Daniel Jakob è un produttore, multistrumentista e scienziato del dub di base tra le alpi svizzere. La sua lunga carriera musicale è cominciata a metà degli anni ’90, ha attraversato territori musicali come hip hop, italo-pop, elettronica, si è sovente applicata alla produzione di colonne sonore e ora approda ad una nuova, fondamentale tappa. Se il progetto pop-elettronico Filewile, che lo vedeva assieme ad Andreas Ryser, è quello di maggior successo (vari album e tour tra Europa e Sud America, remix per Dawn Penn, Bonaparte e Pressure Drop Soundsystem, tra gli altri), Dubokaj è la nuova sigla sotto la quale si lancia in un percorso in solitaria all’insegna della sperimentazione dub. Abbiamo approfittato dell’uscita del suo nuovo album, ‘Alpine Dub’, per un’intervista che parte dai mercatini del vinile spagnoli, passa per la cucina italiana e arriva in Sudafrica.
Ricordo che la prima volta che ti incontrai fu al market del Sónar Festival di Barcellona, molti anni fa. In quell’occasione acquistai un 12″ di Filewile che non ho mai smesso di suonare. Ci racconti qualcosa del tuo background musicale?
Oh questo è molto divertente! Ricordo ancora quando abbiamo dato il via ai progetti Filewile e Mouthwatering Records, tra il 2003 e il 2004. Decidemmo di partecipare al mercatino discografico del Sónar Festival con le nostre produzioni. Sono felice che ti sia piaciuta quella prima release su vinile firmata Filewile! A proposito del mio background musicale: ho cominciato a suonare negli anni ’90 con una band hip hop-pop-crossover tra Svizzera e Germania, con la quale abbiamo prodotto qualche album e girato in tour, soprattutto in Svizzera. Nello stesso periodo ho cominciato ad appassionarmi di campionamento e musica elettronica. Sono un musicista autodidatta ed ho sempre cercato la mia maniera personale agli strumenti e alle tecniche. Do it yourself style. Non mi do pace fino a quando non ho imparato ad usare uno strumento per bene.
Ho appena finito di leggere un’intervista, davvero molto interessante, che hai fatto a Lee Scratch Perry a proposito del produrre dub tra le alte montagne della svizzera. Quali sono le tue principali influenze musicali?
Quella intervista è stata qualcosa di folle. Sapevo che Lee vive in Svizzera ormai da molto tempo ed era tanto che volevo fargli delle domande a proposito delle ragioni che lo hanno portato a vivere qui, immaginando fossero soprattutto le energie positive della natura, l’ambiente salubre e la bellezza del paesaggio. È stata l’occasione per parlare di questo e di cosa voglia dire approntare delle sessioni di registrazione usando il fantastico eco delle Alpi. Le mie influenze principali arrivano principalmente da molti ambiti diversi della musica elettronica e pochissimo dal reggae. Ciò che del dub mi ha colpito maggiormente è il lato dub techno di progetti seminali come Pole e tante produzioni della sua etichetta Scape. Sono ancora un grande fan dei Mouse On Mars. In questo periodo sto ascoltando molta musica che arriva dal South Africa, prodotta da artisti come Okmalumkoolkat, Spoek Mathambo, Aero Manyelo e che nulla a che vedere con il dub. Clap! Clap! è uno dei miei artisti preferiti del momento, assieme a Owiny Sigoma Band che invece ha, decisamente, un lato dubby. In più sto riscoprendo tanto reggae a 8 bit e dub classico come quello registrato da King Tubby Lee Perry nel periodo Black Ark.
“Alpine Dub” è il tuo ultimo album su Mouthwatering Records. Presentandolo hai detto: “Le montagne sono strumenti dub. Producono eco di molte forme diverse da ogni tipo di suono con il quale vengono a contatto. Chiamiamo questa interazione Alpine Dub”. Quale è stata la genealogia di questo disco?
D’abitudine viaggio molto e cammino tra le montagne per rinfrescare il mio corpo e la mia mente con nuove idee e aria pulita, come antidoto alle ore passate in studio. Mi sono accorto che il mio lavoro con la musica è fortemente influenzato dallo spazio e dal paesaggio nel quale sono immerso, in particolar modo dalle montagne e dalle valli.
Credo che sia un fatto ovvio essere influenzati da ciò che ti circonda. Da questo punto di vista per me la natura e il digitale hanno lo stesso peso, per le cose confluite nell’album. L’ho chiamato “Alpine Dub” per specificarne la provenienza. Abito molto vicino alle montagne e ho apprezzato molto quando Lee Scratch Perry ha detto che le rocce e gli alberi sono pura energia sonora.
Sono serviti 4 anni per finire tutte le tracce che compongono l’album. Ci dici qualcosa del processo creativo che c’è dietro?
Dopo l’ultimo tour con i Filewile mi giravano in testa mille idee su un altro album ma abbiamo perso i file di lavorazione e comunque non abbiamo mai chiuso un altro disco. Da quel momento ho cominciato a immaginare un progetto in solo. Tutte le idee che collezionavano a questo fine avevano il dub come terreno comune. Mi ci sono voluti diversi anni perché prendessero la forma di un vero e proprio album. Una volta che ho finito i mixaggi sono andato nello studio di un amico friends studio per realizzare dei dub sul suo mixer analogico: sono stati quattro giorni a quattro mani; molto intensi. Attraverso questo fondamentale passo di remixaggio analogico il disco ha preso la sua forma definitiva. La maggior parte di problemi di mixaggio che sui software mi avevano impegnato per giorni, spesso senza arrivare a una conclusione soddisfacente, con l’attrezzatura analogica si superavano in un istante. Questo mi ha aperto la mente. Ho un sacco di attrezzature fantastiche nel mio piccolo studio e sono abituato a registrare molto ma lì tutto il processo di mixaggio avviene in maniera interna. Portare fuori e rendere analogica questa fase è stata una decisione fondamentale, in termini di processo creativo. Il modo nel quale lavoro consiste prima nello sperimentare, lasciando che le cose accadano, poi nel collezionare cose che funzionano e, infine, nel mettere insieme quelle giuste dentro una cornice che definisca al meglio le immagini e le emozioni che ho in mente.
