come siete finiti a lavorare con Malcolm Catto degli Heliocentrics che ha fatto da ingegnere del suono per il vostro disco?
Malcolm Catto è uno che la sa lunghissima. Sa esattamente come ottenere il suono che stavamo cercando. Abbiamo avuto un primo incontro molto veloce con lui, nel quale ha dimostrato di apprezzare le idee che erano nel nostro primo demo e quindi ha deciso di seguire la registrazione e la produzione di Black Focus. Ma per questo lavoro dobbiamo ringraziare anche Richard Samuels che ha co-prodotto il disco ed Eric Lau che l’ha mixato.
Come siete entrati in contatto con Gilles Peterson e il giro Brownswood?
Siamo stati invitati a suonare in concerto ai Worldwide Awards (il premio annuale lanciato dalla omonima trasmissione radio, ndt) all’inizio del 2016. Gilles ha sentito ed apprezzato le vibrazioni del nostro suono e dopo il live ci ha chiesto di essere messi sotto contratto per la Brownswood… Il resto è storia. Grazie mille a tutti quelli che tengono viva l’avventura legata a quell’etichetta!
Come fate a combinate certe tipiche atmosfere jazzistiche con i riferimenti hip hop ed elettronici che possiamo sentire in Black Focus?
Un sacco di dischi hip hop ed elettronici usano campionamenti e riferimenti stilistici al jazz quindi noi ci limitiamo ad acchiappare lo cose che girano intorno.
Come sta andando il tour?
È un lavoro tosto ma mi pare che stiamo reggendo il colpo. Il pubblico gioca un ruolo fondamentale nelle nostre performance live e fino ad ora il livello energetico che abbiamo ricevuto è stato impressionante. Vogliamo ringraziare di cuore tutti quelli che ci stanno supportando.
Cosa prevede la vostra agenda, prossimamente?
Sta per arrivare un film sulla storia di Yussef Kamaal.
02/12 @ Monk _ Roma
03/12 Mash @ Biko _ Milano
04/12 @ Combo Social Club _ Firenze
07/12 @ Jazz Re:Found _ Torino