Nella cartella informativa che accompagna l’album ho visto delle illustrazioni che raccontano il tuo set up di studio. Mi sono molto piaciute e mi hanno richiamato in memoria lo stile di un altro produttore europeo che lavora per dare nuove forme al dub digitale, Ulrich Troyer.
Ho disegnato quelle illustrazioni da solo. Sono stato un pittore e, a volte, mi sono dilettato anche con l’illustrazione. Quando ho avuto bisogno di riorganizzare lo spazio e l’attrezzatura del mio studio ho fatto un po’ di disegni progettuali e ho pensato di allegarli al materiale promozionale. Non conoscevo Ulrich Troyer, prima che me ne parlassi tu, ma trovo il suo lavoro da illustratore e produttore meraviglioso!
Abbiamo in comune una grande passione per la radio. Il sottotitolo della mia trasmissione, Mixology, è ‘From Dub to Club… in the mix’. Questo perché credo che il dub analogico è stato una sorta di punto di partenza per la processazione del suono che ha poi portato alla musica elettronica. Qual è la tua idea di dub music?
Per me il dub è quando ascolti una traccia e già nella tua testa stai pensando una versione differente, immaginandotela attraverso le tue macchine. Poi la fai suonare in studio, metti il silenziatore ad alcuni strumenti e suoni, la lavori fino a ricostruirla in maniera più o meno radicale. Ma per me il dub è anche collezionare suoni e registrazioni come se li raccogliessi da terra per poi riciclarli. Io riciclo suoni e li metto in un nuovo contesto che include le vibrazioni attorno.
Puoi dirci qualcosa a proposito del mix registrato per Mixology Radio Show?
Ultimamente mi è tornato in mente un concerto fatto come Filewile di supporto a Jahtari Riddim Force con MC SoomT, nel 2011. Così ho ricominciato ad ascoltare progetti a 8 bit come Casio Love e King Ital. Con questo mix ho provato una cosa non semplice: mettere la musica di Dubokaj in un contesto. Credo, infatti, che ci siano similitudine tra essa e i suoni di brani come ‘Horns Of The Phantom’ di Kings Chamber. Rider Shafique (nella versione Trojan-Dubkasm Remix) è stato uno degli artisti con i quali abbiamo lavorato per l’album di Filewile ‘Nassau Massage’, quindi mi è piaciuto che fosse della partita. Non conoscevo The Robotiks prima di lavorare a questo mix. Una volta editata la tracklist ho lavorato per fare un ulteriore dub del tutto, usando il mio RE 201 Space Echoes.
Mouthwatering Records è l’etichetta discografica fondata nella tua città natale, Berna. Come descriveresti la sua filosofia e il tipo di ricerca musicale che fai attraverso essa?
Io e Andreas Ryser siamo fondatori e proprietari dell’etichetta che è nata come una progressiva evoluzione del nostro progetto Filewile. Quando quel progetto è terminato, Andreas si è dedicato a tempo pieno allo sviluppo della label, mentre io ci lavoro part-time, occupandomi soprattutto di licenze discografiche, sincronizzazioni e composizioni per colonne sonore in ambito pubblicitario e cinematografico. Ovviamente ruota tutto attorno all’amore per la musica, dato che le piccole etichette come la nostra sopravvivono solo se dietro c’è tanta passione e una motivazione infinita. Senza di esse non sapresti come affrontare con la costante perdita di denaro che questo tipo di attività comporta. Mouthwatering Records è una etichetta che si muove in ambiti musicali vari, senza un genere predefinito. Produciamo quello che amiamo e ci inspira.
Sembra che tu ami particolarmente gli spaghetti ‘aglio & olio’ e, in generale, il cibo e la nostra musica pop. Raccontaci qualcosa delle influenze italiane sul tuo stile di vita e la tua musica.
Sono dipendente dal cibo italiano e della cucina mediterranea in generale. A volte bevo, letteralmente, il vostro olio d’oliva. Per quanto riguarda le influenze musicali devo ammettere di essere stato un grande fan di Jovanotti e di esser riuscito anche a incontrarlo, negli anni ’90, quando la mia band era sotto contratto, come lui, con la Universal. Una volta ho anche suonato in una cover band con la quale suonavamo hit italiane in versione alternativa e retro, riviste attraverso la lente di una seconda diaspora svizzera filtrata da uno sguardo da vacanzieri dell’età d’oro. Credo, comunque, che la mia influenza principale venga dal vostro cibo: salutare e semplice da preparare.
Cosa hai in agenda per l’imminente futuro?
Sto lavorando su un mixtape di Dubokaj con le versioni dub di tutte le tracce dell’album è un bel po’ di roba inedita che uscirà a breve. Inoltre sto programmando il tour di Dubokaj per l’inverno. Spero di passare anche da voi per qualche data italiana. In autunno, invece, passerò dieci settimane in South Africa per la realizzazione di un nuovo progetto.